Il sindaco Medri: «Continuate a rispettare le norme, ce la faremo tutti insieme»
Il sindaco di Cervia, Massimo Medri, fa sapere che sono otto i nuovi casi positivi alla Covid-19 nel comune segnalati dall’Ausl Romagna. Si tratta di due uomini di 50 e 70 anni e quattro donne di età compresa tra i 25 e i 78 anni, e due minori. Salgono così a 38 i casi accertati a Cervia.
«Tutti i pazienti avevano avuto contatti con altri casi già accertati dalla stessa Azienda Sanitaria. La lotta contro il virus è ancora ai massimi livelli, per questo chiediamo a tutti di rispettare scrupolosamente le norme Ministeriali e le Ordinanze Regionali e Comunali. Ce la faremo tutti insieme».
Aumento considerevole delle positività ma la Provincia aveva già comunicato che c’erano stati ritardi nella comunicazione di tamponi già fatti
In provincia di Ravenna si registrano altri 64 nuovi casi di positività al coronavirus. Il totale delle diagnosi di infezioni da Covid-19 arriva così a 451, aggiornato alle 12 di oggi 26 marzo. L’aumento citato è rispetto a 24 ore prima. Va conteggiato anche un nuovo decesso, il diciottesimo: un uomo di 75 anni.
Va ricordato che i numeri fanno riferimento ai tamponi fatti in provincia e non alla residenza dei pazienti. Nella lettura del dato di aggiornamento odierno va tenuta in considerazione la precisazione fatta già ieri dalla Provincia e ribadita oggi: «Fanno riferimento alle ultime 48 ore perché non tutti i tamponi inviati ai laboratori dal dipartimento di Igiene pubblica hanno ricevuto risposta entro 24 ore, per motivazioni tecniche».
Rispetto alle 64 positività comunicate oggi 32 sono donne e 32 uomini; 4 residenti fuori provincia. Cinquantuno pazienti sono in isolamento domiciliare poichè privi di sintomi o con sintomi leggeri, 13 sono ricoverati, nessuno in terapia intensiva. Si tratta principalmente di pazienti che hanno avuto contatti stretti con casi già accertati.
«Questi scostamenti a rialzo o a ribasso – dichiara Michele de Pascale, sindaco di Ravenna e presidente della Provincia – non sono determinati dall’evoluzione della patologia, ma dalle dinamiche del laboratorio di analisi. Quindi dobbiamo perseverare con impegno nelle misure di contenimento che fino ad ora, nel nostro territorio hanno dato risultati molto importanti».
Complessivamente come detto i casi sono dunque 451, così distribuiti per comune:
197 Ravenna
66 Faenza
38 Cervia
36 Lugo
13 Bagnacavallo
13 Castelbolognese
12 Cotignola
11 Alfonsine
9 Russi
7 Conselice
6 Massa Lombarda
5 Solarolo
5 Riolo Terme
3 Fusignano
3 Brisighella
2 Sant’agata Santerno
1 Casola Valsenio
Altri 24 sono residenti fuori dalla provincia di Ravenna.
In regione sono 10.816 i casi di positività complessivi, 762 in più di ieri. 42.395 i test refertati, 4.350 in più sempre rispetto a ieri. Sono 4.680 le persone in isolamento a casa, poiché presentano sintomi lievi, che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi (415 in più rispetto a ieri); aumentano di poche unità – come si sta verificando negli ultimi giorni – quelle ricoverate in terapia intensiva, che sono oggi 301, 7 in più rispetto a ieri. Ma crescono i decessi, passati da 1.077 a 1.174: 97, quindi, quelli nuovi, di cui 64 uomini e 33 donne. Al tempo stesso, continuano a salire le guarigioni, che raggiungono quota 792 (71 in più rispetto a ieri), 668 delle quali riguardano persone “clinicamente guarite”, divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione; 124 quelle dichiarate guarite a tutti gli effetti perché risultate negative in due test consecutivi.
Questi i casi di positività sul territorio, che si riferiscono non alla provincia di residenza ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: Piacenza 2.213 (91 in più rispetto a ieri), Parma 1.611 (86 in più), Reggio Emilia 1.698 (112 in più), Modena 1.676 (143 in più), Bologna 1.253 (di cui Bologna 1.034, 135 in più rispetto a ieri, e 219 Imola, 11 in più), Ferrara 212 (8 in più rispetto a ieri), Ravenna 451 (64 in più), Forlì-Cesena 513 (di cui 241 a Forlì, 26 in più rispetto a ieri, e 272 a Cesena, 33 in più), Rimini 1.189 (53 in più).
La visita all’interno e all’esterno è possibile grazie a un virtual tour realizzato a titolo interamente gratuito da Luca Zacchi, fotografo certificato Google Street View. Il tour virtuale esalta in particolare la collocazione della Biblioteca nel cuore della cosiddetta “zona del silenzio” legata alla memoria di Dante.
