Un ristorante inedito a Ravenna: il Clarice vale la mancia Seguici su Telegram e resta aggiornato Elegante, curato e con un suo stile Nell’estate 2023 si presenta a Ravenna il ristorante Clarice. Una novità nel panorama dell’offerta cittadina per mangiare e bere… Si spera positiva. Per capire il nome del locale ci suggerisce una chiave di lettura un amico appassionato dello scrittore Italo Calvino. È infatti una delle sue celebri Città invisibili: interessante il nesso letterario, particolare e, a suo modo, stimolante. Cosa ci riserverà? Il Clarice è in pieno centro storico, forse per i non più giovani va rivelato che prima c’era il bar Byron, noto punto di incontro di intellettuali e tiratardi ravennati a fine ‘900, poi il negozio di elettrodomestici Acquistapace e infine per anni l’abbandono. Passando sotto il portico di via Gardini (angolo via Guidone), abbiamo sbirciato diverse volte per capire che tipo di locale stava nascendo, con notevole curiosità. Per cui, da impenitenti e intriganti gourmet, abbiamo prenotato una cena per una verifica a tavola apparecchiata. Spazio conviviale accogliente. Appena entrati siamo rimasti colpiti dall’essenzialità dall’ambiente ma subito ci siamo accorti della sua raffinatezza. Il colore predominante è il rosso, poi il legno in una tonalità calda, il pavimento di marmo, le pareti “pulite”, unico elemento decorativo due pannelli con motivi floreali e fenicotteri, che richiamano i disegni di William Morris. L’illuminazione è discreta ma il tavolo è ben illuminato. In fondo alla sala spicca la cucina a vista, trasparente, con il personale che lavora in silenzio e con grande sincronismo. Intanto, un’amica sparisce e tornando esclama «ci sono i fiori freschi!» –, una vera finezza siamo d’accordo, nel panorama della ristorazione ravennate, particolare che si nota. Lo spazio soddisfa il nostro agio: il tavolo è grande, apparecchiato con una tovaglia bianca di lino, una candelina accesa e un mazzolino di fiori delle nostre valli. Da evidenziare che il locale ha anche una saletta appartata per occasioni conviviali più intime o riservate. Forse, al momento, sembra il ristorante più elegante, curato e con un suo stile, inedito a Ravenna. Il pre-dessert che omaggia la Romagna Servizio garbato e disponibile. In sala ci accoglie una coppia giovane, molto professionale, affiatata e discreta, pronta a rispondere alle nostre esigenze. Arriva il pane “fatto in casa”, l’acqua, il menu e la carta dei vini. Fra noi quattro commensali si apre una chiacchierata animata e allegra su cosa scegliere. Ogni richiesta è ascoltata gentilmente. Il maître, titolare del ristorante, ci assiste con garbo e illustra dettagli sui piatti e gli ingredienti, soddisfando con competenza le nostre curiosità. Cibo e vino ottimamente offerto. All’amico esperto è delegato il compito di scegliere il vino – ordiniamo un Riesling di Schlumberger e un Etna Rosso Fede Graziani, entrambi pregevoli – ma anche di ordinare le pietanze. Abbiamo appositamente spaziato nel menù – almeno cinque le proposte fra antipasti, primi, secondi e dessert, e fra ingredienti di carne, pesce o vegetali – e uno di noi ha volutamente lasciato alla cucina la libertà di proposta (con molto compiacimento). Tra gli antipasti spicca la lingua di vitello (una festa di diverse temperature, consistenze e dolce/sapido), tra i primi il plin di ricotta (ingredienti dalla stagionalità perfetta) e tra i secondi il lombo di baccalà con contrasti e geometrie per il gusto accattivanti e azzeccate. Arriviamo al pre-dessert – un omaggio alla piadina notevole per equilibrio e pulizia – che ci conduce ai dolci piacevolmente divorati (e assaggiati a vicenda). Tutti in sostanza, ma il primato spetta a una panna cotta con arachidi, estratto d’arancia e grue di cacao. Chiamarlo dolce è riduttivo perché l’aggiunta di due inattesi ingredienti (a sorpresa) lo ha completato in modo superlativo. A fine pasto ci aspetta la carta dei caffè. Certo l’idea non è nuovissima ma ci piace. In particolare, l’ottimo caffè “Kaapi di Paradiso” (rigorosamente senza zucchero) anticipa perfettamente la piccola pasticceria che conclude la cena. Complessivamente, in tavola convince l’offerta di piatti stagionali, con una complessità che stupisce e diverte il palato, presentati con godibile precisione. Da valutare le proposte dei menù degustazione, sempre ben calibrati (quello di sette portate in particolare, al costo di 70 euro, vini esclusi). La carta dei vini italiani ha una sua completezza, integrata da una significativa presenza di etichette d’Oltralpe di buona qualità. Fatto il conto – dopo aver degustato originali e diverse prelibatezze – abbiamo speso 90 euro a testa. Tutto sommato un giusto prezzo che, per confortevole ambientazione e cortesia, vale anche una mancia surplus… Total2 0 2 0 Forse può interessarti... Torna la “Festa del Latte” a Martorano tra musica e degustazioni Torna la Sagra delle erbe palustri: il programma Granchio blu, la ricetta dell'ex concorrente di Masterchef: «Facili e buoni» Seguici su Telegram e resta aggiornato