“Al passato si torna da lontano” è stato proposto da Enrico Deaglio. «Un sogno che si realizza»
C’è anche quello del faentino Claudio Panzavolta tra i 62 titoli proposti dagli Amici della Domenica per la LXXV edizione del Premio Strega, il riconoscimento letterario più importante d’Italia.
Si tratta di “Al passato si torna da lontano” (Rizzoli), libro proposto da Enrico Deaglio, con questa motivazione: «Le zolle di terra sono quelle che Pascoli, Bertolucci e Fellini hanno arato con epica e dolcezza: i campi, e i borghi, della Romagna da cui è passata una Storia violenta. Se si scava ancora – ci dice Claudio Panzavolta – si scopre che quella terra non ha prodotto solo bandiere rosse e divise nere, ma anche due sorelle normali (e quindi geniali). Anita e Edda crescono tra madri uccise e padri distrutti; vanno a lavorare in fabbrica e sono felici, come quando vanno al cinema o in bicicletta; si spingono in Russia per vedere se c’è davvero il paradiso, sentono suonare Chet Baker da un viale di tigli. Non dimenticheranno mai la loro scena primaria: hanno visto, come la cavallina storna. Per lo stile – le parole e il ritmo di Fenoglio sono così vicini –, per la capacità dell’autore di maneggiare passioni come ghiaccio bollente, per l’originalità delle invenzioni letterarie, Al passato si torna da lontano è un sorprendente romanzo di modernità italiana».
«L’emozione è tantissima – commenta lo stesso Panzavolta su Facebook -. Mi riempie di gioia sapere che Enrico Deaglio
abbia riservato tali parole e così tanta stima alle storie di Anita, Edda, Ada e tutti gli altri protagonisti del mio romanzo. È un onore essere stato proposto al Premio Strega, ma anche un sogno che si realizza».
Spetta ora al Comitato direttivo del premio – composto da Pietro Abate, Valeria Della Valle, Giuseppe D’Avino, Ernesto Ferrero, Alberto Foschini, Paolo Giordano, Helena Janeczek, Melania G. Mazzucco (presidente), Gabriele Pedullà, Stefano Petrocchi, Marino Sinibaldi e Giovanni Solimine – scegliere i dodici titoli che si disputeranno l’edizione 2021, sia tenendo conto delle proposte degli Amici, sia sulla base di valutazioni proprie che potranno eventualmente integrare la lista iniziale.
I dodici candidati saranno annunciati lunedì 22 marzo, alle 12.
Luca Graziani è anche medico iperbarico: «Il miglior antivirale è l’ossigeno, fatecelo respirare. Ho avuto almeno trenta positivi sintomatici, sono tutti guariti con aspirine, cortisone e idrossiclorochina. I dati dei morti non sono chiari, senza autopsie»
Il dottor Luca Graziani nel suo studio di via Carso
«Non sono né un “no vax” né un negazionista. Sono solo uno che ha dei dubbi, che si fa delle domande. Di fronte invece alle certezze granitiche di chi ci sta governando e ci guida nella sanità. Un certo Francoise Marie Arouet, che non era altro che Voltaire, diceva che “il dubbio non è piacevole ma la certezza è ridicola” e che “solo gli imbecilli sono sicuri di ciò che dicono”».
A parlarci, senza mascherina, è il dottor Luca Graziani, nel suo ambulatorio di via Carso, a Ravenna. «Così come le usano i cittadini, le mascherine sono solo una fonte d’infezione. E in generale sono servite soprattutto ad arricchire qualcuno. L’organismo cerca di eliminare ciò che non vuole, con la mascherina invece reintegriamo in parte ciò che con l’espirazione scartiamo, cioè l’anidride carbonica, alterando il microbiota e creando il terreno idoneo alla proliferazione di virus e batteri».
Come si possono evitare i contagi quindi?
«Mantenendo il distanziamento e gli ambienti igienizzati e arieggiati. Sono anche un medico iperbarico e posso assicurare che l’ossigeno è il miglior antibiotico e antivirale del mondo. L’ozono, che non è altro che un “ossigeno rinforzato”, viene usato per bonificare e sterilizzare gli ambienti. Allora perché mi vuoi impedire di respirare ossigeno?».
