Tiziano Rondinini: «non sono solo le api a fare buon miele ma il territorio»

Il racconto dell’esperto apicoltore faentino che cura centinaia di arnie in sei diverse zone d’Italia, per garantire un prodotto naturale ad alta varietà e qualità. Il progetto Slow Bees, per fare di Ravenna una “città amica delle api”

Alveari Rondinini

Nel mondo dell’apicoltura Tiziano Rondinini, da Pieve Cesato di Faenza, è considerato un numero uno, come produttore e fondatore di una consorzio locale di apicoltori, ma anche come esperto del settore e promotore della professione, già presidente dell’Associazione Romagnola Apicoltori e impegnato nella stesura di normative sul campo. Insomma uno che la sa lunga di api e di miele con l’indole dello sperimentatore e dell’innovatore.

Tiziano da dove nasce tutta questa sua competenza?
«Sono nato fra le dolcezze e il ronzare degli alveari, figlio di contadini di un’azienda dove si praticava la frutticoltura, l’allevamento di maiali, e poi l’apicoltura dal lontano 1935, come attività agricola secondaria, ma già negli anni ‘70 era diventata un’iniziativa professionale, con oltre trecento alveari. Oggi abbiamo apiari in sei regioni d’Italia, in zone vocate a questa attività che sono state selezionate nel tempo. Come dico sempre “il miele non lo fanno le api ma un territorio”, un po’ come è per il vino e altri prodotti dell’eccellenza alimentare».

Ci spieghi meglio…
«L’ambiente in cui nasce e cresce un prodotto è fondamentale, per questo è importante trovare i giacimenti naturali in cui si possono nutrire al meglio le api. Per dire, il miele di arancio, rosmarino, eucalipto lo ricaviamo dagli alveari che abbiamo in Basilicata, vicino al parco del monte Pollino, mentre il miele di rododendro o altri di alta quota lo produciamo con gli apiari sul monte Baldo in Trentino. Solo per definire gli estremi delle nostre aree di produzione».

Ma la vostra base resta comunque nel faentino?
«Si certo, sono 13 ettari di terreni ma resta pur sempre un’azienda agricola convenzionale. Poi come famiglia gestiamo anche un’azienda a Meldola, che da oltre 25 anni pratica coltivazioni biologiche, anche con un vigneto e dove teniamo delle arnie per l’invernamento. Ma la nostra produzione di miele avviene poco in Romagna, come dicevo si tratta di zone sparse un po’ in giro per la penisola».

Tiziano Rondinini Apicoltore

Tiziano Rondinini

Ma sono aree in affitto da altri agricoltori o zone demaniali?
«Entrambi i casi. Nei terreni demanaili facciamo domanda alla forestale che assegna delle aree specifiche, sotto il controllo degli uffici veterinari delle Ausl. Altri nostri apiari sono collocati in terreni privati di aziende che ho conosciuto nel tempo, in terreni molto selvaggi. La nostra è un tipo di produzione biologica che ha bisogno di questi ambienti estremamente naturali. In Basilicata, ad esempio, si tratta di una tenuta che dispone di 700 ettari di incolto, dove pascolano le vacche podoliche. Li si trovano fioriture di Cardo Mariano, Rosmarino, Asfodelo, Sulla… Tutte piante spontanee a cui vanno ad attingere le nostre api. Voglio sottolineare che il prodotti derivati sono stati più volte premiati per la loro qualità al concorso annuale dell’Osservatorio Nazionale del Miele. E per questo, come accennavo prima, posso affermare che anche per il miele esiste il terroir, una unicità che lega il prodotto delle api al microclima e alle caratteristiche dei terreni di quella zona».

