Anche per gli oggetti tutto si crea nulla si distrugge

Utilità e bellezza possono nascere da manufatti e materiali dismessi mettendo in atto la flosofia delle tre R: Riusa, Riduci, Ricicla.
Gli esempi dei designer più innovativi

Running Parley, di Adidas

Scarpe Adidas realizzate utilizzando sacchetti di plastica recuperati dall’Oceano

Lo stato del Design è, come l’arte visiva, in piena evoluzione: l’open source e i diritti creative commons hanno aperto territori sino a poco tempo fa rigidamente chiusi e, nello stesso tempo, i consumatori, sempre meno passivi (per quanto le leggi del mercato siano molto furbe) e sempre più mediamente informati, sono diventati estremamente esigenti in termini di sostenibilità. Nel 2002 il designer e architetto americano William McDonough e il chimico tedesco Michael Braungart scrissero il libro Cradle to cradle. Remaking the Way We Make Things (Dalla culla alla culla. Come conciliare tutela dell’ambiente, equità sociale e sviluppo, Blu Edizioni, 2003) nel quale spiegavano come fosse necessario riprogettare l’intero processo produttivo di ogni oggetto in chiave biomimetica ed ecosistemica, imitando, cioè, la circolarità della Natura che non produce mai rifiuti ma li riutilizza. Il loro pensiero è diventato uno dei punti di riferimento per quanti cercano la sostenibilità, affiancando all’acquisto e al consumo il pensiero critico. Nel giro di qualche decennio, più che una certificazione, cradle to cradle è diventato il sinonimo di un modus operandi progettuale che, è bene sottolinearlo, è sempre stato vicino alla visione poetica di molti protagonisti del design del Novecento, come ad esempio Alvar Aalto, che ha sempre praticato la sostenibilità, utilizzando il legno di betulla, essenza flessibile, di crescita veloce e largamente diffusa in Finlandia per la creazione di mobili che ancora oggi restano insuperabili come qualità, durevolezza e bellezza. Avvicinandosi a tempi più recenti le Tre R di Riusa, Riduci, Ricicla sono il leit motiv che guida la ricerca in direzione di nuovi materiali ottenuti dal recupero di quelli che, sino a qualche decennio fa, erano considerati rifiuti da inceneritore. Scordiamoci l’aspetto Raw di mobili fatti con pallets che furoreggiano ovunque, perché il design vero, piuttosto lontano dalla dimensione diyers/bricoleur di un tutorial del web, fa delle Tre R un diktat, applicandolo a ricerca, sperimentazione progettuale, innovazione e qualità estetica.

Cucina Ikea

All’ultimo Salone del Mobile di Milano, ad esempio, il designer inglese Max Lamb, autore delle sedute del Padiglione dell’Albania della Biennale dell’Architettura 2016, ha presentato un’installazione con 12 panchine create per il brand Really, utilizzando come materiale lana e cotone destinati al macero  che, attraverso un processo brevettato a impatto zero, diventano solidi. I pannelli di Solid Textile Board dopo l’uso possono essere inoltre totalmente riciclati. Sulla stessa linea di pensiero è Jonas Pettersson, dello studio svedese Form Us With Love, che ha progettato per Ikea Kungsbacka, una cucina interamente ricavata da bottiglie di plastica e legno di recupero, adatta, una volta esaurita la sua funzione, ad essere totalmente riciclata. La produce inoltre un’azienda veneta di cucine, la 3B, specializzata nel riciclaggio del legno. Sul fronte della sostenibilità, unita in co-branding con l’organizzazione no profit Parley for the Ocean in lotta contro l’inquinamento della plastica negli oceani, è invece la running Parley di Adidas, disegnata nel 2016 da Alexander Taylor utilizzando come materiale sacchetti di plastica recuperati dall’Oceano. Parley è anche partner dell’azienda G-Star Raw nella realizzazione di denim ottenuto sempre dai famigerati sacchetti di plastica che galleggiano nel Pacific Trash Vortex o si arenano sulle spiagge di tutto il mondo.
Tutta italiana è invece l’iniziativa del Designlab di San Patrignano che, con la linea Barrique – la terza vita del legno, riutilizza le splendide barrique di rovere francese della cantina di San Patrignano per creare oggetti di design all’interno del designlab di makers della comunità.

