Post razzista in ospedale, Selvaggia Lucarelli: «Si giustifica con la solita scusa»

La firma de Il Fatto Quotidiano ha denunciato dalla sua pagina Facebook il caso di un ravennate che sul social aveva scritto: «Siamo in stanza con le scimmie». La blogger: «Spiego brutalmente a questi leoni da tastiera che le azioni online hanno conseguenze»

Selvaggia1«Di solito rispondono tutti la stessa cosa quando metto in mostra i loro post infamanti sui social: otto su dieci si difendono dicendo che qualcuno è entrato nel loro account o ha usato il loro telefono senza che se ne siano accorti. Non è facile uscirne facendo bella figura ma ci provano, un po’ come quei politici che hanno polizze e case intestate a loro insaputa…». La celebre blogger Selvaggia Lucarelli, volto noto della tv e opinionista de Il Fatto Quotidiano, non nasconde tutto il suo scetticismo di fronte alla spiegazione del ravennate che da una camera dell’ospedale di Ravenna ha pubblicato su Facebook un messaggio di insulti razziali diretti ai familiari di una donna di colore che aveva partorito e condivideva la stanza con la moglie. «Siamo in camera con le scimmie», aveva scritto. Raggiungiamo Lucarelli al telefono mentre sul web la polemica rimbalza tra la bacheca della conduttrice, quella del diretto interessato e quelle dei gruppi che stanno rilanciando lo scontro.

Quindi si è fatto vivo dopo il suo post?
«Mi ha scritto un messaggio privato che poi ha reso pubblico sulla sua bacheca e io farò altrettanto come mi ha richiesto, replicando pubblicamente a questo leone da tastiera. Parla di uno scherzo fatto da ragazzi che avrebbero preso il suo telefono mentre lo aveva lasciato incustodito…».

Dal tono non sembra averla convinta…
«Diciamo che allora gli capita spesso di essere vittima di questi scherzi perché ora ha ripulito un po’ il suo profilo ma prima di farlo non era difficile trovare altri post pubblici di contenuto simile come ad esempio augurare le camere a gas per chi ricorre all’utero in affitto. Se vuoi passare per vittima di uno scherzo ci vorrebbe un po’ di coerenza. Oltrettutto è un’accusa vigliacca perché passa la patata bollente a qualcun altro».

Scherzi o intrusioni negli account digitali però esistono…
«Io credo di essere la persona in Italia più bersagliata in questo senso. Praticamente ogni giorno Facebook mi avvisa di un tentativo di intrusione eppure finora non mi è mai capitato nulla del genere…».

Come ha scoperto questo post da Ravenna?
«Ormai è un più di un anno che mi occupo di questi gruppi beceri su Facebook (nel caso specifico si tratta di “Pastorizia Never Dies”, ndr) e mi arrivano segnalazioni».

PostNel suo post si augura che l’ospedale prenda posizione anche facendo querela. È quello che ci si deve aspettare dall’Ausl?
«Penso ci siano tutti gli estremi per un’azione di questo tipo. Stiamo parlando di un post fatto da dentro una stanza del reparto in un momento di felicità che un’altra famiglia stava vivendo per la nascita di un figlio. Credo che l’ospedale dovrebbe tutelarsi da queste barbarie e anche se fossi la signora nella foto farei denuncia».

Viene spontaneo chiedere perché stia portando avanti questa battaglia che pare contro i mulini a vento…
«Lo faccio perché è indecedente che non si comprenda ancora che l’uso barbaro di questi mezzi di comunicazione ha conseguenze sulla realtà fuori dai social. Mi interessa far capire alla gente che certe azioni hanno conseguenze».

Un po’ legge del taglione…
«Quali altri modi ci sono per farlo capire a queste persone? Non ne conosco e allora glielo spiego brutalmente».

Nessuno scrupolo prima di pubblicare gli screenshot e puntare il dito contro qualcuno?
«Ci penso due volte solo se di mezzo c’è un minorenne. Ma se parliamo di maggiorenni presenti a se stessi non capisco perché si debba avere la carineria di coprire il nome. Voglio solo ricordare a queste persone che scrivere sui social va fatto con attenzione. Io me lo ricordo quando lo faccio anche perché in passato ho sbagliato, un errore per disattenzione, e ho giustamente pagato cinquemila euro di danni a una persona».

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