Ravenna capitale “la Roma sull’Adriatico” Seguici su Telegram e resta aggiornato Con la flotta ai tempi di Traiano una città cosmopolita, cinta da una corona di mura, simbolo di un potere strategico e politico. Particolare di un graffito del sottopasso fra centro storico e darsena di città di Ravenna lato sud Nel primo secolo avanti Cristo, Ravenna godeva già di un’appartata posizione dai risvolti strategico-militari. Da quelle posizioni organizzò le sue truppe Gaio Giulio Cesare, prima di oltrepassare il Rubicone ed entrare dalla Gallia Cisalpina nel territorio “metropolitano” di Roma. Bisogna però arrivare al primo secolo per vedere la città al centro di traffici navali e terrestri di notevole entità: la via Popilia che congiunge Rimini a Quarto d’Altino entra in città attraverso l’arco di Claudio, successivamente trasformato in Port’Aurea. L’ingresso monumentale è anche funzionale, poiché si apre a nord degli scali portuali interni situati sulla laguna, che mette in comunicazione i traffici fluviali lungo il Po Eridano con quelli del mare Adriatico. Il porto di Ravenna raggiunge la sua massima espansione con l’imperatore Traiano nel II sec. quando si afferma il suo ruolo militare e navale con la sede della flotta (Classis) e l’inaugurazione di un grande acquedotto, capace di dissetare una vasta area metropolitana, formata da tre città: Ravenna, il “sobborgo ponte” di Cesarea e Classe. I bacini portuali possono ospitare ben 250 navi e attorno sono situate banchine, depositi, cantieri e presidi militari, come si conviene a una grande base navale che vigila sul mare “Superum”, spingendosi fino alle coste orientali del Mediterraneo, al di là di Cipro. In quel momento di grande ricchezza economica e sociale, a Ravenna si verifica una sovrapposizione di costumi, lingue, abitudini e religioni documentata anche dalle numerose epigrafi delle sepolture quasi tutte del II sec. d.C., conservate al Museo Nazionale. I caratteri cosmopoliti, e l’incontro fra culture diverse, creano quel terreno fertile sul quale cresceranno le fortune della futura Roma sull’Adriatico. Ravenna segue le vicende politiche dell’impero il cui baricentro viene spostato da Costantino ad Oriente. Dopo la fondazione di Costantinopoli la capitale dell’impero d’Occidente passa da Roma a Milano. Mediolanum ben presto si rivela inadatta a mantenere quel ruolo, troppo condizionato dai confinanti in continua transizione espansiva. All’inizio del V sec. Ravenna, dove la flotta vigilava sulla sovranità orientale del Mediterraneo, diventa capitale dell’Impero d’Occidente. Imprendibile da terra, ma facilmente raggiungibile dal mare, la città assume il ruolo di capitale politica e religiosa. Con Galla Placidia si afferma il Cristianesimo, capace di affiancare nuovi edifici di culto ai templi di un paganesimo assorbito e trasformato. Fintanto che sarà “Imperatrice”, in attesa della maggiore età di Valentiniano III, Galla Placidia governa con saggia fermezza, tenendo a freno anche il vento del cambiamento. Valentiniano III regge per trent’anni l’Impero d’Occidente in sintonia con Costantinopoli, finché alla sua morte avvenuta nel 455, pian piano si disgregano le alleanze e inizia la fase finale dell’Impero, suggellata dalla deposizione di Romolo Augustolo nel 476. Con l’arrivo dei Goti di Odoacre e di Teodorico, Ravenna ritorna un centro cosmopolita, nel recinto aureo, ma decadente, delle sue mura. Tutto sembra muoversi al contrario, in quell’immobilità apparente. Lo descrive bene Sidonio Apollinare in una sua lettera scherzosa e ironica, inviata al suo amico Candidiano nel 467: Ravenna… «…dove i moscerini vi pungono gli orecchi, dove una garrula moltitudine di rane vi gracida sempre d’intorno! Ravenna non è che una palude, dove tutte le forme della vita si presentano alla rovescia: dove i muri cadono e le acque stanno, le torri scorrono giù e le navi si piantano fisse, i malati vanno girando ed i loro medici si mettono a letto, i bagni gelano e le case bruciano, i vivi muoiono di sete e i morti nuotano galleggiando sull’acqua, i ladri vegliano e i magistrati dormono, i preti fanno gli usurai ed i Siri cantano salmi, i mercanti vanno armati ed i soldati mercanteggiano come i venditori, le barbe grigie giuocano a palla e i ragazzi ai dadi, gli eunuchi studiano