Lei non è neppure vaccinato. Perché?
«Lo scorso gennaio l’Assemblea Permanente del Consiglio d’Europa ha votato la risoluzione 2361, che vieta di rendere obbligatoria la vaccinazione anti Covid19, quindi libera scelta. E se si cerca bene sul web, si trovano dati relativi a effetti collaterali, a morti sospette nel mondo. Di questi vaccini non mi fido. Nonostante quello che ripetono tutte le istituzioni, a questi vaccini manca la cosiddetta fase 3, quella della sperimentazione. che è quella più costosa, chissà perché?».
I dati delle persone che si sono sottoposte alla sperimentazione del vaccino sono però pubblici e sono stati considerati adeguati, appunto, dalle istituzioni.
«Ma non è stata svolta con i tempi dovuti e ora praticamente le cavie siamo noi. E chi la pensa diversamente dal sistema, come tanti scienziati, viene “silenziato” o non ascoltato».
Ma non si considera un “no vax”…
«No, io sono assolutamente favorevole ai vaccini, ma per le malattie che non hanno una cura, come ad esempio il tetano, la poliomielite, eccetera. Il Covid invece si può curare e anche senza troppi costi».
Come?
«Con l’aspirina fin dai primi sintomi, con cortisone e idrossiclorochina (riabilitata recentemente). E poi antibiotici, macrolidi (zinco), vitamina C, eparine a basso peso molecolare. Sicuramente bisogna evitare di dare tachipirina e aspettare 72 ore come scritto nei protocolli. Invece questo è accaduto soprattutto nella prima ondata causando un mucchio di morti. Un virus aggressivo come questo ha tutto il tempo per proliferare e procurare una coagulazione intravasale disseminata, o trombosi diffusa».
Lei personalmente ha curato Covid positivi?
«Su oltre1.500 pazienti (Graziani fa ambulatorio anche a Mezzano, ndr) avrò avuto almeno una trentina di sintomatici positivi e sono tutti guariti con le cure sopra citate. Invece quelli andati in ospedale non son tornati, a causa di altre gravi patologie, o magari prendendo un’infezione Covid o altre nosocomiali. Noi comunque non lo possiamo sapere, perché in ospedale non si può entrare. E i dati dei morti con Covid non sono chiari, non vengono fatte autopsie, non c’è informazione. Al contrario c’è un vero e proprio bombardamento mediatico per quello che riguarda i vaccini».
Che non sono comunque obbligatori…
«Ma se non ti vaccini te ne dicono di ogni colore e rischi pure il lavoro. Mentre invece credo dovrebbe esserci una vera libera scelta visto che lo dice l’Europa, sostenendo che non ci possono essere pressioni alla vaccinazione, nessuno deve essere discriminato e che devono essere fornite informazioni trasparenti sugli effetti collaterali. Nessun messaggio è mai apparso invece sui media in ordine al non obbligo vaccinale, né al fine di fornire dati esatti e dettagliati sugli effetti collaterali dei vaccini».
Anche lei rischia il lavoro, il presidente dell’ordine dei medici dice chi non si vaccina non può ricevere pazienti, che va contro la deontologia professionale.
«Ci sono anche persone che vorrebbero radiare dall’ordine chi non si vaccina e hanno detto che non siamo degni di essere medici. Io rispondo, citando sempre Voltaire, che sono “gli uomini con la certezza e la sicurezza” di ciò che dicono. Nel caso dovessi perdere il lavoro ed essere radiato, comunque, so fare altre cose – l’apicoltore, il contadino – non mi demoralizzerei. Ma come io non giudico i colleghi, nessuno si può permettere di giudicare il mio operato, visto i risultati finora ottenuti e dato che ho
tutte le qualifiche necessarie per fare questo lavoro, ormai da più di 30anni. La deontologia è dire tutta la verità, nient’altro che la verità, questa è la deontologia di fronte ai pazienti».
Ma senza vaccini, come pensa che si possa sconfiggere il Covid?
