Agricoltura periurbana

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La caratteristica più sorprendente dell’agricoltura che si svolge in città, distinguendosi dall’agricoltura rurale, è l’integrazione col sistema economico ed ecologico urbano.

Opportunità di rigenerazione sostenibile del territorio, quando non è più città ma non è ancora campagna

…Un mattino, aspettando il tram che lo portava alla ditta Sbav dov’era uomo di fatica, notò qualcosa d’insolito presso la fermata, nella striscia di terra sterile e incrostata che segue l’alberatura del viale: in certi punti, al ceppo degli alberi, sembrava si gonfiassero bernoccoli che qua e là s’aprivano e lasciavano affiorare tondeggianti corpi sotterranei… erano funghi, veri funghi, che stavano spuntando proprio nel cuore della città!
A Marcovaldo parve che il mondo grigio e misero che lo circondava diventasse tutt’a un tratto generoso di ricchezze nascoste, e che dalla vita ci si potesse ancora aspettare qualcosa, oltre la paga oraria del salario contrattuale, la contingenza, gli assegni familiari e il caropane…
Italo Calvino, Marcovaldo ovvero le stagioni in città, 1963.

In mezzo alla città di cemento e asfalto, “Marcovaldo va in cerca della natura”. Che l’idea di natura nasca dalla città, dal luogo che ha perduto il contatto simbiotico con il suo ambiente, è argomento ampiamente dibattuto già dai primi anni del XVI secolo. Ma è dalla seconda metà del XX secolo che studiosi della sociologia urbana registrano una perdita di senso della città, nella sua accezione più tradizionale, e profilano nuovi orizzonti identitari. Almeno quattro sono le considerazioni più frequenti riguardanti le criticità della città contemporanea: è cresciuta e si è espansa (basti pensare al fenomeno dello sprawl) ma non è mai diventata città.

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«A Marcovaldo parve che il mondo grigio e misero che lo circondava diventasse tutt’a un tratto generoso di ricchezze nascoste, e che dalla vita ci si potesse ancora aspettare qualcosa, oltre la paga oraria del salario contrattuale».

È rimasta un potenziale inespresso. Questa incompiutezza è talora, ambiguamente, decantata come senso di modernità del terzo Millennio; al suo interno, la soggettività individuale si contrappone al dinamismo collettivo. Ciascun individuo tende a modellare lo spazio attorno a sé, a propria misura, con realizzazioni individuali e autoreferenziali, spesso acriticamente replicate, più che adattate al contesto; la contiguità e/o la sovrapposizione tra luogo del lavoro e luogo della residenza ha come risultato la diminuzione/eliminazione dello spazio pubblico e delle aree per il tempo libero.
I nuovi luoghi urbani, sganciati da qualsiasi disegno formale unitario, sembrano rispondere solo a logiche essenziali per il buon funzionamento delle attività del produrre e del commerciare: le logiche funzionali si affrancano, definitivamente, dalle logiche compositive; la città diventa un patchwork in cui c’è posto per tutti, ma non c’è flessibilità di usi.

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La città diventa un patchwork in cui c’è posto per tutti, ma non c’è flessibilità di usi. Ognuno è obbligato a stare al proprio posto e quando l’uso viene meno prevale lo stato di abbandono.

Ognuno è obbligato a stare al proprio posto e quando l’uso viene meno prevale lo stato di abbandono.
Per comprendere meglio le quattro corto-circuitazioni potrebbe essere opportuno cogliere le forme emergenti di urbanità localizzate oltre i limiti della “città tradizionale”, dei tessuti urbani consolidati, inclusivi del nucleo storico e delle progressive addizioni di insediamenti monofunzionali. Infatti, la crisi dei modelli regionali centro-periferici, su cui si basava il modello socio-territoriale fordista (suddiviso in aree centrali, periferiche e marginali), ci costringe a ridefinire la struttura del territorio urbano. La mancanza di confini certi tra aree urbane e periferiche, che fa venir meno la subalternità della campagna alla città, ci spinge a delineare nuovi assetti ecologici tra città e campagna.

Problemi di riduzione degli spazi aperti e conseguente aumento di impermeabilizzazione, inquinamenti dell’aria e cattiva qualità delle acque, congestione del traffico e innalzamento dell’effetto ‘isola di calore’ favoriscono una progressiva crescita della coscienza e della domanda di natura.
Le aree rurali diventano sempre più attraenti per i ceti urbani. Nasce una campagna attiva e produttiva, che attiva nuove forme ed economie del mondo rurale, ma che è anche attraversata dal fermento delle attività innovative e creative che dipendono dalla prossimità urbana.

