L’ardua bellezza delle arie di Handel pregevolmente interpretata a “Purtimiro”

Aci Handel PurtimiroL’Uomo ha sempre legato al mito alcune manifestazioni naturali quali eclissi ed eruzioni, e anche l’origine dei fiumi, il loro sgorgare dalla dura roccia, è stato fonte d’ispirazione, basti pensare al Po, al Tevere o al Rubicone. Trova posto in questo solco l’intreccio di Aci, Galatea e Polifemo di Georg Friedric Handel, serenata composta nel 1708 mentre il Caro Sassone era a Napoli, che riprende il mito dalle Metamorfosi di Ovidio.
Proprio nel racconto del poeta di Sulmona, un atto violento si trasforma, grazie all’intervento divino, in momento di rinascita e di santificazione di Aci, scomparso fiume siciliano che correva nei pressi di Acireale. È solo grazie all’azione del deus ex machina che questo mito trova un lieto fine che, altrimenti, rimarrebbe solo un caso di cronaca nera tristemente attuale: l’orco vuole la bella che ama il bello il quale soccombe alla brutalità del primo.

All’interno del festival “Purtimiro”, il 28 settembre è andata in scena sul palco del teatro Rossini di Lugo una rarissima esecuzione di questa serenata handeliana. Il motivo della sporadicità nella rappresentazione di questa composizione è presto detto: la sua difficoltà di esecuzione è pari solo alla bellezza che esprime. I tre interpreti meritano certamente un grande plauso poiché Handel non risparmia a nessun personaggio arie difficili e insidiose.

Nei panni di Aci, il giovane pastore, splende il soprano Alicia Amo: la sua voce morbida e omogenea trascina lo spettatore in estasi e nell’aria Verso già l’alma col sangue, ultimo fiato di un innocente, il cuore stesso del teatro si arresta nell’estatica contemplazione dell’apollineo.
Il mezzosoprano Marta Fumagalli è interprete della ninfa Galatea e, nonostante qualche sfumatura opaca, è con l’aria «Del mar fra l’onde» che colpisce il pubblico lughese dando ottima prova di intensità e di lettura del ruolo. Polifemo è certamente il personaggio che più era atteso e il basso Mirco Palazzi ben figura nel difficile ruolo, rendendo al meglio la brutalità del ciclope che è espressa al massimo grado nell’incredibile estensione richiesta al cantante, dalle vette più estreme alle profondità più ime del registro.
L’orchestra Atalanta Fugiens si comporta come una bella cornice di un quadro di pregio, valorizza l’opera d’arte senza offuscarla: in questo è ben visibile la mano del direttore Vanni Moretto che evidenzia al meglio ogni sfumatura retorica.

L’eccellenza è un traguardo che difficilmente si raggiunge, ma quando si conquista è importante non disperderlo «per trofeo d’empio rigor».

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