Quel Passito che appassiona la Romagna

Oltre all’Albana il metodo riguarda uve rosse come Sangiovese e Longanesi

Uva PassitaIl sistema dell’appassimento delle uve era già in uso presso gli antichi Romani. Diversi i sistemi da loro adottati e alcuni di questi ereditati dalle popolazioni conquistate. Ai Romani, comunque, il merito di aver sperimentato diverse tipologie di appassimento sulla base delle condizioni climatiche che trovavano man mano che avanzavano verso i nuovi territori. Secondo la tipologia delle viti e dei vini che ne scaturivano oltre che del clima della zona riuscivano sempre a trovare il giusto equilibrio tra natura, uomo e pianta. A sud dell’Impero lasciavano le uve al sole sulle rocce salmastre o sui marmi, nelle isole coprivano con frasche le uve solo nelle ore più fredde della giornata. Nell’attuale Valpolicella utilizzavano “strozzare” il raspo e lasciare l’uva in pianta oppure in altre zone lasciavano l’uva in pianta a maturare senza costrizioni di sorta finché l’uva non fosse così dolce da essere raccolta e pigiata.
Ai quei tempi i gusti erano diversi da quelli attuali. Se oggi si preferiscono le grandi acidità, all’epoca amavano le dolci morbidezze. Tanto è vero che non era inusuale addolcire i vini con miele e spezie.

Nelle zone della Romagna, i Romani avevano qualche problema rispetto ad altre zone. Le uve romagnole davano vini particolarmente acidi e il clima, decisamente umido e le zone paludose non aiutavano di certo. Alberi da frutto e viti maritate agli alberi nello stile etrusco erano lo scenario che trovarono nelle nostre zone gli antichi Romani.
Gli abitanti della Romagna dell’epoca non erano, però, così sprovveduti. Nelle aree collinari più fredde era uso mettere le uve appese ai soffitti o nei pali. Pali incrociati tra loro che davano forma a una sorta di graticcio quadrato e che poteva essere spostato come si fa con gli attuali cavalletti. Qui erano poste le uve e lasciate appassire. I Romani migliorarono il sistema già in uso introducendo attenzioni atte a migliorare la produzione insieme a migliori sistemi di vinificazione. Capirono, infatti, che per avere un buon appassimento era necessario arieggiare i grappoli.

Oggi in Romagna si appassiscono le uve nei modi più disparati ma che alla fine poco differiscono da quelli del passato. Inoltre non solo le uve bianche come l’Albana sono appassite ma anche le uve rosse. Il Centesimino faentino, il Sangiovese o l’uva “Longanesi” utilizzata per il Bursôn, sono solo un esempio quando si parla di appassimento in Romagna.
Oggi, si usano appositi spazi dalla temperatura e umidità controllata con le uve poste nelle arelle di bambù o cassette di plastica nello stile della Valpolicella.
Ci sono produttori che, invece, preferiscono lasciare le uve in pianta facendo diversi passaggi di raccolta cogliendo gli acini, prima ancora che i grappoli, più maturi. C’è una parte della Romagna, però, che preferisce lasciare le uve all’aria aperta. In certi momenti dell’anno capita di vedere nelle vecchie case contadine file di grappoli d’uva scivolare dai soffitti dei portici o posti in cavalletti di legno che vengono spostati come girasoli per rincorrere fino all’ultimo raggio di sole.
Forse un ricordo di quel passato diviso tra antichi Romani ed Etruschi che oggi riecheggia nelle tradizioni delle campagne romagnole.
L’uva, così facendo, si disidrata senza stress in modo naturale concentrando la parte zuccherina del frutto che una volta trasformata in vino darà vita a un liquido dolce e seducente che ancora oggi i fattori delle case coloniche tengono in serbo con segretezza destinando alcune bottiglie solo ai momenti più importanti. Una eredità nostalgica che ha il gusto buono, dolce e malinconico della Romagna dei tempi passati.

Filosofia dell’appassimento parziale: Domus Caia del compianto Ferrucci

Oggi in Romagna si possono trovare ottimi passiti rossi ottenuti da uve Sangiovese. In questo caso la naturale caparbietà e acidità del nostro Sangiovese è ammorbidita dall’appassimento.
Si addomesticano le uve attraverso la concentrazione della parte zuccherina.
Oltre all’appassimento totale ci sono vini in cui è stata pensato solo un appassimento parziale, sempre con lo scopo di genere rare morbidezze al palato e profumi diversi dal solito.
Forse, il primo a sperimentare l’appassimento parziale sul Sangiovese, il compianto Stefano Ferrucci che con coraggio andava in giro per l’Italia spiegando le potenzialità del Sangiovese con una prova tangibile nelle mani: l’etichetta Domus Caia

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