Distopia, ovvero la visione e rappresentazione di una società indesiderabile e negativa, spesso ambientata nel futuro. In questi giorni, soprattutto da oltreoceano, dopo le elezioni del nuovo Presidente degli Stati Uniti, si è letto in giro commenti catastrofici, paventando l’atomica (The Day After, 1985, bruttissimo ma ci ha angosciato tutti) o nel “migliore” dei casi ipotizzando un deterioramento della società mondiale tale da finire proprio nella visione distopica che il cinema e la letteratura hanno spesso narrato. Da sempre esistono film e romanzi distopici, da Arancia meccanica a 1984, fino ad arrivare agli Hunger Games del presente, all’ottimo Snowpiercer e soprattutto alla strepitosa serie Black Mirror, tra poco su queste pagine. Uno degli bersagli storici del genere è il Reality Show, ”gioco” sempre al centro di attenzioni di pubblico di massa, media, spettatori insospettabili e intellettuali austeri che vogliono utilizzarlo come mezzo per narrare un mondo al collasso. Iniziò addirittura cinquant’anni fa Elio Petri con La decima vittima, un film ai tempi troppo avanti e ora sfortunatamente troppo datato, mentre il cinema a cavallo del secolo aveva decisamente ripreso in mano il tema in maniera efficace, soprattutto con tre capolavori che sono i giapponesi Battle Royale, Avalon e l’americano Contenders – Serie 7. Tre film, guarda caso, difficilissimi da trovare (anche se doppiati), ma imperdibili, soprattutto se siete… distopici!
Nerve (di Henry Joost and Ariel Schulman, 2016)
Nerve crea una nuova costola del filone, la “commedia romantica distopica” proponendosi come caposaldo di un nuovo sottogenere destinato al grande successo. Molti critici non hanno ben accolto il film in patria perché presentato erroneamente come un thriller fantascientifico, mentre la storia pur calandosi perfettamente in questo brutto mondo, prende immediatamente un’altra strada. A New York spopola un nuovo gioco chiamato Nerve, dove chi installa l’applicazione su smartphone ha la possibilità di osservare o di giocare; in quest’ultimo caso vengono lanciate sfide sempre più rischiose e retribuite al giocatore. La protagonista Vee ne resta fuori, finché pressioni di amici e senso della competizione non la spingeranno a provare il gioco di cui presto diventerà protagonista. Girata molto bene e in maniera frenetica, Nerve è una commedia che parla in modo realistico di un futuro che sembra oggi, in cui lo smartphone è l’interfaccia tra persona e realtà che spesso distorce il rapporto e l’approccio al mondo stesso. Vee fa quello che facevano i giovani di American Graffiti, per fare un esempio: ha amiche, s’innamora, ha un fan di cui non si accorge, una madre (la rediviva Juliette Lewis) che cerca invano di seguirla, un fratello che non c’è più (come in Stand By Me, pietra angolare), litiga, sogna e svolge tutte le funzioni più comuni che conosciamo. Ma è il mondo a essere cambiato, e i due registi lo colgono perfettamente, proponendo una vicenda in diretta coi tempi, un film pop, elettronico sia nella sua colonna sonora che nella rappresentazione, senza realizzare un capolavoro. La storia in realtà segue il binario della commedia sentimentale senza troppi colpi di scena e anzi mettendo troppo spesso la patina tra se stesso e lo spettatore. Ma Nerve è il futuro, appena cominciato, se solo avessero voglia di farcelo vedere in Italia, dove Emma Roberts (nipote di cotanta Julia) non la conosce purtroppo nessuno. Buon ventiduesimo secolo!
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