La sparatoria lunga un film e un altro remake innocuo

Free Fire (di Ben Wheatley, 2017)
“Siamo negli anni settanta e due terroristi dell’Ira sono in cerca di specifiche armi negli Stati Uniti: formata una band, tramite un’intermediaria contattano uno stravagante trafficante con tanto di scagnozzi assai stravaganti. I due gruppi, nell’ambito della trattativa d’acquisto, hanno il grilletto facile, alla prima controversia scoppia il finimondo e inizia una sparatoria che dura per tutti i novanta minuti di film. Prendete l’ultima scena de Le iene, o alcuni momenti topici di Lock’n’Stock o altri film di Guy Ritchie, conditeli con un po’ di sano western (lo stesso Hateful Eight) e pellicole di malavita anni settanta omaggiati apertamente dal regista, vista l’ambientazione, e otterrete questo stravagante e divertente film diretto da un inglese “esperto” del genere, grazie al precedente Killer in viaggio. La forza del film non è tanto nell’originalità del soggetto, quanto nella  sparatoria stessa, condita da un grandissimo e travolgente ritmo, che riesce a essere un unico e godibile film nella sua durata totale. Inevitabile forza del racconto sono i personaggi, alcuni dei quali splendidamente caratterizzati, tra cui l’elegante e fighetto Ord che riesce a non spettinarsi per tutto il film, il trafficante fin troppo irascibile Vernon e così via via tutti gli altri, supportati da un cast di altissimo livello anche se lo star system (sono inglesi) non li ha ancora incoronati come volti noti. Ma attori come Cillian Murphy, Michael Smiley e l’americana Brie Larson sono dei nomi di altissimo livello (andate a vedere nelle loro filmografie). Alla produzione esecutiva troviamo nientepopodimeno che Martin Scorsese, conscio di aver ispirato non poco le peripezie di questi personaggi. Presentato al Festival del cinema di Torino lo scorso anno, il film ha avuto accoglienze contrastanti, perché i detrattori non ne vedono originalità. Può essere, io so solo che mi sono divertito come poche altre volte in questi tempi! In uscita, speriamo anche da noi.
Assassinio sull’Orient Express (di Sidney Lumet, 1974)
A proposito di remake inutili, è uscita in sala la versione riveduta da Kenneth Brannagh con Johnny Depp, rispettivamente regista e attore un po’ in declino, di un classico immortale della filmografia inglese, diretto da uno dei mostri sacri del cinema americano: Sidney Lumet. Il signore in questione, per chi non lo conoscesse, nella sua carriera ha diretto tra gli altri Serpico, Quel pomeriggio di un giorno da cani, Quinto potere e La parola ai giurati solo per citarne alcuni, e per l’adattamento del celeberrimo romanzo di Agatha Christie aveva chiamato a raccolta nomi del calibro di Sean Connery, Anthony Perkins, Albert Finney, Jaqueline Bisset, Lauren Bacall, Ingrid Bergman e Vanessa Redgrave, sempre per citarne alcuni. Ne è venuto fuori un classico, estremamente dialogato, nel rispetto del romanzo, ma assolutamente avvincente e divertente. Ciò che dovete sapere della trama è nel titolo, e ciò che dovete fare è guardare prima l’originale poi il remake, anche se la sorpresa finale sarà irrimediabilmente rovinata. Operazione, quella di Branagh, innocua ma commerciale, che lo porterà probabilmente ad affrontare altri romanzi della Christie, a partire da Assassinio sul Nilo, altro bel film per intenderci.

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