Il ritorno dei Blur, meglio di molti altri

Per capire quanto era atteso quest’album, provate a pensare per esempio cosa stavate facendo il 15 marzo del 1999. Sedici anni fa. Data di uscita dell’ultimo album (l’ambizioso e solo parzialmente riuscito 13, tra parentesi) dei Blur così come li abbiamo conosciuti. Il successivo Think Tank di quattro anni dopo era infatti figlio di fatto solo di un terzetto, vista la traumatica separazione da Graham Coxon, mente della band insieme a Damon Albarn, con cui ha fatto pace solo in questi ultimi anni per il tour della renuion,  quando ormai li davamo già tutti per morti. Anche perché i Blur, insomma, rappresentano in fondo un’altra epoca, quella del brit-pop, delle copertine scintillanti, degli antagonismi veri o presunti con gli Oasis, che facevano tanto Beatles vs Rolling Stones. Mai più come allora la musica rock è riuscita forse davvero a penetrare anche nella società “reale”. Insomma, tutto questo tanto per dire che un nuovo album dei Blur, quelli veri, gli stessi di “Modern Life is rubbish” o di “Parklife”, o del disco omonimo, per capirci, è un evento enorme per chi ascolta musica rock.
E cosa ci si poteva aspettare quindi da un nuovo album dei Blur, archiviati gli scazzi tra Albarn e Coxon, dopo aver passato in tour tutti i loro classici? Esattamente un disco come quello che abbiamo tra le mani dal 27 aprile (si chiama The Magic Whip). O almeno questo è quello che dovevano aspettarsi almeno coloro che non hanno mai fatto l’errore di sottovalutarli, i Blur. Che non vuol dire che sia un capolavoro, sia chiaro. Non lo è di certo, ma è una istantanea perfettamente a fuoco di una band libera da qualsiasi schema, che se ne frega di qualsiasi logica commerciale (non avendo neppure alcun bisogno di seguirne una, va detto) e anche di dare una logica all’album stesso, contenitore di pezzi molto vari in cui i Blur citano se stessi, le varie fasi della loro carriera, pure i progetti paralleli. Mancano forse pezzi davvero clamorosi, ecco cosa manca, ma il messaggio che arriva da questo disco è forte e chiaro: i Blur sono tornati davvero, e l’hanno fatto molto meglio di molti altri. Meglio di Modest Mouse o Built To Spill, per esempio, attesi anche loro da anni ma usciti in queste settimane con due dischi parecchio scarichi. Purtroppo per chi, come me, era un loro fan in astinenza.

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