«Visitando i pazienti, anche a casa, ascoltandoli al telefono, seguendoli veramente. E iniziando con la terapia non appena ci sono i sintomi senza aspettare il tampone».
Lei ha avuto il Covid?
«Non saprei, mi sono sempre sentito bene, pur a contatto con pazienti positivi. Sarà perché prendo un aspirinetta tutti i giorni».
Fuori dallo studio segue le regole? Ha mai preso multe?
«Vivo una vita normale, senza mascherina. Per questo motivo mi hanno sanzionato in piazza a Ravenna, ma ho contestato la multa anche perché è relativa a Dpcm, non leggi. Con tutte queste restrizioni stanno distruggendo un’intera società. A partire dai bambini che portano le mascherine a scuola quando ora c’è anche una sentenza che impone invece di toglierle fino alla terza media. Si stanno terrorizzando piccoli e grandi con paure esagerate ».
Ha perso dei pazienti per queste sue teorie decisamente controcorrente?
«Al contrario, ne ho guadagnati. Io i pazienti li ascolto, li tranquillizzo, li curo e li sto guarendo».
Dalla mezzanotte di oggi, venerdì 5 marzo, alla mezzanotte di domani, sabato 6, sarà attiva nel territorio dei comuni di Ravenna e di Cervia l’allerta meteo numero 31, per vento e stato del mare, emessa dall’Agenzia regionale di protezione civile e da Arpae Emilia-Romagna. L’allerta è gialla.
Le istituzioni raccomandano “di mettere in atto le opportune misure di autoprotezione, fra le quali, in questo caso, sistemare e fissare gli oggetti sensibili agli effetti del vento o suscettibili di essere danneggiati, non accedere a moli e dighe foranee”.
Consultando nel dettaglio l’allerta, “si prevede, per la prima mattina, una intensificazione della ventilazione da est, nord-est sulle
zone costiere e sul mare che avrà intensità pari a burrasca moderata. Il mare sarà molto mosso, agitato al largo (altezza
d’onda attorno a 2,5 m.) con direzione d’onda da nord-est. Sono previste inoltre, deboli piogge sparse, localmente anche
a carattere di rovescio (occasionalmente nevose attorno a 800 metri) in esaurimento dalla tarda mattinata. Il moto ondoso atteso è sotto la soglia di criticità costiera, tuttavia non si escludono locali fenomeni erosivi lungo i litorali”.
L’Ad: «Una conferma della presenza dei nostri prodotti nella vita degli italiani»
È recente l’annuncio ufficiale: “Scala” è nel Registro Speciale dei Marchi Storici di Interesse Nazionale secondo il Ministero dello Sviluppo Economico.
Dal 2019 infatti, il Mise riconosce la proprietà intellettuale delle aziende produttive di eccellenza – storicamente collegate al territorio nazionale – e valorizza il Made in Italy nel mondo.
Scala, il marchio dei prodotti per la detergenza creati da Deco Industrie, cooperativa con sede a Bagnacavallo, è nato a Frosinone e acquisito da Deco nel 2003.
Il marchio Scala, dall’inizio del campionato, è inoltre presente anche sulla maglia del Bologna FC1909 e a bordo campo dello Stadio Dall’Ara.
«Questo risultato – spiega Francesco Canè, amministratore delegato di Deco – conferma quanto i nostri prodotti siano presenti nella vita di tutti i giorni degli italiani. Nel registro dei Marchi Storici di Interesse Nazionale siamo presenti assieme alle grandi realtà che hanno segnato la cultura e il costume del nostro paese. Di questo non possiamo che essere molto orgogliosi».
Deco Industrie – nata nel 1951 nel settore della detergenza per poi ampliarsi nel 1995 al settore alimentare – nei 5 stabilimenti dislocati in Emilia-Romagna, tra cui Bagnacavallo e San Michele in provincia di Ravenna – progetta, realizza e confeziona detergenti per la cura della casa e della persona e prodotti da forno, dolci e salati.
L’Emilia-Romagna non diventerà zona rossa, almeno per il momento. A differenza di quanto annunciato inizialmente dal Corriere della Sera (e ripreso anche su queste pagine, errore di cui ci scusiamo con i lettori), la regione resterà in zona arancione.
