La (pericolosa) sfida di Sofia Coppola al capolavoro di Don Siegel

L’inganno (di Sofia Coppola, 2017)
LingannoGuerra di Secessione, 1863, Virginia, Stati non ancora Uniti del Sud. Una ragazzina, nel bosco adiacente al collegio femminile dove risiede, trova un soldato nordista gravemente ferito, e decide di portarlo dentro la struttura in modo che possa essere curato e ristabilito. I problemi iniziano man mano che le collegiali (adulte e non) manifestano la propria attrazione per quest’uomo che cadrà in un tranello di gelosie e tensioni senza via d’uscita. Seguo con amore la Coppola fin dal suo folgorante esordio de Il giardino delle vergini suicide, passando per meraviglie come Lost in Translation e arrivando al controverso ma per me ottimo Somewhere, e decido senza esitazioni di andare a vedere questo suo ultimo film nonostante si tratti di un’operazione pericolosissima, per lei e per me. Pericolosa per lei, perché si cimenta con il remake di una pietra miliare del cinema (non così noto da noi) come La notte brava del soldato Jonathan, e pericolosa per me perché adoro l’originale del 1971 di Don Siegel come pochi altri film.

Innanzitutto una gradita nota di colore sul titolo, che in originale per entrambi è The Beguiled, “l’ingannato”, quindi almeno nella traduzione italiana il nuovo film rappresenta un grande passo in avanti rispetto al predecessore. E la bilancia a favore del film della Coppola si ferma qui, perché il film originale riesce pienamente nell’intento di trasformare in puro orrore una storia che si presenta in maniera misurata e dolce. L’inganno del 2017 è un film molto più femminile, intimista e curatissimo nelle scenografie e nei costumi, nonché nella regia (premiata a Cannes), e svuota la storia dall’inquietudine e della claustrofobia dell’originale. L’intento della regista è palese ed è riuscito, perché L’inganno è un film dannatamente bello da vedere e trasmette in ogni caso questa sorta di conflitto tra uomini e donne, tra realtà diverse, tra modi e maniere di ognuno dei protagonisti. E chi non conosce l’originale probabilmente lo apprezzerà perché il film merita. Solo che c’è un’ombra, uno spettro che si aggira per tutti i 97 minuti del film, e che assume troppo spesso le sembianze di Clint Eastwood, Geraldine Page ed Elizabeth Hartman, strepitosi protagonisti del 1971. Colin Farrell e Nicole Kidman perdono nettamente la battaglia (e Clint si sa che non è un mago della recitazione), mentre reggono molto bene il gioco la fedelissima Kirsten Dunst e la magnetica ex bimba di Somewhere Elle Fanning, nel ruolo della ragazzina fatale che fu di Jo Ann Harris (sconosciuta, ma un concentrato di meravigliosa sensualità nel film). Oltre agli attori, vincono anche l’inquietudine e l’orrore originali tanto da ricordare Misery non deve morire (che è decisamente successivo al primo film), che qui si mescolano con lo zucchero e si sciolgono nell’aria. Capisco che il continuo paragone tra i due film possa non giovare, ma non siamo davanti all’inutile e dannoso dualismo sulla trasposizione film/libro, qui la Coppola ha giocato col fuoco perché ha rifatto un capolavoro per nulla invecchiato e per giunta ambientato nell’ottocento quindi senza nuovi aggiornamenti temporali. Vorrei vedere se rifacessero Barry Lyndon o Il Gattopardo! In conclusione, per chi non ha visto l’originale, L’inganno è un buon film, impeccabile nella messa in scena e solido nella costruzione. Ai fan di “Jonathan”, invece, sembrerà una piacevole sfilata di moda a tema. Tagliamo la testa al toro, e guardateli entrambi, uno al cinema e l’altro in dvd.

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