l’arte della guerra ed i mercenari barbari studiano letteratura. Pensate ora che specie di città contiene i vostri Dei Lari, una città che può avere un territorio ma che non si può dire che abbia terra!» (Sidonio Apollinare, Epistulae, libro I, 8.2-3) Sottopasso di viale Pallavicini Dal tono ironico della lettera che ha straordinaria efficacia descrittiva si può arguire che Ravenna, a meno di dieci anni dalla fine del suo ruolo di capitale, riassume in sé le caratteristiche di un centro importante con aspetti consolidati relativi al clima (caldo e umido), alla tipologia urbana attraversata da canali nei quali «i morti nuotano galleggiando sull’acqua e le navi si piantano fisse»! Il gracidare delle rane e le punture delle zanzare sono ricordate quindici secoli dopo da un illustre viaggiatore al suo ritorno a Ravenna: è il letterato Olindo Guerrini fondatore del Touring Club Italiano che racconta della percezione di Ravenna dai “versi” dei ranocchi che gli balzano incontro nel suo pedalare verso la città, illustrata come «appartata e neghittosa». Il ruolo di capitale imperiale convive con gli ossimorici effetti descritti da Sidonio, poiché ben diversamente dalla città dove ritorna il poeta Olindo Guerrini ai primi del Novecento, Ravenna mantiene alto il rango di capitale anche dopo il dissolversi dell’impero romano d’Occidente. Dopo Odoacre, Teodorico, con la stessa determinazione di Galla Placidia, governa con forza ed equilibrio, restaurando l’acquedotto di Traiano (l’acqua è per tutti i cittadini) e facendo convivere, in pace, ariani e cristiani che ormai hanno reso obsoleti e vetusti i templi dedicati alle varie divinità protettive e oracolari. Ravenna come capitale del regno barbarico di Teodorico il “Grande”, può essere considerata la prima capitale d’Italia. È la Roma sull’Adriatico, una città interetnica, per usare un termine attuale, che governa l’Occidente e la Pianura Padana, ma guarda ad Oriente. La fulgida meteora del re goto che conosce greco e latino avendo studiato a Costantinopoli, tramonterà e si verificherà il ritorno allo “status quo ante” con il prevalere non sempre pacifico dei cristiani sugli ariani. La storia è raccontata dall’iconologia musiva della Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, dove “sopra” i mosaici teodoriciani vengono sovrapposti altri segni, una raffigurazione del “nuovo ordine”, quello bizantino, che appare nella sua parte mediana con i cortei dei santi e delle vergini. Teodoriciani sono i mosaici che mostrano la città di Classe con le navi e il Palatium che regalano una sfavillante iconografia della “capitale”. Ravenna affida tanta potenza espressiva al mosaico, “capace di governare” dagli stessi catini absidali di Sant’Apollinare in Classe e San Vitale. a sinistra: ingresso del sottopasso da Piazzale Aldo Moro. Dettaglio del grande pannello panoramico del territorio di Ravenna eseguito da Franco Franchini. a destra: vista della balaustra dell’ingresso da Piazzale Aldo Moro, lato sud. Sopra il pannello di Franchini le illustrazioni di Finalba Di Pietro, che riproducono i mosaici di San Vitale. Nella Basilica di Classe, Sant’Apollinare appare come ministro di Dio benedicente e dal purpureo mantello ricamato di api, ma in San Vitale, Ecclesio e Massimiano rappresentano, più della spiritualità, la politica di governo e il corteo di Giustiniano e di Teodora, presenti a Ravenna soltanto in effige, ne sono ieratica, viva e potente espressione. I poteri passano all’arcivescovo e ai governatori bizantini, in grado di perpetuare gli antichi fasti imperiali. Nell’etimologia più stretta metropolis ha significato di “città madre” e in quell’accezione si addice ai compiti di governo che via via vengono maggiormente esercitati dagli arcivescovi di Ravenna, che agiscono su mandato del potere bizantino. L’archiepiscopus è metropolita di un territorio che anche nel nome contiene il termine polis: la pentapoli bizantina. I contorni di questa giurisdizione non sono facili da identificare, poiché oggetto di varie interpretazioni. È Massimiano il primo archiespiscopus mandato da Costantinopoli nel 546, i suoi successori assumeranno quel nome di espressione giuridica, poiché enunciata dal codice giustinianeo; Roma però continuerà a chiamarlo episcopus, ignorando che fino