Zan Zan! Quando le arti anticipano la società

Se ne è parlato tanto sin dai mesi scorsi, tanto da far scendere in campo (pare) anche il Vaticano.
Il ddl Zan si profila essere un nodo cruciale per l’attuale italiana società tutta, spaccata com’è tra detrattori e incensatori del testo in esame in parlamento.
Non serve ricordare quale sia il punto focale sul quale esso è incentrato, ossia le misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità.

Come spesso accade, le arti non sono solo specchio della società, ma, talvolta, la anticipano in maniera smaccata, contemplando e dimostrando ciò che al di fuori delle assi del palcoscenico è assai più difficile accettare.
Uomini che cantano da donna, donne che cantano da uomo, questa non è solo una prassi attuale, bensì una realtà ben consolidata e accettata.

C’è già chi alza la mano per dire che questo era l’andazzo barocco, dove i castrati erano una necessità. Ciò è solo in parte vero.
I castrati in principio furono utilizzati in luogo delle donne nei cori ecclesiastici per non contravvenire al principio mulieres in ecclesia taceant affermato da San Paolo nella prima lettera ai Corinzi, tuttavia questo fu un trampolino che lanciò nell’agone teatrale questi cantanti dalla voce implume in un corpo maturo.
Farinelli, Senesino e i loro colleghi erano merce pregiata nell’opera barocca anche se col passare degli anni dovettero cedere il passo a vocalità non artefatte dal coltellino che ritornarono in seno ai cori nei quali si esibirono fino all’inizio del Novecento.
La peculiarità di questi cantanti, però, non stava solo nella loro capacità virtuosistica, ma nel fascino ambiguo iridescente, nella possibilità di ricoprire ruoli femminili o maschili senza far cadere la magia del teatro.

Il ruolo en travesti è certo assai diffuso nel periodo barocco, tuttavia si hanno grandissimi esempi anche in seguito.
Il più celebre, forse, è quel Cherubino mozartiano, scalmanato adolescente preda delle proprie tempeste ormonali, che vede nel suo registro sopranile ciò che davvero brama.
Non è finita qui, tra i tanti anche Verdi e Mascagni utilizzano donne in abiti maschili: il paggio Oscar e lo zingaro Beppe sono i ruoli più noti del panorama ottocentesco.
Si può quindi dire che l’opera sia il frutto di molti colori che, miscelati con sapienza, portano a una coerente unità.

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