Per non dimenticare David Berman (e gli altri)

David Berman

David Berman

Si è impiccato lo scorso 7 agosto, nel suo appartamento di New York, David Berman, 52 anni, nome che dirà poco a molti ma che molto ha dato a quei pochi che lo stanno celebrando. Berman era appena tornato dopo dieci anni di silenzio con un album (dalle canzoni intitolate per esempio “All My Happiness Is Gone”, in cui confessava che «a malapena resisto»), un nuovo progetto ribattezzato Purple Mountains, con cui sarebbe dovuto andare in tour negli Stati Uniti in agosto.

Una notizia per uno come lui, da sempre refrattario (per usare un eufemismo) a suonare dal vivo, oltre che a concedere interviste. Uno che si era ritirato dalle scene a 42 anni (poco dopo aver confessato che suo padre era un avvocato repubblicano che lavorava per lobbisti anti-ambientalisti e fanatici sostenitori di armi) per fare lo scrittore, o il poeta, o l’illustratore, perché «ho sempre detto che ci saremmo fermati prima di peggiorare».

Con i suoi Silver Jews (band condivisa anche con membri dei Pavement e in particolare il cantante Stephen Malkmus) ha scritto alcune pagine memorabili della storia dell’indie-rock americano degli anni novanta, quello influenzato dal folk e il country, ricoprendo il ruolo dell’anti-eroe per antonomasia.

Così come lo erano per esempio Mark Linkous degli Sparklehorse, che il 6 marzo 2010 si è ucciso con un proiettile di fucile al petto in un vicolo fuori la casa di amici, a Knoxville, a distanza di anni da quell’overdose per una miscela di valium, alcol e antidepressivi che gli fece perdere il normale uso delle gambe. O come un altro cantautore simbolo degli anni novanta americani, Vic Chesnutt, morto l’anno prima, anche lui suicida, in seguito a un’overdose di farmaci antidepressivi. Qualche anno prima, nel 2003, era stata invece la volta di Elliott Smith: affetto da depressione, dipendente da alcol e droghe, il suo corpo esanime venne trovato con due pugnalate inflitte nel petto. A completare il quadro Jason Molina (degli indimenticabili Songs: Ohia), morto il 16 marzo 2013 a 39 anni dopo una lunga lotta contro l’alcolismo.

Il consiglio è naturalmente sempre quello di andare a riscoprire tutti i loro dischi, che la morte non può cancellare. E magari di ascoltare anche il grande album pubblicato pochi mesi fa da Bill Callahan (ex Smog), che ha sempre fatto parte della compagnia di cui sopra ma che al momento forutnatamente pare passarsela molto bene…

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