Appartata e autentica scorre quieta la vita nella casba

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Telemaco Signorini, Dipinto, 1875

I tesori e le molte storie del reticolo di vie del borgo che si sviluppa tra via Maggiore e circonvallazione Fiume Montone Abbandonato

Racchiusa fra due direttrici di traffico urbano come via Maggiore e la circonvallazione Fiume Montone Abbandonato, resiste all’incedere del tempo una zona ben circoscritta e omogenea della città. Si tratta di un dedalo di strade, con viuzze strette, sulle quali si affacciano case a un piano o poco più.  Queste vanno a costituire uno dei sobborghi, addossato alle mura della città storica, dopo lo spostamento settecentesco dei due fiumi, Ronco e Montone, che cingevano d’assedio Ravenna, con ripetute inondazioni. Via Portone, Portoncino, Rampina, e ancora dei Rasponi, Scaletta, Mingaiola, Ghibuzza, Ferretti sono alcune delle strade di quella che molti chiamano ancora casba, per la sua particolare conformazione.

Foto d’epoca di due scorci della Via Maggiore nel cosidetto borgo di Porta Adriana a fine Ottocento

Nata nel Settecento per ospitare chi in città offriva lavoro manuale, come i braccianti e gli operai delle poche manifatture sorte sul finire dell’Ottocento, la casba mantiene intatto il proprio fascino a pochi passi dalla blasonata via Cavour. Le famiglie che abitavano il sobborgo hanno lasciato in buona parte il posto a giovani coppie italiane e straniere che andranno a scrivere un nuovo capitolo della vita di quel luogo. La speculazione edilizia del dopoguerra e gli effetti del conflitto bellico non ne hanno però intaccato l’originalità e l’alterità. Borgo popolare un tempo, quieta area centrale oggi, con stradine che risalgono verso la circonvallazione Fiume Abbandonato, anche il nuovo piano generale del traffico urbano si preoccupa di inserirla nella nuova pianificazione.

Oggi a chi si prende tempo e cammina nel dedalo di stradine strette della casba non sfugge la cura e il pregio delle ristrutturazioni. Interventi mirati al recupero delle abitazioni che non tradiscono lo spirito originale della zona e convivono tranquillamente con case segnate dal tempo

Fra gli interventi pensati per regolamentare l’accesso al centro storico c’era la redazione di un piano particolareggiato che prevedeva l’istituzione di una zona a traffico limitato nell’area delimitata dalle vie Maggiore, Montone Abbandonato, Spreti, Landoni, Moradei; nell’aggiornamento del piano del traffico 2014 rimane la promessa della ztl ma questa è legata alla disponibilità del parcheggio di via Fiume Montone Abbandonato. Scorrendo il piano del traffico, che tutti i cittadini possono reperire e leggere nel sito web del Comune, si legge: «per le vie Rampina, Portoncino, Portone e strade limitrofe sono stati avviati e completati gran parte degli studi relativi al completamento del Piano. Per completare le azioni è necessario che l’Amministrazione Comunale entri in possesso del parcheggio denominato Callegari».

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Una foto satellitare dell’area storica del  borgo San Biagio; a sinistra si nota la larga arteria di via Maggiore, al centro a destra sopravvive la fitta tessitura della parte più antica del quartiere che sorgeva fuori Porta Adriana, fatta di un intrico di vicoli e piccole case

