Geniale “Emmissima”, figurinista, scenografa, costumista

Alla biblioteca Classense finalmente l’omaggio all’eclettica artista ravennate che nel corso del Novecento lavorò per il teatro, il cinema, la Tv, ma fu anche ricercatrice e conservatrice. Esposti disegni autografi, fotografie di scena, spezzoni video

Emma Calderini CostumiNel corridoio grande della Classense di Ravenna è stata inaugurata una mostra che aspettavamo da tempo: è dedicata alla ravennate Emma Calderini (1899-1975), una donna che nel corso della vita ha raggiunto una visibilità nazionale come figurinista, scenografa, costumista per il teatro, cinema e televisione, storia del costume. Collaboratrice di riviste e musei, questa artista eclettica ha realizzato tavole per alcune pubblicazioni che rimangono tuttora fondamentali per lo studio dell’abbigliamento e dell’etnografia.

La biografia della sua luminosa carriera parte da Ravenna dove nasce da Lucia Leoni e Dario Calderini, responsabile di una delle più antiche tipografie cittadine. Dopo gli studi magistrali, frequenta la locale Accademia di Belle Arti sotto la guida di Giovanni Guerrini, Enrico Piazza e Alessandro Massarenti ma è soprattutto l’insegnamento del primo che indirizza la sua attenzione alle cosiddette arti minori. In questo giro di anni inizia a lavorare come disegnatrice per il Genio della Marina ma nel 1922, alla morte dei genitori, si trasferisce a Milano dove apre uno studio assieme a Umberto Zimelli, un artista forlivese probabilmente conosciuto in Accademia che le sarà amico per tutta la vita.

Nonostante la partecipazione a diverse Biennali a Monza e Milano dove presenta pezzi ceramici, a intaglio e produzioni in vari campi artigianali, Calderini manifesta un’abilità eccezionale per il disegno di figurini che esegue a centinaia per le maggiori riviste di moda dell’epoca – “Amica”, “Lidel”, “La moda”, “Grazia”, Donna” – e per le più importanti sartorie di Milano. Un anno dopo il suo arrivo nel capoluogo lombardo inizia a collaborare come costumista teatrale, un settore in cui nel 1928 raggiunge notorietà nazionale grazie alla realizzazione dei costumi di alcune opere teatrali classiche messe in scena ad Agrigento dal famoso traduttore e grecista Ettore Romagnoli.

È l’inizio di una brillante carriera che Calderini condivide con vari registi: da Anton Giulio Bragaglia – con cui collabora per tutta la vita – a Corrado Pavolini, Enzo Ferrieri, Enrico Fulchignoni, Renato Simoni. I maggiori teatri e spazi di danza italiani – il Teatro della Arti e il Valle di Roma, l’Alfieri di Torino, la Villa reale di Monza, la Scala di Milano, il Massimo di Palermo – richiedono la sua professionalità per costumi e scenografie che spaziano dal teatro classico a quello contemporaneo fino a particolari produzioni esotiche. L’approccio della costumista è filologico e basato su tutto il materiale visivo reperibile che viene collezionato in modo maniacale per gli anni a venire. Le sue creazioni vengono richieste dalle maggiori stelle della danza: Maria Gambarelli e Jia Ruskaja le richiedono abiti di scena così come le attrici Paola Borboni e Irma Gramatica. Probabilmente è la professionalità a renderle merito: da biografie e documenti dell’epoca si sa che Calderini opera con una precisione maniacale nel lavoro, che esegue valutando le scene singole e di gruppo, la variabilità di resa di stoffe e colori sotto le luci di scena.

Dagli anni ‘40 iniziano i lavori per il cinema: Emma esegue i costumi per Quattro passi fra le nuvole di Blasetti e per il kolossal in costume La cortigiana di Babilionia di Carlo Ludovico Bragaglia, mentre subito dopo al 1954, anno di nascita della televisione nazionale, lavora alla realizzazione degli abiti di scena per alcune produzioni assai popolari come I promessi sposi e Il mulino del Po per la regia di Sandro Bolchi. La sua attività intensa si amplia alla scenografia per il teatro, per il cinema, la televisione, in collaborazione con vari autori fra cui Enrico Prampolini e il grande Emilio Luzzati.

