Orti e corti

Il “non edificato”  dentro le mura

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Fra le carceri e via San Pietro Crisologo, un orto coltivato apre una prospettiva inconsueta

Le mura cittadine di Ravenna circondano un tessuto urbano che riesce ancora a mostrare le tracce del passato.
L’arrivo del “treno”, nel 1863, fece abbattere oltre 500 metri di mura per lasciare spazio ai binari. Tuttavia la città restava chiusa poiché lo strappo fu subito ricucito con la costruzione di una cinta daziaria dalla Rocca Brancaleone alla Porta Vandalaria i cui resti sono ancora visibili all’esterno della curva di viale Santi Baldini.
Si usciva e si entrava attraverso le porte che assolvevano anche al ruolo di varchi daziari. Una vita appartata, ma autosufficiente, scorreva dentro la città. I canali che anticamente ne solcavano il centro urbano, hanno lasciato un’impronta tuttora evidente nell’ordito stradale, condizionando le attività umane, le produzioni artigianali, i traffici e movimenti di merci nelle strade e vicoli che l’attraversano. Dove la maglia stradale si allarga, i palazzi nobiliari e molte dimore borghesi aprono nascosti spazi cortilizi ed ortivi che misurano decine e decine di metri, superfici spesso superiori ai 3.000 metri. Talvolta si supera anche il mezzo ettaro!

Un grande spazio verde nel cuore della città, tanto vasto e ben esposto da permettere la crescita di una rigogliosa siepe di bambù. All’inizio dell’estate fra gli alberi e sull’erba, nell’oscurità, ondeggia un “tappeto volante” di lucciole!

In fregio alle mura, fra Port’Aurea e il Torrione dei Preti, il grande spazio che è servito per le adunate militari, parcheggio di jeep e autocarri dell’artiglieria missilistica, sono in polverosa e disadorna attesa di un’idea-progetto.
Dall’altra parte il muro non è quello di una vecchia caserma abbandonata, ma di un carcere dalle linee d’inizio Novecento: quando fu ultimato, in sostituzione delle vecchie “galere patrie” addossate al palazzo veneziano, i buontemponi ravegnani per burla esclamavano: “Va in tal nōvi!” Va in galera!

Forse da allora un tratto ampio di terreno fu lasciato libero da costruzioni e coltivato ad orto: quello di via San Pietro Crisologo, credo sia l’unico orto interno alle mura tuttora produttivo e attivo.
Non troppo lontano, altri spazi “verdi” sono stati pavimentati, urbanizzati, trasformati in cinematografi all’aperto ed in parcheggi. La città finiva, come via Cura, contro le mura che correvano ininterrotte dalla Callegari a Port’Aurea e di nuovo “chiudendo” il reticolo romano, girando di 90 gradi verso Porta Gaza.
Ma come si comporta la pianificazione territoriale nei confronti di quelle aree? Mi rivolgo al linguaggio tecnico e settoriale riportato nel RUE, il regolamento edilizio urbano di Ravenna, del quale trascrivo i passi salienti.

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Addossato alle mura, un bell’orto curato alla perfezione fra via Bassa del Pignataro e via Gabici

RUE/NTA 5.1 / VARIANTE DI POC

ART.VI.15 GIARDINI E/O ORTI PRIVATI DA CONSERVARE

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La tavoletta del RUE (in rosso le mura storiche)

1    Il RUE nelle tavole RUE 4.2 riporta con specifica campitura i Giardini/orti privati da conservare che per consistenza, dimensioni e/o presenza arborea-arbustiva, vanno tutelati e riqualificati anche al fine di mantenere la continuità della rete ecologica.
2    Tutti gli interventi su tali Spazi Aperti vanno attuati nel rispetto dell’Art. VI. 14 e di quanto definito nell’allegato G), costituente parte integrante delle norme stesse, denominato I QUADERNI DEL RUE punto A5 “Attenzioni e regole per interventi nei giardini e parchi storici e di valore ambientale”.
3    Tutti i giardini e i parchi storici e/o di pregio di pertinenza di edifici in centro storico (per gli edifici classificati CSU art. VI.6 e CSM art. VI.7 e per le aree classificate giardini e/o orti privati da conservare art. VI.15), nella città a conservazione morfologica (per le aree classificate Parchi, giardini e alberature di pregio da conservare, art. VI.27) e negli edifici e/o complessi di valore storico-architettonico (art. II.11) rappresentano valori di interesse pubblico e pertanto possono essere oggetto solo di interventi di recupero e tutela, indipendentemente dalla presenza o meno di immobili. Sono consentiti pertanto, sulla base di analitica lettura storica, iconografica, documentaria e sulla base di indagini dirette, solo gli interventi di conservazione della connessione tra essenze vegetali ed architettura, come si sono configurate e stratificate nella storia, salvaguardando le peculiarità del giardino costituito da manufatti artificiali e da vegetazioni vive e quindi mutevoli.

Anche se il linguaggio è facilmente comprensibile soltanto per addetti ai lavori, le ultime righe evidenziano l’importanza della tutela di questi angoli che racchiudono la memoria del passato della nostra storia cittadina.
Sono monumenti “verdi” che nel senso etimologico del termine ammoniscono e ricordano il valore della continuità.
Ravenna è disseminata di spazi che si aprono dietro portoni, in fondo a corridoi abitativi che hanno sostituito cantine e magazzini di palazzi nobiliari. “Carraie” si chiamavano quei passaggi interni che permettevano di portare prodotti della campagna come mosti, cereali, frutta e verdura. Esempio tipico è la carraia di Palazzo Rasponi del Sale, ora Ca’ de Ven, che si apre ancora adesso su via Guido Da Polenta e conduce ad un cortiletto interno chiuso da tempo da una copertura trasparente. Dove passavano cariaggi cigolanti, ora si mangiano cappelletti e piadina! Accanto a questi minuscoli spazi, vi erano anche giardini di notevole dimensione, con orti e alberi da frutto.
La Ravenna “veneziana” prevedeva cortili con il pozzo e pochi alberi ornamentali: erano “campielli privati”. I cortili, come i “campi” di Venezia, assolvevano ad una funzione di spazi comuni per gli abitanti. E la storia continua.

Due immagini poetiche  di Cetty Muscolino

Nel chiostro

Scricchiolano le ghiande
sotto il piede gentile
fra verdi cuscini di muschio
e rosse bacche.
Tubano le colombe
in lontananza
e i merli e i passeri sono padroni
Ai piedi di Clemente XII
piovono come grani di corallo
le rosse bacche del tasso
allontanando malevoli sortilegi.

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Il secondo chiostro di San Vitale, lo spazio verde più aristocratico e prezioso di Ravenna. I cavalli bianchi sono dello scultore Davide Rivalta

Area di San Vitale

Nel silenzio del chiostro
penso che mi mancheranno
queste ragazze leggiadre
così diverse e varie
come gazze festose
o silenti fra gli alberi
e l’edera che fuoriesce
dal pozzale ricamato con croci.
Quante vite e quanti palpiti
quante vanità si sono consumate
fra questi silenzi e sussulti
e ancora silenzi
solo colorati da cinguettii sottili
come delicate parentesi

 

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