La top ten dei pezzi più ascoltati dell’estate in Italia, tra reggaeton e trap

Sfera Ebbasta

Sfera Ebbasta

Avete mai ascoltato quello che ascoltano gli italiani? Io ci ho provato, una sera di fine luglio, senza preconcetti, selezionando la top 50 Italia di Spotify e limitandomi ai primi dieci pezzi della classifica. Non è certamente un caso che la prima parola della prima canzone, la più ascoltata di tutte (con oltre mezzo milione di stream) sia “trappando”. È il nuovo singolo del “king” (come dice lui) della trap italiana (in breve: sottogenere del rap con basi elettroniche minimali e testi tamarri) Sferaebbasta.

Ancora una volta oggettivamente ad alti livelli dal punto di vista dei suoni e della produzione, di caratura internazionale (grazie alla collaborazione con il giamaicano Rvssian), pronto a invadere il mercato latino-americano, il singolo si chiama “Pablo” e l’unico difetto è che lo canta Sferaebbasta, tagliando il finale di tutte le parole e infilandoci “Yah” a casaccio.
Passo al secondo posto e all’inizio penso sia tornato di moda “L’ombelico del mondo”, poi la voce di Giusy Ferreri (che piace oppure dà il voltastomaco, come noto) sembra quasi citare “Marina” (oh mia bella mora, avete presente?) e subito dopo la Carrà, riuscendo nell’impresa (grazie alla produzione di Takagi & Ketra, quelli dell’Esercito del Selfie) di essere solo (a partire dal nome, “Amore e Capoeira”) un’altra brutta canzone estiva, senza essere una tragedia.
Al terzo posto, invece, si parte con una chitarra acustica che mi ferma quasi il cuore facendomi pensare per due secondi netti che Sufjan Stevens possa essere finito in classifica in Italia, magari per la colonna sonora di un film, boh. Poi però parte il cantato e mi rassegno davanti a un nuovo cantautore malinconico per ragazzine, che ben presto diventa quasi un rapper, fino ad arrivare a un ritornello dal ritmo latino, da balli di gruppo: eccola, una canzone davvero orrenda. Si chiama “Nera” e la canta Irama, che devo cercare su Google: ha vinto Amici di Maria De Filippi. Altro pezzo davvero oggettivamente brutto è quello di Baby K al quarto posto (si chiama “Da zero a cento” ed è anche la colonna sonora dello spot della Vodafone) mentre con il quinto il livello torna finalmente ad alzarsi, pur restando ancora dalle parti della trap e di Sfera, in questo caso ospite del pezzo di Capo Plaza che si chiama “Tesla” (prima di ascoltarlo pensavo fosse un riferimento a Nikola, lo scienziato, ma bastano pochi secondi per capire che si tratta dell’auto di lusso che ha preso il nome dallo scienziato – lo avevo rimosso – su cui il cantante pare viaggiare con una ragazza con “chiappe sode”, “a 180 mettendo la sesta”).
Al sesto posto Fedez e J-Ax con un nuovo singolo (“Italiana”) che è il solito pezzo che vuole fare il simpatico, ritornello orrendo ma in generale passabile, suvvia (per la cronaca, è il terzo su sei che contiene l’urlo alla Speedy Gonzales, in stile messicano, non so se mi spiego, è piuttosto curioso).
Al settimo posto la prima canzone oggettivamente “carina”, che si ascolta quasi con piacere nonostante la Michielin nel ritornello canti “ti dico ciao sopra ad un Ciao” si chiama “Fotografia” ed è il singolo di un rapper di nome Carl Brave di cui ignoravo l’esistenza. A seguire addirittura qualcosa di ancora meglio: per un po’ sono convinto che sia un pezzo di un certo Davide, tanto che mi faccio già un viaggio su un vincitore di Amici decente. Invece poi controllando mi rendo conto che “Davide” è il nome della canzone che è invece di un altro rapper (che conoscevo già pure io), Gemitaiz, con la partecipazione di Coez, tra hip hop e pop, come va di moda oggi. E al nono posto spunta con “God’s plans” perfino il rapper americano Drake, unico artista della top ten di cui possiedo pure dischi (oltre che unico straniero), e che di fatto posso dire che mi piace. Per fortuna poi al decimo si torna alla tamarrata (non che Drake non sia tamarro) con “Non ti dico no” con la voce di Loredana Berté che ancora canta della luna, prestando la voce ai selentini Boomdabash, per un pezzo che alla fine risulta pure divertente.

Riassumendo: a tutti i nostalgici, provate a ripensare a quello che passava in radio vent’anni fa e se pensate che fosse meglio siete in mala fede. Per il resto, scontata la presenza di tanto rap, mi ha stupito l’influenza reggae onnipresente: quando esattamente la cosa è sfuggita di mano?

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