La virtù della Giustizia

Dall’introvabile verità all’esercizio del diritto

Secondo Socrate la vera virtù, (da vir, uomo) è unica e si identifica con la scienza, con la conoscenza, dal momento che può agire virtuosamente solo colui che conosce davvero ciò che si deve fare. Ma nel Medio Evo la riflessione sulla virtù indurrà alla elaborazione di un articolato schema classificatorio basato sul tanto prediletto numero sette, secondo cui all’universo dominato dal male (i sette vizi capitali) viene contrapposto quello del bene (le sette virtù, tre teologali e quattro cardinali) rappresentato da figure femminili sedute, grevi, immobili e maestose, contraddistinte da specifici attributi iconografici.

La Giustizia, Cattedrale di Berna, SvizzeraIn un tempo lontano, quando erano le cattedrali e i palazzi pubblici a educare il popolo, il cammino da seguire per giungere a Dio era ben visibile e chiaramente espresso nei cicli affrescati, mosaicati e scolpiti. E generalmente il percorso da intraprendere iniziava dal basso, ed erano proprio i basamenti lapidei delle maestose cattedrali a indicare i primi passi da compiere, a sollecitare gli uomini all’esercizio della virtù, unica garanzia e protezione contro il vizio, suo insidioso antagonista.

Ma per noi uomini pragmatici del XXI secolo, troppo occupati a correre e ad affaccendarci nelle nostre battaglie quotidiane, talvolta lontani dalla fede dalla speranza e dalla carità (le tre virtù teologali), forse è più utile riconsiderare le virtù cardinali, la forza, la prudenza, la temperanza e la giustizia che, in qualche modo, ci toccano più da vicino.
Fra le virtù cardinali, infatti, non ho dubbi che la Giustizia rivesta un ruolo preminente e possa essere un tema per noi particolarmente attrattivo, dal momento che forza, prudenza e temperanza potrebbero risultare vane in un mondo privato della Giustizia.
Per questo motivo spesso la Giustizia, nelle sembianze di una leggiadra figura femminile, munita di spada e bilancia, talora seduta, più spesso stante, è diventata il fulcro di alcune piazze. Spada e bilancia sono i suoi attributi iconografici distintivi ed entrambi assolutamente necessari perché, prima di prendere qualsiasi provvedimento, prima di usare la spada, è necessario pesare, misurare, fare un bilancio utilizzando, appunto, la bilancia.
Come non pensare allora ai grandiosi Giudizi Finali scolpiti sulle facciate della Cattedrali d’Europa, o all’Arcangelo Michele intento a valutare la vita del trapassato. E perché no al suo antenato egiziano, Anubi, che pone su di un piatto della bilancia il cuore del defunto e sull’altro una leggerissima piuma?

Durante un mio tour in Svizzera mi è capitato spesso di incontrare al centro della piazza una fontana sovrastata dalla variopinta scultura della Giustizia.
L’effetto è piacevole e lo sguardo si rasserena pensando che la Giustizia sia proprio questa bella dama dal viso gentile e fornita degli strumenti necessari ad assolvere il suo delicato compito.
Tornata a Ravenna, con questa suggestione ancora vivida negli occhi, mi sono messa a girellare un po’ in qua un po’ in là, desiderosa di incontrare lungo il mio cammino un po’ di Giustizia.
Ma niente da fare! Passando da una piazza all’altra mi è venuto incontro un Garibaldi, un San Vitale un Sant’Apollinare, un’aquila coronata, ma di Giustizia nemmeno l’ombra. Mi sarebbe molto piaciuto vederne una dominare una piazza cittadina.
Ma non mi sono data per vinta e ho continuato la ricerca e la mia costanza infine è stata premiata: ne ho trovata una a coronamento della chiesa del Suffragio, in Piazza del Popolo. Ma quando mi sono fermata per osservarla più attentamente mi sono accorta che mentre nella destra regge un grande spada, la mano sinistra è vuota. Che fine ha fatto la bilancia? Quando è caduta? Perché non è stata ripristinata? Qualcuno se ne è accorto?
Confesso che sono rimasta un po’ delusa e anche turbata, perché ho sempre pensato, e non si tratta di superstizione, che quando i simboli vengono ricoperti dalla polvere, o perdono dei pezzi, non è un buon segnale.

I simboli vanno utilizzati perché carichi di energia e non banalizzati come spesso accade nel linguaggio corrente, quando le parole sono svuotate di valore e impoverite.

Allora sì che comincio a preoccuparmi sul serio, quando osservando il dilagare di cattive pratiche continuo a sentire ripetere, dal relatore di turno, che è indispensabile e auspicabile creare un sistema virtuoso!
Le parole, come sosteneva nel Piccolo Principe Antoine de Saint Exupery, «sono fonte di malintesi», ed io mi permetto di aggiungere che le parole abusate sono un grave crimine che incrementa la nostra contemporanea Torre di Babele.
Non volendo darmi per vinta ho comunque proseguito nella mia ricerca fiduciosa che una ricognizione in quell’eccezionale forziere che è il Museo Nazionale non avrebbe deluso le mie aspettative.
Infatti, esplorando la collezione degli avori, il cofanetto eburneo con le storie di Stella e Mattabruna mi ha dato grande conforto perché, a coronamento dell’eterno conflitto fra una perfida regina e una dolce fanciulla, è rappresentata al completo la serie delle sette virtù.
Poi, qualche giorno dopo, un’altra scoperta, nella minuscola chiesa di san Carlino (purtroppo quasi sempre chiusa), autentico gioiello del Settecento ravennate, seguendo le indicazioni del pieghevole messo a disposizione dei visitatori, ho potuto vedere che sulla volta sono dipinte a monocromo le quattro virtù cardinali. Ma talmente piccole e talmente in alto che solo con notevole sforzo e con un binocolo possono essere osservate.
Allora, ripensando ai basamenti lapidei delle cattedrali di Chartres, Parigi e Amiens, dove le virtù, necessario gradino e fondamento di ogni possibile elevazione, possono essere lette e viste ad altezza d’uomo, ho avuto per un attimo la percezione che le virtù, col trascorrere dei secoli, abbiano proprio preso il volo!
Quasi che la Giustizia non possa più essere governata concretamente dagli uomini, ma solo dipendere dalla clemenza di Dio!

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