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Le aree rurali diventano sempre più attraenti per i ceti urbani. Nasce una campagna che attiva nuove forme ed economie, anche attraversata dal fermento delle attività innovative e creative che dipendono dalla prossimità urbana.

Mentre la città si proietta verso l’esterno, creando una nuova idea di porta che, invece di custodire il centro difendendolo dall’esterno (come ci ricorda il Medioevo), si muove verso le periferie come verso nuove opportunità, si consolida un “territorio agricolo-urbano” all’interno del quale si riscontrano indizi di nuove ecologie tra territorio e società.
In molti paesi in via di sviluppo l’agricoltura urbana è, da tempo, il primo o il secondo maggiore datore di lavoro urbano. Oltre ai vantaggi economici per i produttori agricoli urbani, l’agricoltura urbana stimola lo sviluppo delle relative micro-imprese addette alla produzione, il confezionamento, la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti.
La caratteristica più sorprendente dell’agricoltura che si svolge in città, distinguendosi dall’agricoltura rurale, è l’integrazione col sistema economico ed ecologico urbano che prevede l’uso dei residenti urbani come operai e l’uso di risorse urbane tipiche (come i rifiuti organici in compost e acque reflue urbane per l’irrigazione).

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Tra le funzioni comprese nel concetto di agricoltura si rende evidente quello di presidio del territorio: l’agricoltura è anche strumento contro l’avanzata dell’urbanizzazione perché occupa il suolo, lo mantiene e lo gestisce.

Anche nei paesi più sviluppati, il fenomeno dell’orto urbano si sta affermando, a dimostrazione che l’agricoltura urbana non è un relitto del passato, dei paesi in via di sviluppo, che tende a svanire quando il livello socio economico del paese diventa più importante. Al contrario, essa aumenta quando la città cresce, divenendo parte integrante del sistema urbano. Il tutto si trasforma in formidabili occasioni per intrecciare relazioni, per ricreare un patrimonio di beni comuni e una filosofia della vita basata su aspetti etici che hanno un concreto effetto anche sulle economie locali.
Ai giardini ricavati da spazi abbandonati, alla valorizzazione degli scarti, si affiancano le cucine biologiche, gli esperimenti di compostaggio degli scarti alimentari, la creazione di network di persone che collaborano insieme per migliorare alcuni aspetti della propria vita quotidiana.
Tra le funzioni comprese nel concetto di agricoltura si rende evidente quello di presidio del territorio: l’agricoltura è anche uno strumento contro l’avanzata incontrollata dell’urbanizzazione perché occupa il suolo, lo mantiene e lo gestisce.

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Anche nei paesi più sviluppati, il fenomeno dell’orto urbano si sta affermando, a dimostrazione che l’agricoltura urbana non è un relitto del passato, che tende a svanire quando il livello socio economico del paese diventa più importante.

Ma ciò che ancora più interessa è il fatto che gli orti urbani e, più in generale, l’agricoltura urbana, insieme ad altri elementi naturali e seminaturali (infrastrutture ambientali, bio-connessioni, reti ecologiche …), concorrono al ridisegno, alla riprogettazione-rigenerazione delle aree urbane fornendo nuove direttrici, nuovi gangli territoriali in grado di orientare il magma, molto spesso indecifrabile, della città contemporanea.
Le città possono e devono divenire i luoghi in cui sperimentare nuove, più sostenibili, forme dell’abitare e del lavorare, nuove relazioni sociali, forme più intelligenti di utilizzo del proprio tempo, una qualità della vita non necessariamente associata alla crescita dei consumi materiali, e le aree residuali agricole possono considerarsi nodi strategici del percorso attuativo. Tuttavia, la gestione urbanistica ordinaria, così com’è attualmente praticata, sembra non attrezzata a guidare i profondi cambiamenti evocati.
Le politiche e le nuove aspettative che si muovono attorno al concetto di paesaggio (inteso nel suo significato più ampio, inclusivo dunque del paradigma ambientale) potrebbero essere un valido supporto concettuale e strumentale.
Nella capacità di supportare un patto fra città e campagna sono racchiuse le chance di successo per l’accompagnamento alla ruralizzazione e alla nuova resilienza della nuova città di prossimità del prossimo millennio.

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Le politiche e le nuove aspettative che si muovono attorno al concetto di paesaggio (inteso nel suo significato più ampio, inclusivo dunque del paradigma ambientale) potrebbero essere un valido supporto concettuale e strumentale.

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