La madre di Giulia: «Cagnoni ha buttato i vestiti di mia figlia». Poi lui la insulta

Ottava udienza / In aula Rossana Marangoni riporta quello che la nipotina di 11 anni, figlia maggiore della vittima e dell’imputato, le ha raccontato dopo aver parlato con il nonno paterno e padre del dermatologo alla sbarra per omicidio. E spunta anche la massoneria: il notaio amico rivela che Cagnoni faceva parte della loggia la Pineta

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Processo Cagnoni, 15 dicembreUna nonna sa che dovrebbe mantenere un segreto confidatole da una nipotina di undici anni ma se rivelarlo può servire per fare giustizia sulla morte della madre di quella nipote, nonché propria figlia, allora vale la pena uno strappo alla regola. È quello che ha fatto Rossana Marangoni oggi, 15 dicembre, parlando dal banco dei testimoni davanti alla corte d’assise di Ravenna nell’ottava udienza del processo in cui il 52enne dermatologo Matteo Cagnoni è imputato per l’omicidio della 39enne moglie Giulia Ballestri. «Mia nipote è una ragazzina sveglia – dice la donna rispondendo con voce chiara alle domande di accusa e difesa –, un paio di mesi fa ho saputo una cosa da lei e avevamo deciso che sarebbe rimasto un segreto fra noi. Non l’ho detto nemmeno al nostro avvocato. Ma oggi in tribunale credo che invece sia giusto dirlo». La nipote, la più grande dei tre figli della coppia che ora di fatto vivono tra nonni materni e il fratello della vittima, le avrebbe riportato il racconto ascoltato dal nonno paterno, il padre dell’imputato: i vestiti e gli effetti personali di Giulia – indossati il 16 settembre 2016 quando è stata uccisa a bastonate nello scantinato di una villa disabitata di proprietà della famiglia Cagnoni in via Padre Genocchi a Ravenna – non sono mai stati ritrovati dagli investigatori perché il papà della bambina li ha buttati in un cassonetto dell’immondizia. La piccola l’avrebbe saputo in occasione di un pranzo: da un po’ di tempo aveva espresso il desiderio di poter conservare la borsetta e l’orologio della madre come ricordi e così ha chiesto al nonno dove fossero finiti.

Un colpo di scena inatteso, una rivelazione esplicita arrivata al termine di due ore di testimonianza in cui la 69enne ha conservato compostezza e serenità nel ricostruire i contorni «del fattaccio», come lo definisce lei stessa. Un fiume di parole, punteggiate da una cadenza veneta, che mostrano una donna coriacea e piena di orgoglio che non si è lasciata sfuggire l’occasione di qualche stoccata al genero. Mai un cedimento nella voce, come invece era accaduto all’altro figlio Guido, mai una lacrima, mai una indecisione nel racconto. Ma non si pensi al quadretto agiografico della vittima e a quello demoniaco del genero, dipinti da una madre assetata di vendetta: Marangoni non ha risparmiato critiche a certi comportamenti della figlia così come non ha lesinato in apprezzamenti all’imputato. Che però ha reagito perdendo le staffe in un momento di pausa del dibattimento quando a voce alta ha volgarmente insultato la suocera prima di essere trattenuto dagli agenti di polizia penitenziaria. Più tardi l’uomo ha chiesto la parola per scusarsi di fronte alla corte: «Mi sono accalorato ma non vedo i miei figli da 14 mesi ed è una sofferenza, oggi ho sentito cose che per conto mio non stanno né in cielo né in terra e da tre udienze vengono continuamente provocato da mio cognato. Chiedo scusa e ora il mio contegno sarà ineccepibile». E pensare che era entrato in aula dentro un dolcevita raffinato sfoggiando una serenità tale da mettersi a leggere il giornale nella gabbia in attesa della corte, quasi a prendersi gioco dei fotografi.

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Processo Cagnoni, 15 dicembreLa deposizione della madre di Giulia ha toccato tanti punti, a partire da quel corteggiamento nato tra un dermatologo e una sua paziente tra 2004 e 2005. Sulla base dei racconti della figlia le cose fra i due coniugi sarebbero andate bene per almeno una decina di anni. E la donna ha ammesso che forse non è stato il genero che poi è cambiato diventando più oppressivo, perché determinato e controllore lo era da sempre: «Giulia era una pigrona di natura e magari fino a un certo punto le è andato bene che fosse lui a decidere tutto e organizzarle tutto fino ai dettagli. Poi quando i figli sono diventati un po’ più grandi ha cominciato a sentire il bisogno di guardarsi attorno, di riprendersi degli spazi e soffriva di dover chiedere il permesso per ogni cosa o di sentirsi controllata in tutto. Certe volte per dimostrare che era davvero a casa mentre il marito era fuori doveva inviargli una foto sul telefono».