È quanto deciso dalla cabina di regia nazionale nel consueto incontro del venerdì, alla luce anche delle misure più restrittive introdotte nei giorni scorsi in Emilia-Romagna.
Anche l’intera provincia di Ravenna, come noto, è in “zona arancione scuro” e le scuole, dalle elementari alle superiori sono già chiuse.
La conferma dell’arancione permetterà in provincia di Ravenna di poter mantenere aperti i negozi, le attività di servizio alla persona (parrucchieri ed estetisti in primis), gli asili nido e le scuole materne, che invece in caso di passaggio in zona rossa sarebbero stati costretti a chiudere.
Il sindaco De Pascale e la sua giunta resteranno in carica anche tutta l’estate
Il sindaco De Pascale durante l’insediamento del giugno del 2016
Il Consiglio dei Ministri – secondo la stampa nazionale – ha approvato un decreto legge che rinvia le elezioni amministrative, regionali e suppletive per Camera e Senato, previste nel 2021, al periodo compreso tra il 15 settembre e il 15 ottobre 2021.
Slittano all’autunno quindi anche le elezioni comunali di Ravenna – uniche Amministrative in programma in provincia – che si sarebbero dovute tenere a fine maggio.
Il sindaco Michele de Pascale e la sua giunta, alla guida del Comune dal giugno del 2016, resteranno quindi in carica anche per l’estate.
Lo scrive il Gip Corrado Schiaretti. La donna aveva denunciato tutto e con il suo avvocato disse che lui l’avrebbe ammazzata
Ilenia Fabbri con il marito Claudio Nanni
«Per anni e in tante occasioni Claudio Nanni ha minacciato di morte, direttamente o indirettamente, la moglie Ilenia. Lo ha fatto direttamente a lei, che dalle condotte del marito aveva ben compreso le intenzioni violente nei suoi confronti. Lo ha fatto indirettamente, comunicando a terzi la sua intenzione di uccidere la moglie».
Botte, maltrattamenti, minacce di morte, e cause, penali e civili, per questioni di soldi, per la proprietà della casa, “le controversie” tra Claudio Nanni, in carcere per omicidio, e la moglie Ilenia Fabbri, andavano avanti da anni, e sono proseguite fino alla morte della donna, «che le ha tragicamente risolte», scrive il Gip Corrado Schiaretti.
Ilenia aveva denunciato tutto, ne aveva parlato con le amiche già nel 2017, e con il suo avvocato, poco prima dello scorso Natale: a quest’ultimo disse, senza mezzi termini, che qualora avesse vinto la causa di lavoro nei sui confronti, lui l’avrebbe ammazzata.
I due, erano separati dal 2018, ma una prima traccia del conflitto, risale all’ottobre del 2017, quando la 46enne di Faenza aveva denunciato Nanni dopo averla aggredita, «facendole sbattere la testa nel muro, spingendola verso un mobile, tenendole la testa abbassata e stringendole il polso», come da referto dall’epoca. (ANSA.it)
La band del cantante lughese terza nella serata delle cover del Festival
«Siamo sul podio di Sanremo nella serata delle cover con Rosamunda. Grazie a tutti coloro che ci hanno votato, un risultato meraviglioso, come sono meravigliosi gli Extraliscio». Commenta così sui social, il lughese Mauro Carlini, 73 anni, in arte Ferrara (a questo link la nostra intervista), grande protagonista giovedì sera sul palco del Festival di Sanremo.
Dopo essere stato impegnato soltanto nei cori della canzone in gara, ieri Ferrara è stato il cantante solista degli Extraliscio nella serata delle cover. La band romagnola fondata da Mirco Mariani ha portato a Sanremo appunto il “Medley Rosamunda” (composto da “Romagna Mia”, “Casatchok” e “Rosamunda”) ospitando Peter Pichler, artista di Monaco di Baviera, uno dei pochissimi musicisti al mondo in grado di suonare il Trautonium.
