La Cappella Marciana, miniera di tesori

Cappella Marciana

La Cappella Marciana in concerto nella Basilica di San Marco di Venezia

Qualche anno fa c’era un coro amatoriale, in Veneto, che scaldava le ugole dei propri componenti non con i soliti e triti vocalizzi, bensì con uno dei più coinvolgenti cori verdiani storpiando in “Si ridesti il leon di San Marco”, il celebre brano tratto dall’Ernani.

Al di là del campanilismo, si può vedere questo afflato patriottico non solo come un rustico e poco realistico punto di vista, ma lo si può leggere secondo un’ottica storico-culturale. In fondo il Veneto, e Venezia in particolare, hanno una storia importante alle spalle, unica in Italia. Musicalmente, poi, la storpiatura dei coristi “secessionisti” mette davvero in luce un retaggio di tutto rispetto.
La Cappella Marciana di Venezia, è una vera e propria miniera di tesori musicali. Fin dal Medioevo, infatti, la cappella musicale della Basilica di San Marco era stata in grado di ingaggiare alcuni tra i migliori musicisti, tuttavia è dal Rinascimento che si può notare la fioritura dei nomi dei maestri di cappella.

Il Cinquecento è certamente il regno di Adrian Willaert, Cipriano De Rore e Gioseffo Zarlino: se il primo compositore fiammingo si può considerare il padre della scuola veneziana, del secondo si dirà che l’influenza che ha esercitato ha valicato il limes dei sestieri per profondersi in tutta Italia, mentre il musicista italiano, oltre alla perizia compositiva, fu anche un consideratissimo teorico il cui genio procede a importanti nomi quale, non da ultimo, Vincenzo Galilei, padre del noto Galileo.

Nel Seicento le stelle furono tante, ma non se la prendano Cavalli e Legrenzi se hanno avuto in sorte di succedere al divino Claudio. Monteverdi, colui che aggiornò il madrigale, colui che sviluppò l’opera lirica (appena nata a Firenze), colui che riorganizzò e aggiunse colori alla timbrica risuonante nella Basilica.

Nel Settecento, poi, fu la volta di Antonio Lotti e Baldassarre Galuppi che diedero lustro a questa istituzione che nell’Ottocento soffrì le scelte (anche economiche) dei patriarchi e perse un po’ di quell’aura nonostante nomi come quelli di Antonio Buzzolla e, soprattutto, Lorenzo Perosi. Oggi, grazie anche a una rinascita del movimento musicale sacro, la Cappella Marciana è tornata a far ruggire l’ugola del leone dorato e cantare soli Deo Gloriam.

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