Ridurre i grassi per restare in forma? Niente di più sbagliato…

Quali (e come) impiegarli in cucina: il migliore resta l’olio extravergine di oliva. Ed è meglio limitare l’uso del burro ed evitare le margarine

Burro

È pensiero comune che per mantenersi in forma sia necessario ridurre drasticamente, o addirittura eliminare, i grassi nella dieta poiché associati a malattie di tipo degenerativo a lenta progressione come l’ipertensione, l’aterosclerosi, l’obesità e alcuni tipi di tumore.

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In verità non c’è niente di più sbagliato. I grassi infatti hanno un ruolo fondamentale per la salute (ne esistono addirittura alcuni che, se introdotti nelle giuste quantità, sono indispensabili al nostro organismo): rientrano nella struttura delle membrane cellulari, fungono da precursori ormonali, alcuni hanno azione antiossidante e anti infiammatoria, sono una componente della cute e garantiscono isolamento termico. E da un punto di vista energetico, costituiscono la forma di riserva principale dell’organismo (la loro scissione fornisce 9Kcal/g, più del doppio rispetto alle altre fonti di energia alimentare rappresentate da carboidrati e proteine).

Prima però di descrivere quali tipi di grassi è meglio impiegare in cucina, facciamo un po’ di chiarezza sulle caratteristiche di tali nutrienti.
I principali lipidi di origine alimentare sono i trigliceridi, molecole formate da un glicerolo legato a tre molecole di acidi grassi. Questi ultimi poi, si distinguono in saturi, cioè privi di doppi legami (presenti in grandi quantità soprattutto nei grassi di origine animale), monoinsaturi, con un doppio legame, e polinsaturi con più doppi legami (fra questi ci sono i famosi omega 3 e omega 6).
La presenza o meno di tali legami è quella che fortemente influenza le caratteristiche di un grasso, sia a crudo che durante la cottura. I doppi legami, o insaturazioni, creano infatti nella struttura dell’acido grasso una spiccata reattività chimica, come se fossero dei punti deboli.

In particolari condizioni, tali grassi subiscono una reazione nota come ossidazione che porta alla formazione dei radicali liberi, specie altamente reattive e mutagene nei confronti del Dna. Le condizioni che favoriscono la reazione di ossidazione sono principalmente la presenza di ossigeno, la luce e il calore. Ancora, nel momento in cui si forma la prima specie radicalica, questa genera una reazione a catena che amplifica il problema. Si crea così una situazione che porta alla formazione di perossidi o idroperossidi, sostanze tossiche e instabili. Ecco perché oli contenenti molti acidi grassi insaturi non sono indicati per la cottura, soprattutto quando le temperature sono molto elevate, come nel caso della frittura.

Altro fattore da tenere in considerazione è il punto di fumo, ovvero la temperatura alla quale l’olio inizia a decomporsi, rilasciando glicerolo e acidi grassi liberi. A questa temperatura, diversa a seconda del tipo di grasso, si osserva la formazione di veri e propri fumi biancastri irritanti contenenti acroleina, sostanza altamente tossica. Il punto di fumo, dipende da numerose variabili, tra cui la qualità dell’olio e la sua corretta conservazione.

Olio FritturaDetto questo, passiamo ora in rassegna i diversi grassi che più comunemente si usano in cucina e cerchiamo di capire come sceglierli correttamente.
Olio extravergine di oliva. L’olio d’oliva è composto per la maggior parte da acido oleico, un monoinsaturo che lo rende relativamente poco suscettibile alle alte temperature. In più il suo punto di fumo va da 160° a 220° per cui si rende idoneo sia come condimento a crudo, che nella frittura o cottura al forno. Inoltre, grazie all’elevato contenuto di polifenoli, potenti antiossidanti, viene garantita una minore esposizione all’ossidazione.
Oli di semi. In questa categoria i più comuni sono l’olio di mais, di girasole e di arachidi. Tra questi il più adatto alle alte temperature è senz’altro l’olio di arachidi: è composto per il 52% da acido oleico e presenta un punto di fumo di 210°. Gli altri invece, sono meno indicati per le cotture, hanno una maggiore quantità di acidi grassi polinsaturi e punti di fumo abbastanza bassi (olio di mais 160°, girasole 130°).
Burro. Questo è un grasso di origine animale e come tale ricco di acidi grassi saturi che, come detto in precedenza, sono quelli più stabili alle alte temperature. Per il burro però bisogna considerare anche altri 2 fattori: il quantitativo di acqua di cui è molto ricco (circa il 16%) e che velocizza il processo di decomposizione durante la cottura, e il punto di fumo che non supera i 150°. Se invece si impiega il burro chiarificato, quindi privato della componente acquosa, la resistenza aumenta, ma bisogna sempre ricordare che i grassi del burro sono saturi, quindi responsabili di aterosclerosi e aumento del colesterolo LDL. Burro dunque da utilizzare occasionalmente e a crudo, o per brevi cotture in padella.
Margarine. Prodotte a partire da oli vegetali in forma liquida che sottoposti ad un particolare processo noto come idrogenazione, si trasformano in un grasso semi solido. Il problema principale di questi prodotti, è che i processi cui vengono sottoposti, creano acidi grassi “trans” nocivi per la salute. Anche questi infatti interferiscono con i livelli di colesterolo e le patologie cardiovascolari. L’utilizzo della margarina dunque non ha motivo di esistere in cucina ed è vivamente sconsigliata!

In conclusione, il migliore degli oli in cucina è sicuramente l’olio extravergine d’oliva, naturale, puro, estremamente versatile, adatto alle alte temperature, ottimo come condimento crudo. Alimento per eccellenza, antitumorale e ricco in sostanze benefiche.

L’olio nelle fritture, consigli utili

Ecco alcuni consigli per ridurre al minimo la decomposizione dell’olio in cotture in cui la temperatura raggiunge soglie molto alte:
– utilizzare recipienti piccoli e dai bordi alti per garantire il mantenimento costante della temperatura;
– non effettuare rabbocchi perché la reazione ossidativa sarebbe amplificata;
– la presenza di acqua nell’alimento influisce negativamente sull’ossidazione
– aggiungere il sale a fine cottura
– non riutilizzare l’olio per ulteriori cicli di frittura

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