«Vi abbiamo fatto saltare dai divani? – scrive la band poco dopo l’esibizione sui social –. Noi ci siamo divertiti da pazzi». Al termine della serata gli Extraliscio sono risultati terzi in classifica sulla base dei voti dell’Orchestra e ora nella classifica generale dopo le prime tre serate del Festival occupano l’ottava posizione, su 26 artisti in gara.
Domani, venerdì 5 marzo, esce “È bello perdersi” (Betty Wrong Edizioni Musicali / Sony Music), nuovo album di inediti degli Extraliscio.
Le riflessioni di una storica dell’arte sul monumento realizzato negli anni 1780-81 in memoria del letterato
Riceviamo e volentieri pubblichiamo una riflessione sul progetto dell’architetto Camillo Morigia per il sepolcro di Dante Alighieri, scritto da Costanza Fabbri, storica dell’arte specializzata alla scuola di specializzazione in beni storico-artistici dell’Università di Bologna, dottore di ricerca in Storia dell’Arte (arte ravennate del Cinque-Seicento) all’Università di Ferrara e docente di ruolo al liceo classico di Ravenna. Fabbri insegna anche alla scuola di formazione teologica San Pier Crisologo per lezioni di specializzazione per le guide di Ravenna e per gli addetti della curia.
Uno scorcio della tomba di Dante dopo il restauro, in una foto postata da Danilo Dassani su Facebook
IL SEPOLCRO DI DANTE E LA VISIONE ESCATOLOGICA DEL PROGETTO DI MORIGIA
Il sepolcro di Dante, progettato e fatto eseguire dall’architetto Camillo Morigia (Ravenna, 1743-95) tra gli anni 1780-81, secondo i modi architettonici dello stile neoclassico, condensa in sé due tipologie architettoniche di derivazione pagana: il tempio e l’arco trionfale; se il primo viene evocato dalla presenza del timpano sormontante l’entrata, il secondo viene proiettato in facciata, ad incorniciare la porta di accesso, a sua volta protetta una mensola sostenuta da volute, in linea con la tradizione architettonica già codificata nella Toscana del Quattrocento da architetti come Leon Battista Alberti e Filippo Brunelleschi, e poi recuperata dagli architetti neoclassici, a partire da Giuseppe Piermarini nella facciata della Villa Reale di Monza e del teatro alla Scala.
Lo stemma che sormonta la mensola ci ricorda che il sepolcro fu voluto dal cardinal legato in Romagna Luigi Valenti-Gonzaga (un ramo locale dei più celebri parenti mantovani), a perenne memoria ed eterna gloria, come si evince dalle decorazioni in foglie di quercia (pianta simbolo di forza e robustezza, sin dall’antichità) e dalla presenza dell’iconografia del Tempo-Padre Eterno. Una sorta di ambivalente iconografia, quest’ultima, a metà strada tra il concetto pagano del Tempo (rappresentato secondo le indicazioni seicentesche di Cesare Ripa come un vecchio alato, a ricordare che «il tempo vola», anche se troviamo immagini del Tempo alato anche in dipinti precedenti all’Iconologia di Ripa, come nel caso della Venere e Cupido di A. Bronzino, solo per citare un esempio) e quello cristiano del Padre Eterno, Colui che tutto governa, da cui tutto nasce e a cui tutto ritorna.
Ecco che allora l’immortalità viene auspicata in questo sepolcro non solo per il Sommo Poeta, ma anche per la famiglia che a lui questo sepolcro volle dedicare, a perenne memoria; il concetto viene evocato anche dal simbolo pagano del serpente che si morde la coda, al centro del timpano: un rettile talmente squamato da ricordare le foglie dell’alloro, pianta simbolo di gloria ed eternità già nella cultura dell’antica Grecia. Quest’immagine si ritroverà, alcuni decenni dopo, in un altro celeberrimo monumento funebre, quello progettato da Antonio Canova per Maria Cristina d’Austria e conservato nella chiesa degli Agostiniani di Vienna, laddove l’imago clipeata dell’illustre sovrana viene incorniciata dal medesimo serpente, a suggello di gloria imperitura e fama sempiterna, vittoriosa sulla corruttibilità delle spoglie terrene.
