Follie belliche, siamo arrivati a bandire i compositori russi…

Pëtr Il'ič Čajkovskij

il grande compositotre russo Pëtr Il’ič Čajkovskij (1840-1893)

Dunque alla fine siamo arrivati a questo. Certo, il periodo è orribile, funestato da bollettini quotidiani che ci ricordano quanti bambini sono spirati sotto le bombe. E non c’è cosa più odiosa che pensare a quei gracili corpi che avrebbero meritato la possibilità di vedere l’alba di un futuro migliore.
Ecco, se ci fosse stato qualche dubbio prima, ora è chiaro che il futuro migliore sia un’utopia destinata a rimanere tale ancora per molto tempo e non solo per i disastri bagnati dalle acque del Ponto Eusino, ma anche per la miopia delle persone. Lontana è l’idea di voler prendere posizione su un evento così grande, terribile e odioso come la guerra, ma è giunto il momento, invece, di denunciare con viva forza la cecità che da essa si sta spandendo sulla comunità culturale. Non che prima non ci fossero le avvisaglie, per carità, ma si è finalmente arrivati a bandire la musica russa dalle sale da concerto.

Si badi, però, non ci si riferisce qui al singolo musicista che, per qualche motivo, dopo aver dimostrato di sostenere la politica russa negli anni passati, non se ne allontana denunciando la mostruosità degli eventi di cui siamo oggi testimoni. No, qui ci si riferisce alla musica composta da tutti i compositori russi in quanto tali. Caikovskij, Mussorgskij, Shostakovic, per esempio. Gente che nella migliore delle ipotesi ha abbandonato questo mondo da svariati decenni.

Con questo becero revisionismo allora non sarebbe peregrino evitare anche le sinfonie di Brahms e Schumann perché i tedeschi erano il nemico fino al ‘45. O cestinare le opere di Mozart e i quartetti di Haydn perché il Piave mormorava. In effetti, però, ci sarebbe da evitare anche la musica francese a causa di colui che finì i suoi giorni a Sant’Elena, basta Ravel e Debussy.  Se poi si vuole andare ancora più indietro con la memoria, forse gli unici compositori “leciti” rimangono quelli scandinavi.

È chiaro come questo giochino sia paragonabile al capriccio di un bambino. Purtroppo ormai è questo ciò cui è regredita l’umanità, dominata a tutti i livelli da puerili atteggiamenti. Ciò non può far altro che riversarsi sull’arte, che della società in cui vive è espressione e specchio.
C’è solo una via per uscire da questa situazione, ricominciare a usare davvero la testa, purtroppo però, appare sempre più chiaro che chi dovrebbe “averla sulle spalle” la usa solo per poggiarci sopra il cappello.

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