Le preoccupazioni di oggi, legate al peso del traffico sulla circonvallazione Fiume Abbandonato, sono lontane dalla descrizione del sobborgo “Adriano” poi “Saffi”, e oggi San Biagio, lasciate da Gaetano Savini che nel 1908 – 1909 definiva la strada principale, via Maggiore così. «Vi sono in gran numero osterie e bettole, dove si beve e si canta allegramente: vi sono altresì negozi di tutti i generi, caffè, macellerie, salsamenterie ecc., un’officina meccanica e altre botteghe per svariati mestieri». Savini nella pubblicazione Piante panoramiche volumi VI – VIII. Edifici pubblici e privati luoghi e cose notevoli suburbani riporta fedelmente il carattere e l’immagine del sobborgo oltre porta Adriana, dove c’era il mercato boario, e dove fino al 1865 si praticavano le esecuzioni capitali. Non mancavano poi la conceria delle pelli e il mercato equino, attività che garantivano la presenza di un vasto pubblico. Lungo via Maggiore si è persa traccia della chiesa di San Francesco da Paola (ricordata anche come San Franceschino) che Corrado Ricci dice ricostruita nel 1647 e «riparata» nel 1702, all’angolo con via Porticino. Nel corso della Seconda guerra mondiale l’edificio venne distrutto, ma appare nelle foto dell’epoca e nell’olio su tela Sobborgo di Porta Adriana,  1875, di  Telemaco Signorini, conservato alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma e apprezzato dal pubblico della mostra “Il Bel Paese” allestita da marzo a giugno 2015, al Museo d’arte della città. Il resto della zona è fatta di «case rimodernate» dice il Savini dai tempi nei quali scorreva il fiume con le porte alte e brevi scalette esterne per sfuggire alle acque. Il quartiere quindi fu sempre caratterizzato da un brulicare di attività e di persone, le vicine scuole comunali maschili del 1902 sono tra i pochi edifici pubblici ricordati.
La sede dell’ex circoscrizione Prima oggi ufficio decentrato, ospita al proprio interno in via Maggiore 120 La casa delle donne. L’associazione a carattere volontario Liberedonne ne gestisce e organizza le attività sociali e culturali. La Casa delle donne è sede dell’Udi, l’unione donne in Italia; delle Donne in nero, rete internazionale di donne contro la guerra, e della Fidapa, gruppo che promuove, coordina e sostiene le iniziative delle donne che operano nel campo delle arti, delle professioni e degli affari. Oggi a chi si prende tempo e cammina nel dedalo di stradine strette della casba non sfugge la cura e il pregio delle ristrutturazioni. Interventi mirati al recupero delle abitazioni che non tradiscono lo spirito originale della zona, non ne sviliscono l’anima con finti restauri in stile. Tanto che la compresenza di residenze ristrutturate e unità abitative segnate dal tempo rende viva e verace il quartiere che evidentemente rifiuta di diventare museo per turisti disattenti.

Una curiosa immagine della casba negli anni ‘70, con fianco a fianco nel vicolo una Rolls Royce e una Citroen 2 Cavalli.
Lo scatto è frutto di una ricerca del fotografo Eros Antonellini, intitolata “I Ravennati”.A destra, il voltone che da via Maggiore introduce a via Portone una delle direttrici del vecchio quartiere

Percorrendo le vie della casba la toponomastica regala tante piccole curiosità, da via Portoncino, traversa di via Maggiore, citata da Giuseppe Morini nello Stradario storico di Ravenna anche come via Muzza o Mozza, a seguito della lettura dei catasti del 1809, mentre in una pianta di epoca settecentesca Morini la ritrova descritta così: «Portoncino che si transita nella strada Monaldini e Costantinopoli». Via dei Pozzi che procede da via Mingaiola a via Ghibuzza  indicava un’area ricca di acque, già nel Trecento; nel Settecento fu chiamata anche via Monaldini perché attraversava terreni della nobile famiglia ravennate. Anche via Scaletta rimanda alla presenza, sostiene Morini, dalla presenza di una gradinata o di scale per raggiungere l’argine del fiume Montone poi abbandonato. Via degli Spreti fino al 1928 era nota come II Sabbione, quattro infatti erano le stradine con questa denominazione. Si trattò quindi di omaggio a una delle più importanti famiglie nobiliari cittadine che tanta influenza ebbero nella storia di Ravenna. Proseguendo nelle pieghe della Toponomastica appaiono personaggio particolari: Jacopo Landoni, vissuto fra Sette e Ottocento professore di eloquenza, spirito bizzarro, famoso per burle famose nella tradizione ravegnana, scrive Morini. Via Ferretti rimanda invece a una famiglia ravennate alla quale appartennero alcuni uomini di valore, tra i quali Niccolò (XV secolo) grammatico e umanista, Gianpietro, erudito e storico di Ravenna (XVI secolo) e Giulio (XVI secolo) scrittore di cose militari.

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Una foto attuale dell’Aurora, circolo centenario dei socialisti ravennati

Se le curate ristrutturazioni, si diceva, danno il senso di un borgo pacificato, agli inizi del Novecento era la passione politica invece ad incendiare gli animi, con la Società socialista Aurora di via Ghibuzza opposta alla Società dell’Emancipazione di matrice repubblicana. E quando negli anni Venti l’Aurora subirà l’assalto delle squadre fasciste, sarà la generosità delle donne e dei bambini del sobborgo a salvare la casa dall’incendio con una catena umana fatta di secchi d’acqua. Di questi giorni la riapertura del circolo con una nuova gestione che si preoccupa di dare spazio anche a eventi culturali, dalla musica dal vivo ai dj set, dal cinema, ai libri e al teatro.

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