“Cavalleria Rusticana”: incanta l’allestimento firmato Cristina Muti, brillanti le voci femminili più opache quelle maschili

Cavalleria Rustican Triologia Ravenna Festival

Una scena dalla prima di “Cavalleria Rusticana” allestita al teatro Alighieri per la Trilogia d’Autunno del Ravenna Festival 2017 (foto Zani – Casadio)

La Prima. Il debutto: in teatro l’aria è elettrica. Cavalleria Rusticana è la Prima di Mascagni e lo è anche della Trilogia d’autunno del Ravenna Festival 2017 con la messa in scena del 17 novembre, al teatro Alighieri.

Il tema dell’apertura è significativo perché, proprio in capo all’opera, come un prologo, è posto il Cavalleria rusticana remix, primo dei due progetti di “Giovani Energie Creative per Ravenna Festival”. Lo scopo manifesto di questa pièce è di attualizzare l’opera lirica e di avvicinarla alle nuove generazioni. Il risultato di questo lavoro, proposto in scena da un cast incredibilmente giovane, presenta due anime: la prima, performativa, nella quale spiccano come gemme i talenti dei giovanissimi interpreti, su tutti il batterista Marco Rosetti Stoppa; la seconda, contenutistica, che appiattisce le complesse e sfaccettate figure dei personaggi del dramma verghiano dandone una lettura semplicistica e, a tratti, fuorviante. Vi è inoltre il dubbio su come l’idea del canto neomelodico associato alla rielaborazione tematica pop possa fare da trait d’union tra i giovani e l’opera lirica.

L’opera di Mascagni riserva numerose sorprese al pubblico ravennate: la prima, solo in ordine di tempo, è dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, non impeccabile come al solito, diretta dal bravo ma ansiogeno Vladimir Ovodok. Il cast impegnato sul palco ha meravigliato in più sensi: emergono le opache prestazioni del tenore Aleandro Mariani e del baritono Oleksandr Melnychuk, probabilmente in serata no.
Non sono certo spine, bensì rose, le interpreti femminili, con Chiara Mogini che giganteggia scenicamente ben supportata da Antonella Carpenito, ottima interprete di Lucia. Incredibile l’apporto di Anna Malavasi, capace di portare in scena in poche mosse la frivolezza in persona con la sua meravigliosa voce, squillante, vellutata e, soprattutto, omogenea.
Leggermente sottotono il Coro del Teatro Municipale di Piacenza, con qualche soprano ballerino di troppo, mentre la cosa che veramente stupisce ed innamora è la regia di Cristina Mazzavillani Muti che consegna agli occhi degli spettatori ora una piazza, ora una chiesa, ora un’interno con un gioco di luci e sfondi. Si perdonerà certo qualche ridondanza nell’uso del tulle, tuttavia la scena del Regina coeli rimarrà a lungo negli occhi dei fortunati spettatori di questo allestimento. Intelligente anche l’uso dei folkloristici Sciucaren, nota di colore rappresentativa del territorio.

Nota a margine. Per motivi scenici sono assenti gli ormai consueti sopratitoli, ma grazie ad un’efficiente app (Lyri) è possibile leggere il testo in tempo reale sul proprio smartphone. Sull’utilità del servizio non si discute, purtroppo però è facile che il pubblico, alla prima notifica, si perda su Instagram.

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