La palazzina sede della Biblioteca, progettata dall’architetto piacentino Giulio Ulisse Arata, autore anche dell’attiguo Palazzo della Provincia, fu infatti inaugurata il 13 settembre 1936 nell’ambito della grande ristrutturazione della zona dantesca, là dove un tempo sorgeva Casa Rizzetti, nota per avere ospitato il poeta inglese George Gordon Byron nel 1819.
Il consigliere comunale Alvaro Ancisi descrive gli ambiente degli uffici in cui non è possibile garantire la distanza di un metro
Secondo un consigliere comunale di Ravenna, Alvaro Ancisi di Lpr, c’è preoccupazione e angoscia tra il personale di Ravenna Entrate, la società del Comune che riscuote i tributi, che sta continuando a lavorare negli uffici dopo un caso di positività al coronavirus tra i dipendenti. Ancisi interroga il sindaco Michele de Pascale per sapere se sono state disposte le dovute misure di prevenzione e se ritiene che l’attività sia da considerare tra quelle essenziali che devono quindi restare attive.
Il decano dell’opposizione fa riferimento a informazioni ricevute e ritenute credibili: un dipendente di Ravenna Entrate in servizio fino al 12 marzo è risultato positivo al coronavirus. È poi entrato in malattia. «Nessuno dei colleghi è stato sottoposto a tampone di controllo, né messo in quarantena. I colleghi del suo stesso ufficio si sono però assentati per malattia. Nella mattinata del 12 marzo stesso è stata disposta la chiusura immediata degli sportelli al pubblico. Dal giorno dopo fino al 25 marzo, sono state imposte al personale ferie coattive a rotazione. Di fatto, è stata dimezzata la presenza giornaliera dei dipendenti. Il 23 marzo tutti a casa, in ferie coatte, per asserita disinfezione dei locali».
Ancisi prosegue descrivendo lo scenario nella sede: l’organizzazione degli spazi interni non assicura la distanza di almeno un metro tra i colleghi, «salvo che non stiano tutti incollati al loro sedile». La altre persone, utenti e no dell’azienda, per salire ai piani superiori sono obbligate a passare su un retro corridoio posto quasi a contatto degli sportellisti che servono il pubblico nel piano terra.
L’associazione di categoria prende posizione dopo le preoccupazioni di Cgil e Cisl che lamentano mancanza di mascherine per i lavoratori dello scalo
Una veduta aerea della darsena San Vitale del canale Candiano (foto Sapir)
«Il rispetto di tutte le regole di sicurezza è la premessa imprescindibile per il funzionamento di ogni settore economico, anche nel porto di Ravenna». Confindustria Romagna ribadisce che anche in questa emergenza sanitaria senza precedenti la priorità assoluta di ogni attività deve essere la salvaguardia della salute delle persone. La dichiarazione arriva dopo le uscite di Cgil e Cisl che lamentano al contrario scarsa protezione per i lavoratori dello scalo.
Gli Industriali in una nota inviata alla stampa ricordano che le imprese del comparto marittimo e dei trasporti rientrano tra le attività essenziali autorizzate dal dpcm Chiudi Italia, «e gli operatori sono stati rapidissimi ad adeguarsi alle normative più stringenti, ricorrendo ai presidi sanitari in modo massiccio». L’associazione di categoria afferma che «chi rimane operativo è impegnato a farlo con il minor numero di lavoratori possibile, condividendo l’urgenza di diminuire drasticamente il movimento delle persone e la densità nei luoghi di lavoro».
Nello scalo ravennate i traffici sono già in calo, e ulteriori diminuzioni si avranno appena fermate le aziende non essenziali: «Ora è importante superare questa fase con rigore, realismo e lucidità, senza aggiungere ulteriori tensioni, per poi essere pronti a una ripartenza».
La Regione mette in fila le indicazioni utili per chi vuole agire in deroga al decreto “Cura Italia”
La Regione Emilia-Romagna ha messo a punto un vademecum per supportare le imprese manifatturiere del territorio che vogliano produrre mascherine chirurgiche, in deroga alla normativa vigente come previsto dal decreto del Governo “Cura Italia”. Il documento dettagliato è consultabile a questo link.
Le aziende produttrici che intendano avvalersi della deroga dovranno inviare all’Istituto Superiore di Sanità, Iss, un’autocertificazione nella quale dichiarino le caratteristiche tecniche delle mascherine e che queste rispettino i requisiti di sicurezza della normativa vigente, così da poter avviare la produzione. Entro tre giorni dalla autocertificazione le imprese dovranno trasmettere all’Iss ogni elemento utile per la validazione. L’Istituto si pronuncia entro i 2 giorni successivi e in caso di parere negativo il produttore deve cessare la produzione.
