Curioso e imperfetto, da non perdere. Su Netflix

Tre premesse doverose prima di parlare del film. 1) Cinema e musica di genere in Italia non hanno mai avuto, né avranno la fortuna che (spesso) meritano. Se sei una band hard rock o un regista di genere e non sei Quentin Tarantino, nel migliore dei casi non avrai successo, nel peggiore non sarai mai distribuito. 2) È vero che spesso l’americano Sundance Festival eccede in radicalismo chic ed elucubrazioni esistenziali nei film che presenta e premia, ma resta un importantissimo appuntamento cinematografico, alla pari dei festival europei, e ben più utile degli Oscar. 3) Meno male che esistono i siti di streaming video, sempre parlando di quelli ufficiali e a pagamento. Netflix qui è maggiormente citato rispetto agli altri, ma solo per la diffusione e per la scelta aziendale di proporre un certo tipo di cinema.
I Don’t Feel At Home In This World Anymore (di Macon Blair, 2017)
Altre due premesse. Innanzitutto il titolo non è tradotto sia perchè il film è uscito in streaming (e sono più intelligenti), sia perchè I don’t feel At Home In This World Anymore è la parafrasi di una nota canzone (in patria) di Jim Reeves, chiamata “This World Is Not My Home”, e la musica folk nel film è un attore protagonista; in ogni caso il significato del titolo è “non mi sento più a casa mia in questo mondo”. In seconda battuta, il film ha vinto il Sundance 2017, festival che non assegna tanti riconoscimenti ma un vero e proprio “primo premio”, ma che da sempre considera vincitori il “miglior drama” seguito dal “premio del pubblico”. Questo film è il miglior film drammatico del 2017, è una commedia nera molto in stile Coen (e un po’, inevitabilmente, alla Tarantino) ed è l’opera prima dell’attore Macon Blair, noto soprattutto per la collaborazione con l’amico fraterno e regista Jeremy Saulnier, talentuoso esponente di un cinema di genere che ha prodotto il magnifico, inedito e qui recensito Green Room. Veniamo al nostro film: una timida, imbranata, solitaria e sfortunata assistente sociale ospedaliera subisce un furto nella propria abitazione, e la polizia sembra non voler risolvere il caso. Così tramite un’impronta trovata in giardino, troverà la collaborazione dello strambo vicino di casa, eccentrico “eroe” contemporaneo sempre in bilico tra Rambo e Fedez. Intanto i due attori sono fantastici, anche perché sono la rediviva Melanie Lynskey (chi la ricorda con Kate Winslet in Creature del cielo, vent’anni fa?) e il “ravennate d’adozione”, grazie alla sua partecipazione al festival musicale Beaches Brew, Elijah Wood, sempre più sulla strada dell’attore culto, grazie agli efficaci e stravaganti personaggi da lui interpretati. E loro due, qui, sono perfetti. Il film parte con il tono della commedia naif, che strappa qualche sorrisino per scalare pian piano vette piuttosto alte di violenza, accompagnate a un’ironia nera e pungente, che non disdegna affatto di prendere di mira quest’America di provincia così rozza, violenta e certamente trumpiana, messa in risalto da una bellissima colonna sonora di classici che marcano il ritmo e anche il territorio, come la “quasi” title track. La storia, va detto, è già vista, e anche lo sviluppo risulta tutt’altro che imprevedibile. Blair fa sua la lezione di Saulnier tramite una regia efficace e un ritmo assolutamente perfetto, ma non riesce in fase di scrittura a dare una personalità definitiva a un film che balla un po’ troppo in mezzo ai generi. Ma in un panorama desolato come quello della distribuzione italiana,  questo è un oggetto curioso, imperfetto, impazzito e stravagante da maneggiare con cura, dato che alcune scene risultano piuttosto violente. Ma anche la protagonista, pur debole di stomaco, è riuscita a venirne a capo. Disponibile su Netflix, appunto.

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