Della crisi coniugale Marangoni ne ha saputo solo a gennaio del 2016: «Me lo disse mia figlia, mi diceva “non ne posso più”. E io cercavo di invitarla a ragionare, a riflettere, a non prendere decisioni affrettate perché di mezzo c’erano tre bambini». Anche per questo dice di aver apprezzato quando Cagnoni la invitò nel suo ambulatorio per esprimerle tutta la sua amarezza per quella storia che stava naufragando: «Si meravigliava che le cose non andassero più bene, l’insofferenza di mia figlia lo turbava perché non capiva la motivazione. Mi sembrava un atteggiamento propositivo». Mentre della relazione extraconiugale con Stefano Bezzi è venuta a conoscenza solo ad agosto 2016, direttamente dal genero che si è presentato a casa sua per informarla: «Mi disse che lo considerava un “ignorantone” e per questo non lo poteva accettare. Giulia mi disse che non era una relazione poi così importante, disse che le dava un po’ di allegria ma non la definì un grande amore. Non c’erano progetti di vita comune».

Processo Cagnoni, 15 dicembreMadre e figlia si sono viste per l’ultima volta il 14 settembre, due giorni prima dell’omicidio: «Due ore e mezza di chiacchiere in cui mi ha raccontato di tutto». A partire da quell’accordo informale che credeva di aver raggiunto in vista della separazione: «Lui avrebbe versato a Giulia ogni mese mille euro per il mantenimento di ogni figlio e una cifra simile per lei. Poi erano andati da un avvocato a Forlì che in teoria doveva essere super partes e si era sentita dire che le cose potevano essere ribaltate perché Cagnoni era nulla tenente in quanto aveva venduto le sue proprietà al fratello. Giulia si alzò e andò via dallo studio».

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Dal racconto della donna emergono anche dettagli che tratteggiano meglio come mai Giulia e Matteo andarono nella villa di via Genocchi il 16 settembre: «Mia figlia mi ricordò un quadro orrendo che avevano tolto dalla casa e mi disse che il marito le aveva chiesto di andare con lui nella villa per fotografarlo e mandare le immagini a un compratore pronto a pagarlo 50-60mila euro da dividere poi nel divorzio. Lei non voleva nemmeno prendere i soldi ma io le dissi che le spettavano e che quindi li prendesse. Però mi lasciò perplessa che servissero foto se il compratore era già d’accordo». Ma perché in due insieme per delle semplici foto? «Matteo non voleva andare in quella casa da solo, diceva che era abitata dai fantasmi ed era stata usata per sedute spiritiche. Io dissi a Giulia di andare da sola che tanto noi non abbiamo paura di quelle cose ma lei mi rispose che lui aveva insistito per andare insieme. Non mi disse quando sarebbero andati». Le sedute spiritiche sono una circostanza già emersa in altre testimonianze. Ad aggiungere un’altra pennellata di torbido ci pensa il notaio Fabrizio Gradassi che si occupò proprio della cessione dei beni di Cagnoni: al pubblico ministero risponde che la Pineta è una loggia massonica di cui lui non faceva parte ma l’imputato sì.

La madre e il fratello di Giulia Ballestri in tribunaleNelle tante parole di Marangoni c’è poi anche tutta l’ansia e le anomalie delle ultime ore prima del ritrovamento del cadavere, avvenuto poco dopo la mezzanotte tra domenica 18 e lunedì 19 settembre. Dalla sera prima la madre ha saputo che Giulia non è reperibile, lei stessa chiama al fisso dei consuoceri a Firenze e il padre dell’imputato le risponde che là c’è solo Matteo con i tre figli e non Giulia. La domenica parla con il genero al telefono mentre lei passeggia sulla palizzata di Marina: «Gi dico che Giulia non si trova da due giorni e lui mi dice che forse era con il fidanzato ma io sapevo che non era così. Poi Matteo mi racconta che l’ha visto per l’ultima volta verso il mezzogiorno del sabato sotto casa loro in via Bruno quando lui è salito per prendere le valigie sue e dei figli per andare a Firenze a trovare la madre che non stava bene. Mi sembrò molto strano che rimanesse a Firenze mentre la moglie non si trovava, anche se erano in crisi credo fosse normale partire per venire a Ravenna. Gli dissi che la polizia stava per andare a casa loro e avrebbero sfondato la porta per vedere se aveva avuto un malore in casa. A me non sembrò preoccupato». Nessuno poi da Firenze chiamò la donna per avere notizie.

 

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