Il vino, prezioso alleato in cucina

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Rosso o bianco, nuovo o fortificato perché aggiungerlo a tante ricette migliora il sapore del cibo

Sia che siano utilizzati per marinare i cibi o per sfumare le preparazioni in cottura, i vini sono un ottimo alleato in cucina. Però non sono tutti uguali e, soprattutto, non è vero che è possibile usare il primo che capita: la tipologia di vino scelto e la sua qualità incidono pesantemente sulla buona riuscita di un piatto.
Ma partiamo dal capire a cosa serve e perché si usa: nel corso della storia dell’uomo, ogni territorio che produceva vino lo utilizzava anche in cucina come ingrediente vero e proprio, spesso per allungare salse o portare a termine la cottura dei cibi. Anche oggi, questa scelta, quella cioè di preferire il vino all’acqua, è appropriata prima di tutto per ragioni organolettiche: il vino, più profumato e più saporito dell’acqua, aggiunge alle pietanze in cui viene usato non solo aromi e sapori ma anche struttura, corpo e colore.
Andando oltre, molto spesso lo troviamo nella preparazione di marinate, dove il cibo, in genere carne, ma anche formaggio e verdure, rimangono immersi nel vino per diverse ore, talvolta anche per giorni, oppure anche settimane nel caso dei formaggi.
Ancora, nel caso della cottura flambè, serve a far accendere momentaneamente la fiamma con cui “flambare” la pietanza.
Venendo ora alla scelta del vino, partiamo da una considerazione di base: la sua natura piuttosto acida non sparisce con la cottura ma tende ad aggiungersi ai sapori del piatto. Da ciò è facile dedurre che dovremo optare per vini con bassa acidità o cercare espedienti per contrastarla, o per meglio dire, renderla più gradevole e meno aggressiva, impiegando anche sostanze dal sapore tendenzialmente dolciastro, come grassi e amidi, oppure ingredienti con un elevato contenuto proteico (come le carni).
E sempre a proposito del vino da scegliere, in linea generale va detto che usare bottiglie molto mature non rappresenta una buona opzione e questo non solo per il valore economico che queste potrebbero avere, ma anche perché nelle preparazioni gastronomiche risultano più appropriati e piacevoli i sapori e gli aromi di un vino giovane. Ovviamente questa indicazione ha un carattere puramente generale e non esclude completamente l’impiego di calici d’annata.

 

Il vino aggiunge
alle pietanze non solo aromi e sapori ma anche
struttura, corpo e colore

Detto ciò, in genere i bianchi vengono usati nella preparazione di zuppe, carni bianche, pollame, pesce, verdure e dolci, mentre i rossi trovano un più frequente impiego nelle carni rosse, negli stufati, nei brasati e talvolta anche nei dolci. Sia i bianchi che i rossi partecipano alla preparazione di paste e risotti, come quello al vino rosso, di cui il “risotto al Barolo” è forse il più celebre. Anche gli spumanti hanno valore sopra i fornelli e anche in questo caso è un risotto ad essere la preparazione più rappresentativa, come il celebre “risotto allo Champagne” o allo spumante.
Passiamo ora ai vini dolci e passiti che offrono interessanti e inaspettate possibilità gastronomiche non solo nelle preparazioni di pasticceria, come si potrebbe facilmente pensare, ma anche in ricette a base di carni rosse e, soprattutto, di formaggi.
Un capitolo a parte meritano invece i vini fortificati come il Porto, il Jerez (Sherry), il Málaga, il Madeira e il Marsala. Questi sono preziosi alleati in cucina pronti sempre ad aggiungere straordinari aromi e sapori alle pietanze in cui vengono utilizzati. I vini fortificati donano un incomparabile “tocco” alle zuppe e al brodo, sono straordinari per la preparazione di piatti a base di carne, aggiungono un meraviglioso sapore ai soffritti. Provate, per esempio, ad aggiungere un bicchierino di Marsala, preferibilmente superiore riserva, oppure anche di Madeira o di Porto, nella pentola in cui bolle il brodo. Ancora, provate a sfumare la base del risotto appena tostato con un buon bicchiere di Marsala anziché di vino bianco.
E parlando di brodo e vino, non possiamo non ricordare che  in certe regioni d’Italia, fra cui la nostra, resiste ancora una vecchia tradizione che suggerisce di aggiungere due cucchiai di vino rosso nel piatto della minestra. Non avete mai visto un nonno versare mezzo bicchiere di sangiovese nel piatto di brodo fumante?

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Dalla marinatura al brasato, le radici risalgono fino agli Etruschi

L’idea di usare il vino come ingrediente in cucina non è certamente una novità e se ne hanno notizie certe già dai tempi degli antichi Romani, e prima ancora, degli Etruschi. Testimonianze del passato, nei tempi in cui il frigorifero era ben lontano dal fare la sua comparsa nella vita quotidiana degli esseri umani, raccontano che il vino era utilizzato anche come conservante dei cibi e in modo particolare della carne. Spesso questa veniva lasciata a bagno nel vino per molte ore, talvolta anche giorni, facendo quindi uso di una tecnica gastronomica arrivata fino a noi con il nome di marinatura. Lo stesso vino poi veniva poi utilizzato come base di cottura: ecco come nascono il brasato e lo stracotto.
Gli usi del vino nelle cucine del passato non si limitavano solamente a questo: ricettari antichi raccontano che era ampiamente utilizzato anche in zuppe, verdure e perfino dolci.

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Non tutto l’alcol evapora sempre

L’alcool etilico raggiunge il suo punto di ebollizione a una temperatura di 78° C, condizione che farebbe pensare alla sua totale evaporazione durante la cottura. Alcuni studi, tuttavia, hanno dimostrato che una certa quantità di alcool, quasi sempre trascurabile, rimane comunque presente nel piatto finito. Ora, risalire alla quantità residua è molto difficile perchè dipende dall’intensità del calore, dalla superficie del recipiente e dal tempo di esposizione al calore ma vale sempre la regola che più la cottura è prolungata e maggiore è la quantità di alcool che si allontana.

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