Fiori nel piatto, ritorno alle tradizioni: li mangiavano già gli antichi romani Seguici su Telegram e resta aggiornato I Celti bevevano vino alla borragine prima delle battaglie L’utilizzo dei fiori come ingrediente di cucina è oggi una tendenza gastronomica molto in voga, e non solo nei menù dei ristoranti che fanno cucina ricercata. Tuttavia, non si tratta di una novità, bensì di un ritorno a tradizioni antiche, mai del tutto scomparse. Ciò che ora, quindi, può sembrare una scoperta stravagante degli chef contemporanei, era in realtà una pratica comune in passato, quando con i pro- dotti della natura si creavano piatti fantastici, profumati, ricchi di sapore e colorati. Ad esempio, nell’Antica Roma si aromatizzavano le bevande con petali di rosa e violette, all’epoca di Carlo Magno, il vino veniva speziato con essenza di fiori di garofano e anche nella Londra di Shakespeare, rose e garofani venivano mescolati alle bevande servite durante gli spettacoli teatrali. Sempre a Londra, durante il regno di Elisabetta I, le primule donavano colore e sapore alle macedonie di frutta, i Celti bevevano vino ai fiori di borragine prima delle battaglie e, nell’epoca vittoriana, le violette candite erano presentate avvolte in veli di zucchero. Anche in Oriente i fiori erano largamente usati in cucina, come testimoniato dal Vecchio Testamento, dal Corano e da altri antichi testi religiosi: in Cina e Giappone, i fiori dei gigli, del loto e dei crisantemi, erano (e sono ancora) veri e propri ingredienti. Oggi conosciamo molte specie di fiori eduli, o commestibili, e alcuni di questi li consumiamo regolarmente senza rendercene conto: carciofi, cavolfiori, broccoli e cime di rapa. Poi ci sono quelli selvatici che una volta si raccoglievano lungo i fossi o sugli argini dei fiumi, nei prati, nelle pinete o, salendo, nei boschi collinari. Questi sono i fiori che le cucine tradizionali italiane impiegavano per creare piatti ricchi di colori e profumi. Non era un vezzo né una moda effimera, era la necessità dettata dalla fame, dalla guerra e dalla scarsità di cibo. E anche nella cucina romagnola troviamo testimonianze di quelle lunghe passeggiate alla ricerca di fiori da servire per cena o da mettere in dispensa: nelle ceste si accumulavano i fiori di acacia che sarebbero finiti pastellati e fritti, quelli di sambuco per lo sciroppo, i petali delle rose selvatiche che sarebbero finiti in marmellata o quelli della borragine che avrebbero colorato e aromatizzato insalate e frittate. E ancora i boccioli del tarassaco che, scottati nell’aceto e poi messi sott’olio avrebbero preso il posto dei capperi vicino al bollito. C’erano anche i fiori coltivati: come non pensare subito ai fiori di zucca che le azdore trasformavano in frittelle o riempivano con ricotta e formaggio? E ancora lo zafferano che per noi romagnoli è quasi “esotico” ma, come testimoniato da scritti di ordini religiosi dell’epoca, la sua coltivazione era presente in Romagna già nel diciottesimo secolo: a seguito della carestia che colpì la regione dal 1765 al 1768 si arrivò all’abbandono di questa e di altre colture di pregio per lasciare posto al grano e a quei prodotti primari che portavano nutrimento alla popolazione. Oggi lo zafferano è tornato sulle nostre colline: ad Oriolo dei Fichi, per esempio, in autunno, non è strano scorgere piccoli appezzamenti di terra ricoperti di fiori viola. La ricetta: marmellata di rose Ingredienti: 250 g di petali di rose (non trattate con prodotti chimici), 350 g di zucchero, mezzo limone, 250 g di acqua. Preparazione: lavare bene i petali di rosa (se possibile usare petali molto profumati) ed eliminare la parte bianca dell’attaccatura. Tagliarli a piccoli pezzetti con le forbici e metterli in una scodella con la metà dello zucchero. Coprire e far riposare per due giorni. Trascorso questo tempo, sciogliere lo zucchero rimasto nell’acqua, aggiungere il limone ed infi- ne lo zucchero con i petali. Portare lentamente ad ebollizione e cuocere a fiamma bassa mescolando spesso per circa 20 minuti fino a che si ot- tiene uno sciroppo ben denso (o 25 minuti se la consistenza non è ancora quella desiderata). Alla fine versare la marmellata in barattoli di vetro con chiusura ermetica, chiudere, capovolgere e far freddare completamente in questa posizione. CONSIGLI UTILI I fiori vanno colti al mattino presto quando sono più rigogliosi. Evitare quelli da vivai e fiorai perché sottoposti a trattamenti Per l’uso in cucina è fondamentale evitare che i fiori provengano da vivai e fiorai, poiché i trattamenti chimici a cui sono sottoposti li rendono inadatti al consumo alimentare. Si consiglia di non raccogliere i fiori nemmeno ai bordi delle strade, comprese quelle di campagna, a causa dell’esposizione a inquinanti. La scelta migliore è acquistare fiori eduli da produttori specializzati o coltivarli autonomamente in giardini e balconi. Per mantenerne intatti profumo e consistenza, i fiori vanno colti al mattino presto, quando sono più freschi e rigogliosi. È essenziale maneggiarli con estrema delicatezza per evitare di danneggiarli. I fiori più piccoli e privi di gambo dovrebbero essere conservati in sacchetti di plastica con un foglio di carta da cucina leggermente bagnato per mantenerne l’umidità. Quelli con il gambo, invece, possono essere posti in vasi d’acqua, come i fiori recisi decorativi. Per prevenire l’appassimento dei petali, è consigliabile separarli dalla corolla e dal gambo. Una volta colti, i fiori eduli devono essere trattati con cura: lavati e asciugati come una normale verdura. È importante utilizzare acqua fredda e asciugarli delicatamente con un panno morbido o una carta da cucina. Questo processo aiuta a preservarne la freschezza e le proprietà organolettiche. Oltre la tradizione Nelle insalate si possono sperimentare molti fiori come le pratoline, le primule, la borragine e la calendula, ideale anche per insaporire il risotto. Poi tutte le viole sono commestibili, ma le migliori sono le profumatissime violette selvatiche: buonissime sparse su fette d’arancia con un velo di zucchero, aggiunte alle zuppe a base di carota e di zucca, ai dolci e ai gelati. Per i fiori perfetta è la frittura: si possono usare i petali di camelie, magnolie, glicine e tulipano. Altri fiori commestibili sono regalati dalla robinia, dal lillà e dal gelsomino: in Sicilia, mettendo a bagno i fiori per una notte si prepara l’acqua di gelsomino, base della celebre gelatina di anguria nota come “gelo di melone”. Ottimi sono anche i fiori del nasturzio dal sapore fresco e intenso. Total0 0 0 0 Forse può interessarti... Iko 2020, un Sangiovese che vuole farsi conoscere con calma... 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