Il mosaico che non ti aspetti: tra le opere più curiose della mostra al Mar

Ovvero: “Stranger things” al Mar, a caccia di pezzi che se non fossero in un museo…

Pubblichiamo una panoramica tra le opere più curiose della mostra in corso (fino al 7 gennaio nell’ambito della biennale Ravenna Mosaico) al Mar di Ravenna sulla scultura in mosaico “Montezuma, Fontana, Mirko”.

Potremmo chiamarle “Montezuma’s stranger things”, in omaggio alla fortunata serie, o “Non tutto è mosaico quel che luccica” (e viceversa). Comunque le si dica, una cosa resta certa: tra le grandi lezioni di questa nutrita Biennale del Mosaico (oltre a quella sempre valida di recensire le mostre dopo, e non prima, di averle visitate) c’è anche ribadito, anzi urlato direttamente dall’ugola vibrante della testa di Mirko – “uomo immagine” del progetto – un assunto fondamentale del contemporaneo, ovvero guardare con la mente prima che con gli occhi. E se si vuole vedere bene, anche la mente dev’essere aperta: accantonate le tessere classiche, siamo quindi andati a caccia di opere (vedi gallery qui sotto) che, se non fossero inserite in una mostra sulla scultura musiva, probabilmente non a tutti sarebbero parse subito di mosaico. E invece…

È buono qui, è buono là
Questa bustona di tè (foto 1 nella gallery qui sopra) che vogliamo pensare aromatizzato è dell’ucraina Zhanna Kadyrova e si chiama proprio Tea Bag. Fa bene agli occhi e fa bene al cuore come il celebre tè deteinato di un vecchio spot, perché, citando Maria Rita Bentini, qui il mosaico composto da grandi piastrelle spezzate è «de-costruttivo, anti-retorico e non senza ironia».

Sovranità vischiosa
Apre la sezione animalier questo memento mori di chiocciole (foto 2) che però sono (erano?) vivissime. I pervicaci animaletti vengono composti dall’artista in una Corona, ma giustamente appena possono se ne vanno a zonzo scoprendo presto di essere chiusi dentro una teca. Opera del pugliese Massimo Ruiu, questo mosaico vivente ci ricorda che anche i gusci hanno un’anima (e non sempre sono di buon umore).

Vedo non vedo
Nicola Bolla oltre che artista e figlio d’arte è anche oculista, ma il suo Ostrich Player – uno struzzo mosaicato a carte da gioco (3), proprio non vuole vedere e caccia la testa in un sacco di rifiuti. Alla straordinaria creatività del Nostro, che si divide tra Saluzzo e Torino, dobbiamo anche un paio di ossari brillanti di hirstiana memoria, tra cui la Vanitas still life (4) dove le “tessere” sono cristalli Swarovski.

Gattini, lupi per agnelli e “porci-cani”
La fattoria musiva prosegue con le mille “vite” del gatto (5) di Pietro D’Angelo che a quanto pare ama gli oggetti acuminati e lo ribadisce con il Ritratto di ragazza con coda di cavallo (6) realizzata con puntine da disegno, e con L’albero della vita (7) dove due fanciulli sorreggono simbolicamente un bonsai (tutto fatto di graffette).
Attenzione a non confonderli, dato che sono A un rio medesimo dalla sete spinti il lupo e l’agnello della ravennate Roberta Maioli (8): in comune hanno il vello mosaicato a conchiglie e malta cementizia. Sempre in area ravennate, la poetica del frammento porta gli animali fantastici di Giuliano Babini tra l’arte e il design: il cornutissimo Bucranio (9) ad esempio camuffa il mosaico tra materiale organico, lapideo e legno combusto. A voi l’arduo compito di scovarlo.
Chiudiamo in bellezza lo zoo con un bel Porcocane (10) che ci sta sempre: Gianluca Malgeri usa frammenti ceramici come due grandissimi, il modernista Antoni Gaudí e l’impronunciabile Friedensreich Hundertwasser.

Warm bodies
Umani, simulacri o arrendevolmente “cosi” come il criptico Corpo musivo ravennate (11) di Marcelo De Melo in cui possiamo riconoscerci tutti noi uniti sotto lo stemma dei leoni giallorossi. Siamo “dolcemente complicati” e ci piace esserlo: ben ci rappresenta questa ricettina facile-facile composta da “paste vitree, materiale lapideo, metallo, plastica, legno, gomma, latex, rete metallica, vernice, gesso, schiuma espandibile, materiale organico, cavi, oggetti di recupero”.

Venere in posticcia, rubik e cappucci
É fatta di unghie finte e porta uno straccio da pavimenti in testa la Venere (12) di Enrica Borghi: nulla da invidiare in quanto a colori ai pixel di cubi di Rubik firmati Invader (13) e al pattern di cappucci spray di Hassan (14).

(Anche) Tutto questo, signori, è mosaico.

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