Vent’anni dopo, ecco i My Bloody Valentine

I My Bloody Valentine. Un nome che per noi che volevamo fare gli alternativi a fine anni Novanta era quasi una parola d’ordine. D’accordo, ti piacciono i Velvet Underground, certo, ci mancherebbe, ma li conosci i My Bloody Valentine? E conoscerli faceva di te un vero eroe. Perché sono forse il gruppo di culto per antonomasia, con quel nome strano, inquietante e romantico allo stesso tempo, il leader perfezionista a livelli maniacali, la loro ritrosia a esibirsi dal vivo, l’etichetta sull’orlo del fallimento per non essere riuscita a reggere i costi delle loro produzioni, due soli album realizzati ma considerati dalla critica mondiale come tra i più influenti della storia, almeno degli anni Novanta. Sono stati i padri del cosiddetto shoegaze, che non sapevi neppure cosa voleva dire, ma era bello leggere che il nome veniva dal fatto che i musicisti erano introspettivi e durante i concerti guardavano non il pubblico ma le proprie scarpe. Leggevi e ti sembrava una cosa interessante, senza renderti conto della follia del tutto. E la musica, dei My Bloody Valentine, restava quasi un dettaglio. Perché poi, in effetti, non era mica facile valicare il loro muro sonoro, almeno quello di Loveless, loro secondo e ultimo (fino a pochi giorni fa) album, pietra miliare tuttora incredibile, dove il rock psichedelico e il pop sognante (quello che poi verrà chiamato dream pop) si ritrovano sommersi dal rumore delle chitarre e da una musica che si potrebbe definire quasi ambientale. Distorsioni  a volumi altissimi (sotto le quali covano melodie e voci eteree) che sono diventate il loro marchio di fabbrica, rendendoli uno dei gruppi più originali dell’epoca. Ora, a 22 anni da Loveless, ebbene sì, esce il nuovo disco dei My Bloody Valentine. Più volte annunciato da Kevin Shields (che è il genio che si nasconde dietro al tutto) e sempre rimandato. Si chiama Mbv e in rete è scoppiato il panico. L’album è finito on line tra sabato 2 e domenica 3 febbraio e il sito è andato in tilt. Tutti gli appassionati di musica del mondo, in internet, ne parlano. Finalmente, con tutta calma, dalla mattinata di domenica lo posso ascoltare anch’io. E nessuna sorpresa, solo una strana sensazione. Quella di essere stati catapultati negli anni Novanta. Un suono datato, chiaramente My Bloody Valentine, che sembra quasi siano arrivati fuori tempo massimo. Un disco del genere, se usciva due anni dopo Loveless, ne sarebbe stato un degnissimo seguito. Questo è quello che ho pensato io a caldo, mi pare in buona compagnia. Poi, però, insomma, chissenefrega. Sono pochi i gruppi in grado di reinventarsi e in fondo mica è obbligatorio. Mbv resta semplicemente un bel disco, davvero, probabilmente tra i migliori che usciranno nel 2013, e che sia vecchio e nuovo allo stesso tempo non importa. Più ritmo e “tiro” del passato, alcuni pezzi quasi commoventi nella prima parte del disco, un po’ di novità alla fine che bisogna assimilare. La speranza è che oggi, come allora, ci sia chi possa fare l’alternativo scoprendo la grandezza dei My Bloody Valentine. Bentornati.

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