Quei grani antichi da preservare per biodiversità, qualità e per cultura

Sementi antiche dalle proprietà benefiche e culinarie da riscoprire e valorizzare. Il caso del “Gentil Rosso” di Romagna

Negli ultimo 30 anni il mercato ci ha abituato a nutrirci con le tradizionali farine di grano tenero bianche, di tipo 0 o 00, e con queste, oramai, produciamo di tutto: pane, pasta, prodotti da forno, dolci….

Queste farine però sono ricavate da grani prodotti su larga scala, selezionati e modificati geneticamente nel corso degli anni per rendere più ricca e abbondante la produzione a discapito della qualità, della ricchezza dal punto di vista nutrizionale e quindi del nostro benessere.
In controtendenza, per fortuna, negli ultimi tempi si stanno riscoprendo i grani antichi. Questi non sono altro che varietà del passato rimaste autentiche e originali, ovvero che non hanno subito alcuna modificazione da parte dell’uomo per aumentarne la resa. Tra questi il più noto e diffuso è il canadese Kamut®, ormai diventato un vero e proprio brand registrato e un business mondiale, ma anche l’Italia ha le sue varietà da riscoprire. E se è vero che il più conosciuto a livello nazionale è il Senatore Cappelli, ne esistono molti altri a seconda della regione di produzione. Abbiamo per esempio il Saragolla, il Gentil Rosso, l’Ardito, la Tumminia, il Grano Monococco, la Verna, il Rieti.
Tutti hanno caratteristiche per cui è importante preferirli ai grani “moderni”. Le varietà antiche, infatti, non sono state rimaneggiate geneticamente dall’uomo e per questo hanno rese basse. Le loro spighe sono molto alte e contengono chicchi irregolari. Tutto questo fa sì che la loro coltivazione sia più difficoltosa rispetto a quella dei grani ottenuti con pratiche intensive e quindi il prezzo di vendita sia più alto. Il prodotto che ne risulta però è più sano e genuino.
I grani antichi vengono generalmente lavorati con la macinazione a pietra e la farina è di conseguenza molto meno raffinata rispetto a quella prodotta con grano moderno. Grazie a questo tipo di lavorazione, infatti, si hanno materie prime che potremmo considerare semi-integrali, ancora forti delle proprietà nutrizionali presenti nel chicco.
La modificazione del grano moderno ha fatto sì che esso diventasse molto più ricco delle proteine precursori del glutine (gliadina e gluteina), con tutti gli svantaggi che ciò comporta per il nostro organismo. I grani antichi, invece, mantenendo un rapporto più equilibrato tra amido e proteine del grano, permettono di ottenere prodotti molto più leggeri, digeribili e assimilabili di quelli realizzati con il grano moderno. A questo proposito è bene sottolineare che la gluten sensitivity, ovvero la sviluppata sensibilità al glutine, che si riscontra sempre più frequentemente negli ultimi anni, è probabilmente dovuta a un consumo eccessivo del grano moderno ricco in maniera smisurata di glutine. Il vantaggio di utilizzare grani antichi invece, meglio ancora se allo stesso tempo si cerca di variare propria alimentazione con cereali senza glutine, scongiura o quanto meno allontana la possibilità di sviluppare intolleranza al glutine (ciò ovviamente non vale per la celiachia).
I grani antichi hanno sfumature di odori e sapori che l’industriale grano moderno può solo sognare. Se facciamo in casa del pane con una farina ricavata da un grano antico (meglio se utilizzando pasta madre come lievito naturale) ci rendiamo immediatamente conto della differenza.
La riscoperta dei grani antichi è merito soprattutto dei piccoli produttori locali che ogni giorno con coraggio affrontano la concorrenza del grande mercato e scelgono comunque di produrre grani di qualità anche se non sempre gli conviene. È per questo che vanno aiutati a sopravvivere acquistando, anche se sono un po’ più costosi, i loro prodotti.
Acquistare grani antichi è anche un ottimo metodo per optare per la filiera corta ed evitare così di alimentarci con prodotti che arrivano da chissà dove. A questo proposito un discorso molto importante da fare è quello legato alla biodiversità: acquistare almeno ogni tanto grani antichi significa tutelare la biodiversità del proprio territorio o di altre zone di Italia.
Infine, accanto al valore della riscoperta di questi grani in termini di biodiversità, altrettanto importante è cercare di continuare a farli vivere e crescere per il loro valore storico e culturale: le popolazioni antiche si sostentavano prevalentemente con questi cereali che variavano da zona a zona a seconda delle condizioni ambientali. Un bel patrimonio da tutelare insomma, per non dimenticare mai l’origine delle nostre terre.

Il Gentil Rosso, frumento tenero della Romagna

Un campo di grano Gentil Rosso

Il Gentil Rosso è una vecchia popolazione di frumento tenero originaria della toscana centrale, particolarmente diffusa in Romagna già nel 1800 e abbandonata via via dal 1925 quando, con l’inizio della Battaglia del Grano, l’agronomo e genetista Nazareno Strampelli introdusse varietà di frumento più produttive. A rigor del vero, il Gentil Rosso è più antico del Senatore Cappelli, varietà di frumento duro ottenuta dallo Strampelli intorno al 1915.
Oggi è coltivato dall’Azienda San Biagio Vecchio di Oriolo dei Fichi, Faenza. Lucia Ziniti e Andrea Balducci, i proprietari, ne sono venuti a conoscenza attraverso Daniele Amorino, un piccolo imprenditore faentino con una passione incontenibile per i grani antichi. Parlando poi con i vecchi delle loro colline, in particolare con Don Antonio Baldassari e Nino Tini, Lucia e Andrea hanno trovato conferma della antica diffusione del Gentil Rosso nell’areale della Torre di Oriolo dei Fichi e hanno deciso di investire tempo e denaro per questa tipologia di grano.
Per questa la coltivazione non utilizzano alcun diserbo né trattamento chimico poiché tutti i terreni della loro azienda agricola (podere San Biagio Vecchio e podere Terbato) sono certificati biologici da Icea.
Una volta arato il terreno, si procede alla semina verso la fine di ottobre mentre la piena maturazione avviene, dopo che le spighe hanno raggiunto un’altezza di oltre 160cm, generalmente nella prima settimana di luglio. La sua resa si attesta sui 20q/ha quando quelle dei frumenti moderni in pianura si aggirano intorno agli 80q/ha.Per quanto riguarda invece la produzione di farina, in azienda si è deciso di preservare al meglio la qualità del chicco facendolo macinare con pietra naturale presso il mulino biologico (certificato anch’esso Icea) di Ilario Conficoni a Predappio. E macinano volta per volta piccoli quantitativi di frumento (circa 2/3 q) per evitare di fare invecchiare la farina.Questo tipo di macinatura, oltre a garantire profumo e sapore incredibilmente intensi, permette di conservare anche il germe di grano, le sostanze aromatiche volatili e i composti termosensibili come enzimi e vitamine che diversamente con le moderne macinature a cilindri andrebbero persi.
Il Gentil Rosso ha un contenuto di glutine molto basso pertanto la sua farina è considerata debole (W48 quando le farine di frumento moderno hanno circa W200 e le farine forti come la Manitoba arrivano a punte di W400 ). Se utilizzato in purezza, l’impasto non presenta l’elasticità a cui le odierne farine comuni ci hanno abituato. E ciò perché la mancanza di elasticità è causata dal ridotto contenuto di glutenine: si tratta di proteine capace di rendere il glutine più tenace, resistente alle odierne lavorazioni industriali ma non facilmente digeribile.

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