Milano Marittima, tra risse e divieti a rischio il fascino del salotto buono

Gli imprenditori della movida critici verso alcune scelte del Comune: «Non c’è più un’offerta per i giovani»

Caino

Il locale Caino, esterno

Un modello da rivedere: dopo anni sulla cresta dell’onda a Milano Marittima le cose, sentendo l’opinione degli imprenditori che animano la movida notturna, non sembrano più andare per il verso giusto. L’immagine dell’estate 2017 potrebbe essere riassunta nella maxi rissa davanti al Pepita all’inizio di luglio, seguita a un’altra lite che era avvenuta in un’altra zona della città. Una lite che ha portato a sette arresti e al ferimento di Ettore Cabrini, fratello del celebre ex calciatore Antonio e gestore del ristorante, che nell’occasione ha preso un pugno in faccia mentre cercava di raddrizzare un tavolino caduto durante la rissa. «È evidente – dichiarò a caldo – che esiste un problema di sicurezza a Milano Marittima».

Federica Mazzavillani (Caino)/ Francesco Iasi (Il Pirata)/Ettore Cabrini (Pepita)/Michele Mauri (La Piazzetta)

Cervia e Milano Marittima non potrebbero essere in questo momento più distanti. Mentre nella Città del Sale tutto sembra filare per il verso giusto, quello che è sempre stato il suo salotto buono mostra i segni del tempo. «Anche quest’anno purtroppo è andata male – ci dice Federica Mazzavillani, storica proprietaria del Caino, locale che si trova nel cuore pulsante di Milano Marittima –. Giugno era iniziato bene, invece il resto della stagione è stato deludente. Imbarazzante, in particolare, agosto». A mancare sono i giovani: «Non c’è nessun tipo di offerta per loro, fino a 5/6 anni fa non era così. La decisione dell’amministrazione di aprire alla spiaggia la ristorazione ci ha danneggiato, è una scelta che ci sta mettendo in ginocchio». Tra le osservazioni di Mazzavillani anche una questione che riguarda gli orari in cui i locali del centro devono interrompere l’intrattenimento musicale: «In estate entro l’1.30, in autunno invece fino alle 3. Mi pare un controsenso. Se abbiamo provato a parlare con l’amministrazione? Sì ma è inutile, non abbiamo speranza».

L’ordinanza che ha liberalizzato le attività della spiaggia non è l’unico problema segnalato. La crisi che sta toccando il mondo delle discoteche incide su Milano Marittima e favorisce la più tranquilla Cervia che ha puntato meno sulla movida (intesa come discoteche e street bar) e più sulla ristorazione. Così alcuni imprenditori che hanno investito nella località si sono pentiti. Michele Mauri è uno di loro e qualche settimana fa aveva mandato un accorato appello perché il suo ristorante, La Piazzetta (aperta lo scorso anno al posto de La Frasca), si trova in una zona del paese che – dice – «è ormai ostaggio del degrado, con strade sporche e desolate». Si tratta della rotonda Don Minzoni, situata in una zona che «l’amministrazione evidentemente considera come la terra di nessuno». Mauri lamenta anche la difficoltà di entrare in alcuni eventi che «sono a numero chiuso». In definitiva una situazione di «degrado» che lo ha fatto pentire dell’investimento fatto soltanto un anno fa.

A Cervia, invece, l’ordinanza preoccupa molto meno. Francesco Iasi, titolare de Il Pirata, anche lui imprenditore da vent’anni, risponde così sul tema: «Non sono molto preoccupato della ristorazione in spiaggia: chi mangia al mare è un cliente diverso da quello a cui puntiamo noi. Certo, sarebbe un bene che gli stabilimenti che vogliono fare ristorazione si adeguassero alle nostre regole: non mi piace molto farmi servire da un cameriere in maglietta». La stagione del Pirata però è andata molto bene. Iasi semmai punta il dito contro il cronico problema italiano, quello delle tasse: «Non possiamo scegliere di lavorare meno perché il cliente vuole trovarti aperto a pranzo e a cena. La scelta obbligata è stare aperti molte ore, ma così i costi aumentano e alla fine ti trovi con lo stesso guadagno. La stagione comunque, almeno quanto a mole di lavoro, è andata bene».

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