Altrettanto importante è ricordare che tutte queste collaborazioni – terminate solo nel 1975, alla sua scomparsa – avvengono in contemporanea ad una continuità di studi sulla storia di abiti, acconciature, oggetti d’uso, costumi popolari, che si sedimentano in una serie di articoli e pubblicazioni corredati da una quantità straordinaria di tavole di sua mano. L’approccio a questi campi è scientifico: la ricerca si basa sull’analisi di opere visive di ogni epoca e qualsiasi tecnica, di abiti e oggetti sopravvissuti, fotografie e pubblicità. Emma invia decine di lettere a studiosi di arte, di storia e artigianato locale, ed esegue infiniti sopralluoghi in ogni parte d’Italia per individuare e studiare i materiali. Una delle sue pubblicazioni più importanti è un testo sui costumi popolari italiani che esce nel 1934 e contiene 200 tavole che illustrano l’abbigliamento di tutte le regioni italiane. Scritto dalla studiosa di tradizioni popolari italostatunitense Amy Allemand Bernardy, il testo raccoglie gli esiti degli studi che Calderini aveva condotto da almeno una decina di anni. La sua seconda monografia del 1962 riguarda le acconciature dalla Grecia all’età moderna, nata in collaborazione con Eva Tea, una valente storica dell’arte e archeologa che scrive i testi. Molti sono gli studi di Calderini rimasti inediti: di certo sappiamo dell’esistenza di disegni e schizzi che documentano ricerche sulla storia dell’abbigliamento in Italia e sulle vesti degli ordini religiosi.

Con la consapevolezza di un patrimonio destinato a cambiare e a scomparire con l’avvento della società di massa, l’artista ha operato anche nel settore della conservazione. Nel 1935 riceve l’incarico dal Ministero per riordinare l’allora nascente Museo etnografico di Tivoli che arricchisce di un migliaio di costumi popolari, salvandoli dai sotterranei di Villa d’Este dove erano malamente custoditi. Avrà anche l’incarico di progettare la sezione del costume nel Museo etnografico di Rodi, al tempo colonia italiana, dove si reca a più riprese. Ma poco si sa di questo museo che forse vedeva la partecipazione di altri ravennati.

Con la premessa di questa biografia forzosamente abbreviata, ben giunge l’omaggio della Classense alla carriera di “Emmissima”, come la chiamava Zimelli, con questa mostra ben curata da Daniela Poggiali. In mostra è presente un nucleo di disegni autografi acquistati in tempi recenti dalla Biblioteca: si tratta di più di una quarantina di disegni provenienti dal mercato antiquario dedicati ad abiti femminili dal ‘400 al ‘700 in cui è possibile ammirare le doti artistiche dell’autrice che unisce alla penna e acquerello alcune minuziose note manoscritte – come era sempre solita fare – per stoffe e rifiniture. Si aggiunge un piccolo nucleo di disegni per costumi maschili e femminili settecenteschi che forse appartengono a una delle serie inedite che Calderini stava studiando. Grazie alla collezione Classense e ad alcuni prestiti dalla Bertarelli di Milano è possibile vedere anche altro materiale fra cui appunti a disegno, fotografie di scena, spezzoni di filmati da regie teatrali e televisive che ampliano le informazioni sul lavoro dell’autrice. Altre due sezioni raccolgono varie pubblicazioni sulla storia del costume attraverso i secoli e documenti sulla vita di Calderini, sui suoi rapporti con intellettuali e amici romagnoli – Zimelli, Spallicci, Balilla Pratella – che la sostengono negli anni anche a distanza.

Ma Emma farà un breve ritorno a Ravenna nel 1955 per progettare e realizzare la sfilata del corteo storico che porta l’olio alla tomba di Dante: un lavoro che avrebbe potuto ben inserirsi nelle recenti celebrazioni dantesche, restituendo la giusta considerazione a questa ravennate, completamente o quasi dimenticata. Prima di questa piccola e bella mostra infatti, a livello locale sono stati dedicati a Emma Calderini solo alcuni medaglioni biografici attorno al 2000 e una piccola mostra dell’anno successivo presso l’Albergo Cappello, organizzata con materiali provenienti dalle case private ravennati. Nemo propheta in patria era la conclusione ad una recensione di questa mostra del 2001… speriamo che la città accolga la proposta di restituire a questa ravennate la memoria che indubbiamente merita.

“Emma Calderini – Storie di lana, seta e crinoline. Disegni e volumi di una costumista ravennate tra teatro, cinema e tv” – Biblioteca Classense / Corridoio Grande – Fino all’8 marzo; orari: lunedì dalle 14 alle 19; da martedì a sabato dalle 9 alle 18.30. Ingresso libero.

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