Alla fattoria Trapoggio di Santa Sofia si creano forme di squisita bontà

La famiglia Boscherini, da 4 generazioni, con il latte di vacche, pecore, capre produce formaggi di alta qualità. Dal raviggiolo, presidio Slow Food, all’eccellente yogurt di bufala

Famiglia Boscherini Formaggi

Da sinistra Denise, Roberto e Jenny Boscherini con i loro formaggi

Trapoggio, sulle colline intorno a Santa Sofia – provincia forlivese – è un’isola felice immersa in una natura esuberante, la famiglia contadina che vi abita e lavora – i Boscherini – assieme a diversi animali da latte, è talmente appassionata ed esperta del lavoro di allevamento da produrre formaggi deliziosi che rispecchiano a puntino il loro carattere: autentici, naturali, buoni e soavi. Jenny, ultima leva di quattro generazioni di formaggiai – ma già una quinta cresce, i suoi due figli monelli che il doposcuola lo trascorrono fra pascoli e caseificio – ci racconta questa bella storia di entusiasmo e dedizione verso “madre terra” con una voce allegra che ha il sapore trasparente dei suoi prodotti freschissimi, ma anche stagionati o affinati con cura.

«Qui a Trapoggio come per tutti contadini di un secolo fa – i mie trisnonni sono venuti in possesso del podere nel 1914, precisa Jenny – si tenevano un po’ di animali per il fabbisogno della famiglia, e con il latte in eccesso si faceva anche qualche formaggio. Quando questo abbondava i miei progenitori andavano in paese per fare dei baratti scambiandoli con altri beni di prima necessità. Così è nata, diciamo, la vocazione della nostra famiglia per questo genere di lavoro artigianale».

Vivete in un bel posto, si respira aria buona, ma ci sarà anche da lavorare sodo…
«È il vantaggio della fattoria Trapoggio, che poi è anche il marchio dei nostri prodotti… Siamo sul versante forlivese dell’Appennino Tosco-Romagnolo, ai margini del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Il cuore della nostra attività è l’allevamento di vacche, pecore, capre da latte e da una decina d’anni abbiamo inserito anche le bufale. Certo è impegnativo ma siamo particolarmente orgogliosi di questi animali da cui ricaviamo anche uno yogurt di latte di bufala che produciamo durante tutto l’anno. Recentemente questo latticino ha vinto il primo premio, come il migliore d’Italia realizzato da caseifici artigianali, al concorso di “Ruminantia”, promosso dall’omonimo sito web di settore, in collaborazione con Casa Artusi di Forlimpopoli e le Fiere Zootecniche Internazionali».

Quanti sono questi animali, e vanno tutti al pascolo sui terreni del podere?
«Oggi in tutto sono circa un centinaio tra pecore e capre. Poi alleviamo una ventina di vacche, più che altro delle Simmental, quelle pezzate bianche e rosse, ma anche altre specie, che hanno un’alta produttività lattea. Infine teniamo una ventina di bufale fra cui sette bufale baby. Capre e pecore sono fuori praticamente tutti i giorni nei pascoli e rientrano solo alla sera per dormire. Mentre mucche e bufale dipende dai periodi e dal momento della mungitura. Ma a turni vanno sempre al pascolo anche loro».

Vendete anche una parte del latte prodotto dall’allevamento?
«No, perché la rimessa di latte ci serve tutta per creare i nostri formaggi, è calibrata per il caseificio aziendale».

In quanti lavorate nell’allevamento e nella produzione di latte e formaggi?
«Si tratta di una piccola impresa, di tipo artigianale, a conduzione familiare. Praticamente siamo io e il mio compagno, mio padre Roberto, mia madre Denise e un paio di altre compagne di lavoro che governiamo gli animali e lavoriamo nel caseificio aziendale, che poi è il fiore all’occhiello dell’attività».

Che abilità serve per produrre formaggi di alta qualità?
«Innanzitutto serve della buona materia prima, poi c’è la tradizione artigianale che si tramanda e infine non si smette mai di studiare, imparare, inventare. Ho fatto diversi corsi e aggiornamenti professionali per stare al passo coi tempi e diversificare la produzione, senza trascurare la qualità. In passato era più semplice, si facevano ricotte e formaggi freschi da consumare subito e al massimo una caciottina che durava un po’ di più. Oggi facciamo pezzature diverse, stagionature, affinamenti…».

Ecco, quale genere di formaggi vi caratterizzano?
«Prima di tutto il raviggiolo, fatto a latte crudo, tipico del territorio, che per la sua qualità e antica tradizione, la nostra produzione si è meritata il presidio Slow Food. Il raviggiolo è anche un ingrediente noto per il ripieno dei cappelletti, almeno per la ricetta al modo dell’Artusi. È formaggio stagionale da consumare freschissimo entro 3-4 giorni. Poi lavoriamo le ricotte e altre forme fresche ma anche erborinati e caciotte da stagionare. In base alle stagioni e ai vari tipi di latte disponibile».

Parlaci di altre vostre specialità, magari fate anche dei formaggi misti…
«Sì, certo, fra questi c’è un “tris” semistagionato, creato con latte di mucca, pecora e bufala. Poi molto apprezzata è una grande forma realizzata esclusivamente con latte di bufala, che viene stagionata per circa un anno. Come dicevo produciamo degli erborinati, per capirci una sorta di gorgonzola, con le striature tipiche della “muffa nobile”. Noi lo chiamiamo pecorino erborinato visto che utilizziamo latte di pecora. Inoltre, facciamo qualche caprino affinato, ad esempio con malva e camomilla».

Insomma quante sono le tipologie in repertorio?
«Diciamo una decina, ma va specificato che non sono mai tutte in produzione, per ragioni di stagionalità e disponibilità dei vari latti. Ad esempio per le pecore e le capre ci sono periodi di “piena” di latte legate alla fase di fecondità, per cui si producono più formaggi di questo genere».

A proposito di riproduzione, i piccoli che nascono li tenete tutti e li fate crescere voi?
«Una parte li alleviamo, selezionati per garantirci la riproduzione anno per anno, il resto lo vendiamo ad altri produttori. Non ci dedichiamo alla macellazione, abbiamo cura dei nostri animali solo per ottenere il latte».

Quant’è la produzione casearia di un anno e chi sono tendenzialmente i vostri clienti?
«In termini numerici e di peso sinceramente non ho una dato preciso, peraltro si tratta di numeri variabili ogni anno. Ma è una produzione limitata e va tenuto conto che l’80 percento dei formaggi che facciamo li vendiamo noi direttamente ai clienti. Sia in fattoria e nella nostra bottega di Santa Sofia, sia ai mercati locali, quelli dei contadini, “a chilometro zero”, per intenderci. Poi c’è anche qualche negozio di alimentari che ha i nostri prodotti… Ma gran parte dei nostri formaggi vanno per così dire “spiegati”, descritti nel loro valore e genuinità, e preferiamo farlo noi che li realizziamo, in un rapporto di fiducia coi consumatori».

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