Con Dantone e Antonini pregevole fuori programma della rassegna di musica antica a Bagnacavallo

Ottavio Dantone (Zani Casadio)

Ottavio Dantone

Fuori programma. A volte accade che le stagioni musicali non vogliano congedarsi dal proprio pubblico, così si creano ulteriori occasioni per richiamare la platea all’ascolto dei propri beniamini. In questo caso, “Bagnacavallo Classica”, stagione alla seconda edizione organizzata da Accademia Bizantina, ha proposto, il 27 aprile nella bellissima chiesa di San Girolamo, un goloso fuori abbonamento: un binomio d’eccezione, due musicisti tra i più celebrati e osannati della musica antica. Giovanni Antonini e Ottavio Dantone, direttori rispettivamente delle orchestre Il Giardino Armonico e Accademia Bizantina, hanno proposto un programma calato nella produzione seicentesca italiana con una coda teutonica finale. Ha aperto la serata La Suave melodia di Andrea Falconieri, brano dall’emblematico nome, prima di lasciar il campo alla prima delle due sonate per soprano solo di Dario Castello, musicista tra i più importanti nella Venezia monteverdiana. Non sono mancate arditezze nella scelta del repertorio: a questa categoria si ascrivono la Ricercata per flauto solo di Aurelio Virgiliano e la Passa y calla di Gregorio Strozzi, esponenti di un Seicento spesso noto solo agli appassionati e agli addetti ai lavori, ma che meriterebbe miglior fortuna nelle sale da concerto.

 

 

Giovanni Antonini

Giovanni Antonini

Questi brani, però, non indicavano espressamente come strumentazione il binomio flauto dolce-clavicembalo, ed è solo nelle sonate di Nicola Fiorenza e di Georg Friedrich Handel che questo organico trova la sua vera dimensione: se il brano del compositore italiano è specchio della sapienza musicale napoletana settecentesca (il terzo tempo è una vera perla di bellezza), è nella sonata del caro Sassone che si percepisce un respiro internazionale che unisce alla cantabilità italiana l’arte europea dell’armonia e del contrappunto. Non poteva mancare all’appello Johann Sebastian Bach che il duo ha omaggiato con una trascrizione della Sonata BWV 1034, nata originariamente per flauto traverso, e che ha chiuso la serata musicale.

La qualità del concerto è stata certamente altissima, con chiari esempi di come due tra i migliori direttori di musica antica possano far convivere l’altrui personalità sullo stesso palco. La perfetta tecnica esibita sia da Antonini sia da Dantone è l’emblema di come essa sia sempre e comunque asservita ai fini musicali e non solo sfoggiata come un mero esercizio circense. Concerti come questi sono occasioni per allargare la proposta culturale e purtroppo è sempre scorante vedere come le platee si riempiano solo di esperti e raramente vi siano amanti di questi repertori. Certo la lontananza temporale da queste musiche è un’attenuante che, però, è giunto il momento di mettere da parte.

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