Designlab di San Patrignano

L’avventura creativa, partita da un’intuizione dell’imprenditore Maurizio Riva della Riva 1920, nello spazio di poco più di un anno ha visto coinvolti progettisti di fama internazionale come Daniel Libeskind (tavolino Arche), Aldo Cibic (panca Chinese Roof), Karim Rashid (seduta Inverso), Patricia Urquiola (seduta Baco, in versione multipla e singola), Mario Botta (panchina Bottea), Antonio Citterio (poltrona Lounge), Michele De Lucchi (tavolo Doga), Matteo Thun (paravento Plié), Marc Sadler (chaise longue DOC) e molti altri ancora. Fiore all’occhiello della nostra regione per quanto riguarda le tre R sono anche diverse altre aziende. La prima è il consorzio Rilegno, che, con base operativa a Cesenatico e presidenza di Nicola Semeraro, gestisce i rapporti con gli oltre 2.200 consorziati, coordinando quasi 380 piattaforme di ritiro in tutta Italia e quasi 5 mila Comuni, superando gli obiettivi fissati dal Decreto Ronchi del 1998 (riciclo pari al 35%), grazie al recupero complessivo di imballaggi di legno giunti a fine vita ormai prossimo al 60% dell’immesso al consumo.  Rilegno promuove anche una serie di iniziative legate alle tre R, come il concorso internazionale per giovani designer Legno d’Ingegno, workshop, festival e laboratori.
Tutte le esperienze, interessantissime e ben documentate, sono raccolte nella bella pubblicazione free, consultabile e scaricabile all’indirizzo http://www.rilegno.org/ricre-azioni-di-legno/.  C’è poi il brand di base a Carpi Essent’ial, che, ideato dal designer Albano Ghizzoni, ha fatto della sostenibilità la chiave del successo delle sue creazioni per il living (la linea Sacchini alla quale ha collaborato anche Paola Navone), nel settore moda (borse e accessori), utilizzando esclusivamente materiali certificati Fsc, quella Forest Stewardship Council, il cui logo è un albero stilizzato che garantisce l’alto standard sociale e ambientale di legno e cellulosa.

Sedute di Max Lamb

Essent’ial è anche una delle aziende riconosciute all’interno di ReMade in Italy®, associazione senza finalità di lucro, diventata nel 2013 proprietaria del primo schema di certificazione accreditato in Italia per la verifica del contenuto di materiale riciclato in un prodotto. Uno strumento concretamente utile messo a disposizione delle aziende, per promuovere i prodotti sul mercato italiano ed estero e per partecipare al Green public procurement (Gpp). Il Gpp è infatti diventato obbligatorio su decreto del Ministero dell’Ambiente lo scorso 11 gennaio (Gazzetta Ufficiale del 28 gennaio 2017, n. 23) per gli appalti pubblici nei settori dell’arredo, dell’edilizia e del tessile, che rende obbligatoria l’applicazione dei Criteri ambientali minimi (Cam) dall’articolo 34 del nuovo Codice Appalti (Dlgs. 50/2016). Il che, significa, tradotto in termini umani e non da burocrate kafkiano, che per oggetti, mobili, imballaggi, materiali per l’edilizia negli appalti pubblici è obbligatoria una certificazione sulla sostenibilità del prodotto che ReMade in Italy®, insieme ad altri enti in massima parte stranieri, fornisce. Altra azienda certificata è la Mobilferro di Rovigo che realizza arredi per scuole. Della medesima certificazione gode anche il brand bolognese Regenesi – 100%100 remade in Italy, che, nato nel 2008 dall’intuizione e dalla passione dell’imprenditrice ravennate Maria Silvia Pazzi, crea, produce e com­mercializza oggetti di design innovativi, realizzati con materiali di riciclo post-consumo.  Con Regenesi hanno collaborato designer come Matali Crasset, Marco Ferreri, Giulio Iacchetti, Kaisli Kiuru , Setsu e Shinobu Ito, Denis Santachiara e giovanissimi progettisti della Regenesi’s design Factory, provenienti dalle scuole di moda e design più prestigiose in Italia, tra cui il Politecnico di Torino e l’Università di Venezia.

Denis Santachiara, sottopentola in alluminio rigenerato

Sottopentola “Mappamondo” in alluminio rigenerato

Una delle altre frontiere, in contrasto con l’iperconsumo e l’obsolescenza programmata di tutto ciò che è tecnologico, è anche la rigenerazione e il ricondizionamento (in inglese demanufacturing) di grandi e piccoli elettrodomestici, pc, smartphone e tablet che, opportunamente controllati e aggiornati, hanno costi inferiori al nuovo e sono affidabilissimi.  Gli apparecchi vengono smontati, i pezzi funzionanti isolati, rigenerati e riassemblati in un nuovo elettrodomestico molto meno costoso sia dal punto di vista produttivo che commerciale. Le materie prime, come i metalli e le plastiche, ricavate dal processo di rigenerazione, vengono anch’esse riciclate e impiegate nel medesimo processo produttivo o avviate ad altre forme di recupero. Il modello è sempre quello dell’economia circolare e sostenibile basata sulla rigenerazione a ciclo continuo degli elettrodomestici e dei materiali che li compongono.
La strategia è adottata da molti marchi e aziende nel Mondo, prime fra tutte Toshiba, Ford, Panasonic, Apple, Candy che hanno fatto della lotta allo spreco la loro mission aziendale. Le scelte sono vantaggiose  sia per quanto riguarda l’immagine e lo storytelling delle aziende agli occhi dei consumatori, sia a livello economico con una riduzione dei costi di produzione che può arrivare all’85% per ogni elettrodomestico “ricondizionato” e che fa bene alle tasche degli italiani, sempre che non cedano alla bulimia dell’acquisto al quale la contemporaneità ci ha abituato.

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