alla prima metà del V sec. il vescovo ravennate era anche denominato “papa”. Il capo della chiesa ravennate, nel corso dell’VIII sec. ritorna di fatto al precedente rango, dialogando alla pari col pontefice di romana ecclesia. Nasce così quel periodo di circa tre secoli chiamato dell’autocefalia: la chiesa ravennate è potentissima ed estende i suoi domini fino all’Italia Meridionale e alla stessa Sicilia, dove già nell’anno 666 a Catania, l’imperatore Costante II concede all’arcivescovo di Ravenna i privilegi, diritti che saranno esercitati in regime di parità col pontefice, soltanto un secolo dopo. Nonostante le dimensioni ridotte Ravenna in quel periodo è veramente una città “metropolitana”, capace di governare su un vasto e articolato circondario. L’abitato racchiuso dalle mura contiene un esiguo numero di abitanti, ma sono ben evidenti i palazzi sede delle decisioni giuridiche ed amministrative e i presidi religiosi e politici che rafforzeranno l’organizzazione territoriale extra-urbana nelle campagne a sud della città e nell’area più vasta dell’Italia Centrale, eredità dell’Esarcato bizantino e della Pentapoli. Vista della balaustra dell’ingresso da Viale Pallavicini, lato ovest. La composizione fotografica con alcune porte di Ravenna eseguita da Enzo Pezzi; sopra le illustrazioni di Finalba Di Pietro che reinterpretano alcuni soggetti musivi dell’abside di Sant’Apollinare in Classe. Una piccola capitale I segni dell’antico splendore vengono coperti dai sedimenti del tempo che lentamente allontana il mare. Ravenna mantiene comunque un’aura distintiva. Nell’età imperiale gli Ottoni avevano fatto erigere un palazzo fuori porta San Lorenzo e pare si facessero incoronare dall’arcivescovo ravennate, al quale continuavano a conferire prestigio e poteri. Dalla Signoria Polentana alla dominazione veneziana, la città gode di un dorato isolamento nel quale conclude la sua vita e la sua grande opera, Dante Alighieri. Ravenna resta capitale, non solo per la presenza della sede del legato pontificio che amministra un’ampia porzione della Romagna, ma perché amata e visitata da poeti e letterati, artisti ed eroi. Una piccola capitale che si spalanca, aprendo inaspettati spazi verdi attorno agli antichi monasteri che sembrano vigilare sull’inconfondibile spazio urbano, silenzioso e ricco di edifici che contengono tesori. Il sottopasso pedonale e ciclabile accanto alla stazione ferroviaria ora è simbolico collegamento fra Occidente e Oriente: un passaggio di luce nella storia. Grazie alle suggestioni evocate da graffiti, dipinti, fotografie e disegni, in cento metri Ravenna ritorna città cosmopolita, dove si mescolano lingue ed etnie. Particolare di un graffito del sottopasso, lato sud Sottopasso multicolore che attraversa la storia di Ravenna Da poco tempo il sottopasso che collega la città alla Darsena, tra viale Pallavicini e piazzale Aldo Moro, si presenta con una veste del tutto rinnovata. Il semplice manufatto, un lungo parallelepipedo sotterraneo con scale d’accesso e ascensori ai terminali, riassume per mezzo di pannelli fissati alle balaustre e sulle pareti del tunnel, la storia di Ravenna. Le nuove installazioni che hanno sostituito le vecchie in plexiglass, riproducono i mosaici patrimonio dell’Unesco e fanno scorrere in sequenza immagini evocative di quel che ciascuno può trovare. Chi entra dal piazzale dove “approdano” molti autobus turistici, viene avvolto da una particolare atmosfera: un film multicolore che scorre su entrambe le pareti, ma è il passante che avanza, sia esso ciclista o pedone. La valorizzazione di questa infrastruttura di connessione del tessuto urbano, unico collegamento ciclo-pedonale tra centro storico e darsena di città, diventa un elemento di comunicazione e promozione turistica. L’intervento è stato realizzato dall’associazione “Naviga in Darsena” presieduta dall’imprenditore portuale Paolo Monduzzi e ha ricevuto il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna e della Camera di Commercio. Le illustrazioni sono di Finalba Di Pietro; la consulenza storica di Laura Gramantieri; la ricerca fotografica di Enzo Pezzi; l’illustrazione panoramica di Franco Franchini; il progetto grafico di Giancarlo Gramantieri e Delio Mancini. Total1 0 0 1 Seguici su Telegram e resta aggiornato