Come si ri-costruisce una coreografia?

Il progetto RIC.CI in scena il 26 giugno all’Alighieri

Upper East SideIl progetto RIC.CI (Reconstruction Italian Contemporary Choreography) – che porta in scena storiche coreografie con giovani interpreti – è nuovamente protagonista al Ravenna Festival 2015, con il riallestimento di e-ink, una coreografia di Michele Di Stefano, Leone d’Argento alla Biennale Danza 2014. Forte del successo che il duetto ottenne nel 1999 con la compagnia Mk, viene portato in scena dai giovani ballerini di Aterballetto, venerdì 26 giugno alle 21, nella cornice del Teatro Alighieri. La coreografia apre un trittico tutto italiano, di cui fanno parte anche Upper-East-Side, sempre di Di Stefano, e Tempesta/The Spirits di Cristina Rizzo.
Ideatrice, nonché direttrice artistica del progetto, è la critica di danza Marinella Guatterini. L’abbiamo intervistata.

Quando è nata l’idea?
«Avevo in testa l’idea già dal 2010 ma si è concretizzata solo l’anno dopo, grazie a questa immensa macchina di produttori e organizzatori che si sono resi disponibili. Avevo già elaborato un “Progetto neoclassico” per il teatro della mia città di origine, il Ponchielli di Cremona, per sottolineare una rivoluzione del balletto e del linguaggio accademico. Ho voluto esprimere un mio pensiero su questo avvicinamento del contemporaneo al linguaggio del balletto, della danse d’école. Anche il progetto RIC.CI nasce come  una mia osservazione critica su quanto stava accadendo a livello internazionale. Vedevo che al di qua e al di là dell’oceano i coreografi contemporanei riportavano alla luce i loro repertori passati, quelli dell’inizio della loro carriera, e questo mi è sembrato interessante».

e-inkNon a caso il progetto ha per sottotitolo eloquente “Mettiamo in moto la memoria”…
«Sì. La sua principale finalità è riconoscere il passato prezioso, creativamente originale, spesso profetico della nostra coreografia contemporanea. Il valore della memoria non poteva essere perso. In riferimento all’Italia, mi domandavo: “Perché dimentica il proprio passato?”. Eppure viviamo in città straripanti di passato. Prima di allora nessuno aveva pensato a questa valorizzazione. Avrei potuto limitarmi a scrivere un libro, ma ho preferito vedere se si creavano le condizioni affinché alcune coreografie topiche degli anni Ottanta e Novanta potessero essere ricostruite, ovviamente dallo stesso coreografo, ma portate in scena da giovani interpreti, come un ideale passaggio del testimone».

Qual è il bilancio di questi cinque anni di progetto?
«Decisamente positivo grazie anche a continue sorprese. Negli anni ’80 e ’90 c’era un fermento particolare di ricerca che coinvolgeva tutte le arti, dal teatro alle arti visive, dalla danza all’arte contemporanea. e-ink è l’ultimo in ordine di tempo, dopo che negli anni abbiamo riallestito: Duetto di Virgilio Sieni e Alessandro Certini, una produzione del 1989 per il non più esistente gruppo Parco Butterfly, affidata alla compagnia Fattoria Vittadini; Calore di Enzo Cosimi, creazione del 1982, dell’allora compagnia del coreografo, denominata Occhèsc, affidata alla compagnia Enzo Cosimi; La Boule de neige di Fabrizio Monteverde del 1985, una produzione della non più esistente compagnia Baltica, affidata al Balletto di Toscana Junior; Terramara di Antonella Bertoni e Michele Abbondanza del 1991, affidata alla compagnia Abbondanza/Bertoni; Pupilla di Valeria Magli risalente al 1983, portata in scena dalla DanceHaus Company. Per meglio svelare al pubblico il processo di ricostruzione, offriamo una documentazione precisa che, oltre alla riproduzione completa degli spettacoli, comprende interviste, libri e ‘capsule del tempo’, ossia documentari».

Quali sono state le sorprese?
«Le produzioni hanno avuto un insperato successo. Per esempio Calore è in giro da tre anni anche all’estero, Terramara da due. La critica è sempre stata entusiasta. La fatica di mettere insieme otto diverse ‘teste’ e organizzatori dal Nord al Sud, alla fine ha ripagato. Per e-ink credo ci siano tutte le condizioni perché possa fare altrettanto bene».

TempestaQuali sono i punti di forza di e-ink?
«È un duetto straordinario, anche nella versione di Aterballetto, una grande compagnia che ha accettato di prendere parte al progetto. Rivela una grande freschezza, una varietà e un corpo coreografico su cui vale la pena riflettere. Un lavoro breve, di appena dodici minuti, ma di notevole intensità e di grande pulizia coreografica. Il lavoro che Di Stefano creò nel 1999 per la sua compagnia Mk, acquista oggi con i danzatori di Aterballetto, Damiano Artale e Philippe Kratz, un’altra dimensione per la loro più elevata alfabetizzazione. Un lavoro d’esordio che ha avuto al suo apparire una grande fortuna di pubblico e critica, con oltre 70 repliche in Italia e all’estero».

Quale sarà la prossima “ricostruzione“ coreografica?
«È già pronto Uccidiamo il chiaro di luna, lavoro coreografico di Silvana Barbarini sul futurismo molto bello e con tanti interpreti».

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