Quanto è in salute l’apicoltura in Romagna?
«Con il censimento apistico dettato da una legge regionale possiamo dire che negli ultimi trent’anni, dai primi ‘90 ad oggi, abbiamo registrato un +600 per cento. È il frutto dello straordinario lavoro fatto dalla nostra associazione ARA per introdurre una cultura d’impresa fra gli apicoltori che in gran parte erano hobbisti, o se contadini praticavano un’attività secondaria, complementare. Così molti sono passati dalla gestione di poche decine di alveari a 200-300, convertendo una passione in una vera e propria impresa economica. Poi a proposito di territorio, in Romagna possiamo vantare due importanti parchi congeniali all’apicoltura come il Delta del Po e la Vena del Gesso. Peraltro proprio il parco del Delta ha avuto un riconoscimento per la sua particolare biosfera dall’Unesco. Sono aree interessanti, degli assi nella manica, sul piano ecologico e della biodiversità, che potrebbero portarci a raggiungere per Ravenna e il territorio ravennate il requisito di Slow Bees, come intende Slow Food, cioè città amica delle api o città del miele. Forse non tutti sanno che una delle aziende di apicoltura fra le più note in Italia e nel mondo era ravennate, per la precisione di Pietro e Silvio Gardini, progenitori di Raul, che nelle campagne delle Ville Unite avevano più di 800 alveari. Un’altro primato ravennate è l’allevamento delle api regina per cui sono noti in Italia e all’estero importanti produttori a Godo di Ravenna, Riolo Terme, Faenza… Queste api hanno un valore dai 15 ai 20 euro l’una, per circa 7-8mila esemplari all’anno».

Passiamo al consumo e al godimento del miele come cibo eccellente, non le sembra un po’ sottovalutato rispetto all’olio, al vino o altri prodotti di cui si trovano nei ristoranti liste e proposte degustative?
«Nonostante sia uno degli alimenti riconosciuti fra più antichi dell’umanità, resta sempre in secondo piano, se non quasi assente, in gastronomia, e un po’ sconosciuto sia per come nasce sia per le sue caratteristiche organolettiche e nutrizionali, che sono eccezionali. Forse, ancora per molti, ha più a che fare con la salute che con la buona tavola. Anche se l’attuale ritorno ad una certa alimentazione naturale sta rivalutando la bontà, oltre che la salubrità, del miele che è un cibo vivo, ricco di enzimi e con una ampia varietà di gusti».

Mielari RondininiInsomma parliamo di un cibo rivolto al benessere.
«Per certi versi, con la “moda” del naturale, il miele si sta avvantaggiando di una certa “demonizzazione” dello zucchero, di cui è diventato un sostituto, senza controindicazioni. D’altra parte sono stati fatti diversi esperimenti con certe piante officinali e sembra che il miele che ne deriva riesca trarne diverse sostanze essenziali, con benefici effetti curativi e nutraceutici. Comunque sia, noi consigliamo di consumare il miele il più naturale possibile. In commercio ci sono anche mieli pastorizzati che in qualsiasi stagione si presentano dello stesso colore, viscosità, sapore, ma sono ormai privi dei loro enzimi. I prodotti naturali invece raramente sono liquidi, soprattuto mantengono le loro originarie caratteristiche organolettiche».

Che varietà di miele naturale produce la vostra azienda?
«Dipende ovviamente dalle aree di produzione e in base alle fioriture, che hanno ognuna una loro stagionalità. Ad esempio dal sud d’Italia provengono le qualità monoflora di Rosmarino, Arancio, Sulla, Eucalipto, ma anche un Millefiori; il miele di Castagno lo produciamo nel novarese, dove nasce anche l’Acacia e un altro Millefiori che è ricavato dalla frequentazione delle api di inflorescenze diverse. Per favorire la produzione di miele monoflora che deve essere più del 60% di una determinata raccolta complessiva, si pratica il “nomadismo” delle arnie, che vengono spostate in territori o fasi stagionali più idonee per ricavare questi mieli specifici ed esclusivi».

Qual è la quantità di prodotto della vostra azienda?
«Recentemente la produzione si è un po’ abbassata ma a livello romagnolo abbiamo raggiunto un primato, producendo fino a 650 quintali di miele, con l’ausilio di 1.200 alveari. Va detto comunque che per un apicoltore professionista produrre in un ciclo annuale 150-200 quintali è un grande valore».

Come produttore di miele quali sono i vostri clienti pricipali?
«Una parte viene confezionata e commercializzata al dettaglio con il nostro marchio, e si trovano in una sessantina di punti vendita, che sono principalmente negozi di gastronomia di qualità. Una parte viene invece conferita all’azienda di confezioni naturali e bio Rigoni di Asiago, nota a livello nazionale».

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