Il fascino dei castrati, dai più noti fino agli emuli

Il gorgheggio ha sempre esercitato un fascino irresistibile nell’immaginario dell’ascoltatore tanto che, purtroppo, ancora oggi il pubblico troppo spesso si avvicina alla musica canora aspettando l’acuto circense invece di considerare l’interpretazione come un insieme di molteplici componenti tra le quali la capacità di elevare la propria voce alle frequenze più vertiginose è tra le meno importanti.

Proprio questa considerazione, unita alla prescrizione di San Paolo nella prima lettera ai Corinzi (XIV, 34) nella quale l’apostolo consiglia che «le donne nelle assemblee tacciano», è alla base di quel fenomeno particolare, sviluppatosi con gran forza prevalentemente in Italia a partire dal Cinquecento e conclusosi sul calare dell’Ottocento, che vedeva uomini fatti cantare come soprani e contralti nelle cappelle e nei teatri.
Questi erano i castrati.

Per quanto appaia esecrabile questa pratica agli occhi dell’uomo moderno, all’epoca attorno ai giovani sottoposti a questa operazione c’era grande attenzione da parte del mondo musicale.

L’intervento di rimozione dei testicoli prima dell’adolescenza permetteva a questi ragazzi di cantare con voce apollinea nei registri naturalmente dominio del gentil sesso.
Ciò era indubbiamente utile in quelle istituzioni che non volevano annoverare donne tra le proprie fila, tra tutte le cappelle delle chiese.

Non è un caso, infatti, che l’ultimo castrato di cui si ha traccia sia Alessandro Moreschi, cantore nella più importante tra le cappelle, la Sistina, morto nel 1922.
Ben prima di lui, però, furono altri che fecero risplendere la categoria: il periodo aureo per queste voci è quello barocco.
I più noti furono Senesino (il preferito da Händel) e, ovviamente, Farinelli.

Quest’ultimo, al secolo Carlo Broschi, è ancor oggi celebrato come l’esponente più importante di questa categoria tanto da esser diventato personaggio letterario e cinematografico a più riprese.

Non solo castrati, però. C’era già all’epoca un movimento di emuli che, in falsetto, cantavano nel “quarto registro maschile” e oggi, con la riscoperta del repertorio antico (e delle presunte sonorità a esso legate), si assiste a una fioritura di questi sopranisti (o contraltisti o controtenori, non vi è una definizione univoca) che si spendono nel repertorio dei celebri castrati senza, per fortuna, dover subire le stesse mutilazioni.

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