Dieci giorni d’opera all’Alighieri: tra arte ai vertici e “fisiologici” passi falsi, a vincere è il pubblico

Rigoletto Scena Trilogia 2018

Una scena dal “Rigoletto” andato in scena per la Trilogia d’Autunno 2018 (foto Zani-Casadio)

Si è conclusa i primi giorni di dicembre l’edizione 2018 dell’ormai consueta “Trilogia d’Autunno” del Ravenna Festival, durante la quale sono andati in scena tre importanti titoli verdiani, in ordine puramente cronologico, Nabucco, Rigoletto e Otello.
La scelta di questi tre titoli appare fin da subito emblematica, innanzitutto perché descrivono bene la parabola compositiva del musicista emiliano (Nabucco è la terza opera scritta da Verdi e Otello la penultima), in secondo luogo perché segnano anche un’evoluzione delle tematiche: in Nabucco si parla tanto di Dio prima ancora che di patria (Nabucco è colpevole di hybris), in Rigoletto invece più che l’onor poté la vendetta, mentre in Otello è l’invidia la vera protagonista del dramma.
Le difficoltà interpretative dei ruoli all’interno di queste opere è palese: Nabucco non è solo un re, Rigoletto non solo un buffone, Otello non solo un guerriero, ma dietro la loro qualità principale si nasconde una profondità sfaccettata che è la vera opera d’arte.

Gli allestimenti ravennati, che hanno fatto vivere dieci giorni d’opera al teatro Alighieri, sono stati interessanti dal punto di vista dell’interpretazione dei personaggi e hanno offerto veri e propri vertici vocali, uniti a qualche fisiologico passo falso. È sicuramente bello vedere che il teatro d’opera stia generando nuovi talenti (tantissimi giovani sul palco) ed è confortante vedere che la tecnica vocale è mediamente più alta del recente passato. Ogni tanto, purtroppo, s’incappa in qualche grossolano errore sulla pronuncia: finché si piegherà la pronuncia alla tecnica non ci sarà una soluzione. Il problema è noto da secoli: letteralmente.

L’orchestra nella buca è stata, per tutti i titoli, la giovanile Luigi Cherubini: far fare esperienza ai giovani è non solo giusto, ma necessario, tuttavia la difficoltà dei tre titoli avrebbe consigliato maggior prudenza. Ciò che risulta è un gruppo che, seppur buono, talvolta subisce la complessità delle partiture che i tre direttori (uno per opera) spiegano con destrezza.
Interessante il Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini”, speriamo di rivederlo a Ravenna presto.

A conclusione va sottolineato come la regia delle tre opere, affidata a Cristina Mazzavillani Muti, seppur scenograficamente non ricca, risulti sempre funzionale e aderente al testo musicale. Ce ne fossero di più!

Il vincitore, però, è il folto pubblico da “tutto esaurito”, sempre molto presente che ha applaudito con sapienza, senza osannare ingiustamente né affossare gratuitamente. Si auspica che il rinnovato senso critico si espanda a tutti i livelli nel Belpaese.

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