Nel progettare il tempietto funerario in memoria di Dante Alighieri, Camillo Morigia, da diligente architetto neoclassico, volle citare altri simboli funerari caratteristici della cultura classica, come nel caso dei bucrani alternati ai drappi che decorano la trabeazione a mo’ di fregio: un motivo, questo, già visto nell’Ara pacis augustae, laddove la decorazione a bassorilievo intendeva riprodurre veristicamente le decorazioni che ornavano gli antichi recinti sacri all’epoca delle origini di Roma, quando i templi ancora non esistevano e gli altari erano luoghi dediti ai riti sacrificali. Il tema dei bucrani intende dunque riallacciarsi alla cultura funebre dell’antica Roma, raccordando in un disegno di continuità e contiguità la tradizione pagana con quella cristiana, in linea con la poetica letteraria e filosofica dello stesso Dante, che nella sua visione tolemaica e neoplatonica dell’universo fu in grado di armonizzare il passato classico con il presente cristiano.
Il medesimo intento è ravvisabile anche nell’immagine della pigna che sormonta l’intero edificio, coronamento ultimo di questo complesso progetto architettonico ed escatologico al tempo stesso: frutto del pino, albero da sempre legato alla città di Ravenna, in diverse civiltà essa ha racchiuso in sé i significati simbolici di forza vitale e immortalità, legati al sempreverde che la genera, alla solidità del suo legno e alla consistenza della sua resina, unitamente a quelli di fecondità e forza rigeneratrice per i semi che contiene; già usata nel rito di purificazione nelle civiltà del Vicino Oriente, nel mondo greco la pigna è associata a Dioniso, dio legato ai misteri della morte e della rinascita, alla rigenerazione e alla resurrezione.
Non è pertanto un caso che a Ravenna l’immagine della pigna sormonti un altro celeberrimo mausoleo, quello dedicato a Galla Placidia e risalente al V secolo. Ma Camillo Morigia non è un architetto del V secolo, bensì neoclassico: nel sepolcro dantesco, dunque, la pigna non sormonta più 2 un tetto a falde come nel mausoleo dell’imperatrice bizantina, ma una cupola di gusto classicheggiante, ribassata come quella del Pantheon romano e illustrata nel De Architectura di Vitruvio, il quale, con Leon Battista Alberti e Gian Battista Piranesi, guidò le scelte costruttive di Morigia, nell’entusiastica direzione di un riabbellimento neoclassico della città di Ravenna.
La testimonianza di un lettore che è andato a ritirare una raccomandata in giacenza e per due volte ha fatto ore di fila prima di sentirsi dire che la busta non era disponibile
I giorni di apertura al pubblico sono stati ridotti, i computer degli uffici spesso si bloccano, l’attesa di ore va fatta all’esterno senza coperture e la corrispondenza non è disponibile per il ritiro nelle date comunicate: è lo scenario di caos alle Poste di San Zaccaria, frazione di Ravenna, descritto da un lettore che ha inviato a R&D la testimonianza di un’odissea vissuta in prima persona.
Il 24 febbraio al rientro dal lavoro Marcello Ravaioli trova un avviso di giacenza di una Raccomandata. Sul tagliando è scritto che sarà disponibile all’ufficio postale di San Zaccaria dal 2 marzo e che rimarrà giacente per 30 giorni: «La prima cosa che mi ha sorpreso sono i 7 giorni di intervallo. Spesso si tratta di comunicazioni che prevedono sanzioni se il cittadino non se ne occupa». Ravaioli va a ritirare la corrispondenza il 3 marzo e venti minuti prima dell’apertura trova già sette persone in fila all’esterno: «A un certo punto l’impiegata esce per dire che il computer è bloccato e ci saranno ritardi. Dopo due ore tocca a me e mi dicono di tornare il giorno dopo perché la mia raccomandata non c’è». Oggi Ravaioli ha mandato una persona delegata. Un’ora di fila e la risposta è la stessa, argomentando con riferimenti a modalità di gestione che per un motivo o per l’altro non dipendono da nessuno.
