L’America dei “giusti” in una serie tv: un pugno nello stomaco (da non perdere)

When They See Us Serie TvWhen They See Us (di Ava DuVernay, miniserie, 2021)

l caso della jogger di Central Park del 1989 è una delle ferite più profonde della storia recente di New York: una ragazza che correva nel parco fu aggredita e violentata, e quasi immediatamente furono accusati e condannati cinque giovanissimi, tutti con la pelle nera, che nulla centravano con l’accaduto.
Storia terribile con (spoiler) relativamente lieto fine che ha ispirato questa miniserie di quattro episodi, che concentra la prima ora sulla presentazione dei personaggi, per proseguire prima col processo, poi con la vita carceraria dei protagonisti, fino a un’estremamente tardiva (e casuale) risoluzione del mistero.

Il metodo usato dagli investigatori per estrapolare una finta verità dalle bocche dei protagonisti è solo il primo di una serie di (giusti) pugni nello stomaco che queste quattro ore riservano allo spettatore: all’alba degli anni Novanta troviamo quella che dovrebbe essere l’America del progresso e dei giusti, estremamente indietro su diritti, questione razziale e considerazione dei ceti sociali più bassi. La polizia, poi, non fa che acuire e accentuare queste gravi lacune che caratterizzavano la società di allora.

Eccellente il cast, soprattutto nei suoi giovani (e non, visto che poi li mostreranno adulti) protagonisti e per una serie di attori ben più noti che donano un perfetto contrasto alla vicenda, da John Leguizamo presente nei migliori film di Spike Lee alla “casalinga disperata”, ma qui cattivissima, Felicity Huffman, da Vera Farmiga (The Departed) a un volto assai noto del serial giovane come Joshua Jackson.

When They See Us è un film, diviso per motivi di lunghezza in quattro parti da un’ora ciascuna, che punta tutto sul territorio emozionale, sia a livello di scelte registiche che di priorità narrative, visto che la vicenda giudiziaria sale in primo piano quando mostra le ingiustizie perpetrate nei confronti dei protagonisti. Protagonisti che conosciamo a fondo proprio per la struttura dell’opera che allarga i punti di vista verso la comunità ingiustamente colpita dalla vicenda raccontando le reazioni, l’impossibilità di reagire contro un potere più forte, l’impotenza giudiziaria, una comunità che da un lato assiste inerme e però a volte sembra voler decisamente cambiare pagina, col rischio di perdere i propri figli.

Primo e ultimo episodio la fanno da padrone, perché la narrazione è comunque lenta e centralmente si preme tantissimo sul pulsante emotivo, tralasciando quasi del tutto la storia; ma la serie vuole sensibilizzare e colpire proprio col classico pugno nello stomaco ogni sorta di spettatore, dal ragazzo che potrebbe essere “uno dei cinque” all’adulto che magari quella vicenda la ricorda bene. Il senso di angoscia che trasmette trova uno sfogo finale, potente e commovente, che descrive le “nuove” vite dei suoi protagonisti e che ci consegna un doveroso “omaggio” a questa enorme ingiustizia e a questi ragazzi; inoltre mette il dito in quella terribile piaga che, ancora una volta, è il razzismo.

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