Daniel Johnston: «Ad alcuni piaccio molto, altri mi prendono in giro»…

Daniel JohnstonDifficile aggiungere qualcosa a quanto scritto e letto in questi giorni, impossibile però non scriverne, per chi, come me, ha provato davvero un trauma nel leggere la notizia della morte (a 58 anni per un attacco cardiaco) di Daniel Johnston, semplicemente, uno dei più grandi autori di canzoni della storia della musica. E visto che non trovo altre parole, mi affido per una volta a quelle di altri. Senza neppure specificare chi, tanto per rendere l’idea di come è stata vissuta questa scomparsa in ambito musicale, con un’unanime cordoglio e un dolore sincero, a ogni latitudine.

«Daniel Johnston era autentico in un mondo che non può esserlo. Diceva la verità, raccontava i suoi sentimenti, disegnava le sue visioni, sembrava quello che era: un artista con problemi mentali» […]
«In fondo, quello che interessava a Daniel Johnston era far capire al mondo che all you need is love, ma per davvero». […]
«Dentro quelle cassette poi c’era questa musica assurda e totale. Elementare e cristallina. Viva e innocente ma al tempo stesso inquieta, nervosa, infestata. Oggi lo diamo per scontato, ma un tempo questo modo di fare le cose — più che lo-fi, no-fi — era rivoluzionario. E l’onda lunga di questo modo di fare le cose, un modo che non poteva essere diverso, diventò matrice di un cantautorato americano che stava trovando una sua forma espressiva rinnovata rispetto alla tradizione» […]

«Nella musica di Daniel Johnston – questa è di Francesco Farabegoli, lo scrivo, che è pure nostro collaboratore – convivono da sempre uno dei più grandi talenti per la melodia che si siano registrati nella storia del pop, e una delle musiche più inascoltabili a cui il pop abbia mai prestato orecchio. Il gap tra le due componenti è colmato da una mole sterminata di note biografiche sull’artista (esaustive al limite dello stalking) e da un esercizio d’amore puro a cui i numerosissimi fan del cantautore non sono mai riusciti, nemmeno volendo, a sottrarsi».

Ma invitando chiunque ad andare ad ascoltarsi o a riascoltarsi i suoi dischi, preferisco chiudere con le sue, di parole. Tratte da un’intervista a Rolling Stone del 1994. «Ad alcuni piaccio molto, altri mi prendono in giro e pensano che sia un fenomeno da baraccone […] Ero messo in mezzo come se fossi un totale psicopatico. Non un killer o cose del genere. Più un orsacchiotto bizzarro… Ma se la gente mi prende in giro e si diverte a farlo, allora va bene così, davvero. Li sto intrattenendo. Forse sono più simile a un comico di quanto pensino».
Piango.

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