«In questo caso, come in tanti altri, non ci sono alternative, e cioè non è possibile per il cittadino fare diversamente. Intendo che si è obbligati a sottostare a tutto questo, compreso permessi lavorativi, ferie, assenze dal lavoro, freddo, pioggia. Non esiste inoltre possibilità di ritiri automatici o prenotazioni. Per non dire che al numero di telefono non risponde quasi mai nessuno».
Le cose non erano così. Ad esempio la riduzione delle aperture a tre giorni alla settimana (lunedì-mercoledì) è solo recente: «Da tempo i paesani condividono fra loro i tanti disagi, che riguardano in modo trasversale tutte le fasce di età. L’ufficio in questione è stato una risorsa sul territorio funzionante e necessaria, ed ora è solo necessaria. Le cose andavano bene, ora vanno male. Questo è evidente e condiviso dai paesani».
In Emilia-Romagna il 10 percento delle persone che hanno completato il ciclo di due somministrazioni in Italia
In Emilia-Romagna è previsto l’arrivo in marzo di 626mila nuove dosi di vaccino anti-Covid, che si aggiungono alle quasi 560mila ricevute, di cui il 76 percento già utilizzate (398mila Pfizer, 14mila Moderna e 15mila AstraZeneca). Lo rende noto la Regione. Al momento non è specificata la distribuzione provinciale delle fiale
Come raccomanda il ministero della Salute, una quota del quantitativo consegnato del vaccino Pfizer e Moderna, il 15 percento – quella minima consigliata a fronte di una riserva che può arrivare fino al 25 perceto – è stata tenuta a disposizione per garantire la somministrazione della seconda dose in caso di ritardi nelle forniture, come avvenuto sia in febbraio sia in marzo.
Ad oggi, sono 146.039 i cittadini in regione immunizzati, quelli cioè che nei 110 punti vaccinali operativi su tutto il territorio da Piacenza a Rimini, hanno completato la vaccinazione: oltre il 10 percento del dato nazionale.
L’assessore alle Politiche per la salute, Raffaele Donini, dice che la Regione è pronta a incrementare in qualsiasi momento il ritmo delle vaccinazioni, arrivando a 45mila somministrazioni giornaliere, come prevede il Programma regionale: dipende solo ed esclusivamente dalla quantità di vaccini a disposizione.
I dati provinciali indicano la ripresa della curva delle positività
Si registra un’altro giorno senza decessi correlati al Covid in provincia di Ravenna – il quinto nell’ultima settimana, cosa che non si verificava da mesi – ma la curva dei nuovi contagi continua a crescere e oggi, 4 marzo, le positività accertate sono 249. Si tratta di 102 asintomatici e 147 con sintomi (246 in isolamento domiciliare e 3 ricoverati). I tamponi eseguiti sono stati 2.581 per una percentuale di positivi di circa il 10 percento. Sono state comunicate circa 198 guarigioni (il totale è circa l’80 percento dei 20mila casi individuati in un anno). I posti letto in terapia intensiva occupati da Covid sono 8, un quarto della disponibilità.
In tutta l’Emilia-Romagna si sono registrati oggi casi 2.545 in più rispetto a ieri, su un totale di 38.231 tamponi eseguiti nelle ultime 24 ore. La percentuale dei nuovi positivi sul numero di tamponi fatti da ieri è del 6,7 percento.
La situazione dei contagi nelle province vede Bologna con 562 nuovi casi e Modena con 442; poi Ravenna (249), Reggio Emilia (246), Rimini (219), Cesena (208), Parma (169) e Ferrara (152). Seguono il territorio di Forlì (126), il circondario di Imola (111) e la provincia di Piacenza (61).
I casi attivi, cioè i malati effettivi, a oggi sono 48.128 (+1.450 rispetto a ieri). Di questi, le persone in isolamento a casa, ovvero quelle con sintomi lievi che non richiedono cure ospedaliere o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 45.269 (+1.367), il 94% del totale dei casi attivi.
Si registrano 25 nuovi decessi in regione. In totale, dall’inizio dell’epidemia i decessi in regione sono stati 10.675.