Il paesaggio muta e nasce la Banca della terra

Abitare Il Territorio :5 2017jpg02Un archivio online censisce a livello nazionale i terreni non coltivati e un bando li riassegna

Ravenna è inserita in un Comune da 654 chilometri quadrati, metà dei quali occupati da terreni agricoli che circondano il centro urbano. Nel susseguirsi di frazioni e località, zone umide, litorale, ambienti naturali, aree portuali e industriali, il paesaggio ravennate non assomiglia per varietà e complessità a nessun altro. Un  paesaggio che muta nel tempo con l’azione dell’uomo e a volte sotto la forza degli elementi; la grande pianura strappata alle acque è costellata da ampi possedimenti, da colture intensive e frutteti. Tra i soggetti cooperativi e i grandi proprietari vive una rete di medie e piccole aziende con terreni da 30-40mila euro all’ettaro. Dopo la fase dello spopolamento negli anni Ottanta è seguita la crescita, ma la crisi degli ultimi dieci anni ha colpito duro, riducendo ricavi e azzerando redditività consolidate. Scompaiono così i frutteti e il paesaggio torna ad avere linee orizzontali, ma non scompare chi all’agricoltura dedica la propria vita e affida il proprio sostentamento e benessere.Tanto che anche la politica guarda al fenomeno e comincia a mettere in campo azioni, risorse e strumenti urbanistici per sostenere aziende esistenti e favorire la nascita di nuove realtà imprenditoriali, che non esauriscono la propria attività nello sviluppo di filiere produttive di beni e servizi nei settori agro-alimentare e agro-energetico, ma si impegnino anche in quello turistico, culturale, ambientale e artigianale. Per gli agricoltori cosiddetti di prima generazione che quindi non hanno aziende di famiglia alle spalle, esistono nuovi strumenti come la Banca della Terra, una sorta di archivio online dei terreni agricoli non utilizzati da affidare tramite bando. Il progetto, avviato in Italia nel 2012, offre nuove opportunità di lavoro, specie per le giovani generazioni. Nata in Toscana poi sostenuta da leggi regionali in Trentino, Molise, Liguria e in altri territori prevede dapprima il censimento dei campi lasciati incolti di proprietà pubblica e privata e di quelli confiscati. I terreni vengono poi messi a disposizione degli agricoltori privi di appezzamenti da coltivare, con precedenza ai giovani che si impegnano in attività innovative o nell’agricoltura biologica o in progetti sociali e sostenibili.

La rinascita dei territori introduce anche il tema della difesa dal rischio idrogeologico e innesca un circolo benefico per l’economia locale. Il progetto prevede l’assegnazione dei terreni tramite bando con contratti di affitto e concessione e compravendita con mutuo agevolato. Una cooperativa si può candidare a coltivare direttamente un terreno in abbandono o organizzare un’attività di conduzione dei terreni; oppure può promuovere la formazione di una nuova azienda agricola. Nel caso di insediamento di un’impresa individuale il soggetto richiedente dovrà insediarsi quale capo azienda. In Emilia Romagna esistono alcuni terreni compresi nel bando 2017 di ISMEA, l’Ente economico del Ministero delle Politiche Agricole. A disposizione ci sono 65 milioni di euro.
Sul fronte del ritorno alla terra le maggiori competenze sono in ambito regionale, ai comuni resta la possibilità di sostenere attività e promuovere buone prassi, fatta salva la pianificazione urbanistica, dove gli strumenti possono influire non poco specie sul recupero di fabbricati storici documentari o nell’inserimento regolato di nuove edificazioni a servizio delle attività aziendali.

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Tavola che indica le zone umide e quelle agricole (Piano Paesaggistico Nazionale)

«Nello scorso mandato – spiega l’assessore alle attività produttive del Comune di Ravenna, Massimo Cameliani – abbiamo cercato di portare l’agricoltura in città, aprendo spazi pubblici ai mercati contadini cercando di educare i cittadini al consumo di prodotti freschi e di stagione, il cosiddetto chilometro zero. Penso a Madra, ai mercati del lunedì e giovedì in piazza della Resistenza, del martedì in viale Farini e al biomarché del martedì in piazza San Francesco. Una presenza, specie nel periodo invernale molto apprezzata dai cittadini e ora anche dai ristoratori, che si affidano sempre di più ai prodotti di stagione orientando l’offerta gastronomica verso una rivisitazione della tradizione, caratterizzando le proposte sul territorio, presentando una proposta non omologata. Ravenna poi conserva quel fenomeno sociale che sono gli orti comunali al limitare delle città. Ora si parla di orti urbani, bene, noi li abbiamo da anni. Ricordo con piacere il progetto “Orto in condotta” delle scuole di Piangipane e della Riccardo Ricci. Diamo inoltre un contributo ad Agrifidi per l’accesso a prestiti ad interessi calmierati. Penso poi all’azienda di diritto pubblico Marani che è in liquidazione e sta per essere acquisita. Lì vorremmo che si facesse della formazione in ambito agricolo. Infine un progetto di agricoltura sociale a cui tengo molto, seguito con l’assessora Morigi. Un bando regionale mette a disposizione contributi ad aziende agricole selezionate dai comuni. Abbiamo individuato un’azienda che inserisce lavoratori disabili per la produzione di ortaggi, un passo importante, ben poco praticato».

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