Si tratta di una procedura molto controllata: le mascherine dovranno essere testate e risultare conformi allo standard EN 14683 e allo standard ISO 10993, e dovranno essere prodotte da un’azienda che abbia un sistema produttivo di qualità certificato. In Emilia-Romagna i laboratori in grado di testare e dichiarare la conformità di mascherine chirurgiche agli standard prima citati sono l’Università di Bologna e il Tecnopolo di Mirandola (Mo).
«In una situazione economica difficile per tante filiere del manifatturiero, la produzione di questi dispositivi– dichiara l’assessore allo Sviluppo economico e lavoro, Vincenzo Colla- può rappresentare un’opportunità con doppia valenza, sia sociale che economica. Con i laboratori e le competenze che abbiamo presso l’Università di Bologna e del Tecnopolo dedicato alla ricerca biomedicale riusciamo a dare un contributo concreto per realizzare prodotti necessari per la salute di operatori sanitari e cittadini». L’Università di Bologna e il Tecnopolo del biomedicale di Mirandola hanno già definito una procedura interna per rispondere in modo tempestivo alle richieste delle imprese, compatibilmente con i tempi tecnici dei test.
L’iniziativa della cooperativa di autotrasportatori di Ravenna. Dispositivi già ordinati e presto in consegna. Il presidente Rosetti: «Siamo cooperatori, ci è sembrato doveroso dare un contributo a chi rischia la vita»
La cooperativa di autotrasportatori Consar di Ravenna dona all’Ausl Romagna due macchine per la respirazione assistita. Il valore complessivo è di 54mila euro. I dispositivi sono stati ordinati e saranno consegnati prima possibile alle strutture sanitarie di Ravenna.
«Abbiamo deciso di agire perché ci sentiamo fortemente colpiti da questa situazione. In quanto cooperatori abbiamo quindi ritenuto doveroso dare il nostro contributo al fine di aiutare persone che in questo momento sono in grande difficoltà e rischiano la vita», dice il presidente di Consar, Veniero Rosetti. Ogni anno la cooperativa destina circa 70mila euro ad azioni rivolte alla collettività, in particolare le fasce più giovani e gli anziani, collaborando con il Comune e gli altri enti locali nell’individuazione dei progetti da sostenere».
Il Consar fa parte di Legacoop Romagna. Ammontano ormai a più di 150mila euro le donazioni che le cooperative aderenti alla centrale hanno deciso di destinare agli ospedali romagnoli o direttamente all’azienda sanitaria romagnola per l’emergenza coronavirus. «È particolarmente significativo – dice il presidente di Legacoop Romagna, Mario Mazzotti – il gesto di solidarietà da un consorzio cooperativo di autotrasportatori: un settore indispensabile per garantire continuità all’economia, ai servizi e agli approvvigionamenti i cui operatori, gli autisti in primo luogo, al pari di quelli che operano in prima linea nelle strutture sanitarie e sociali, si stanno impegnando al massimo con grande spirito di sacrificio e abnegazione. A loro va quindi il nostro più vivo ringraziamento».
Dalla mezzanotte di oggi, giovedì 26 marzo, alla mezzanotte di domani, venerdì 27, sarà attiva nel territorio del comune di Ravenna e del comune di Cervia l’allerta meteo numero 21, per criticità idraulica e stato del mare, emessa dall’Agenzia regionale di protezione civile e da Arpae Emilia-Romagna. L’allerta è gialla.
«Si raccomanda – si legge in una nota del Comune – di mettere in atto le opportune misure di autoprotezione, fra le quali, in questo caso: prestare particolare attenzione allo stato dei corsi d’acqua. Comunque si ricorda, nell’ambito delle misure di contenimento e contrasto della diffusione del Coronavirus, gli spostamenti sono consentiti solo per motivi di lavoro, salute, necessità».
Il museo di Faenza possiede «la più importante raccolta di ceramiche al mondo»
Il Mic di Faenza
Chiuse le porte in ottemperanza del decreto del Presidente del Consiglio per il contrasto e il contenimento del Covid 19, in questi giorni difficili, il Mic condivide contenuti che riguardano la propria collezione su tutti i suoi canali di comunicazione social.
Il Mic di Faenza possiede la più importante e ricca raccolta di ceramiche al mondo con sezioni dedicate a tutte le grandi civiltà. La collezione spazia attraverso le culture più diverse: dall’antico Egitto, all’Estremo Oriente, dalle culture precolombiane, al Rinascimento Italiano fino alla scultura contemporanea internazionale.
Cosi ogni mattina il museo porterà la mente in un viaggio virtuale attraverso il racconto di un’opera della propria collezione e ogni pomeriggio proporrà un ciclo di interviste ai maestri ceramisti faentini e altre “memorie storiche” di questa grande arte artigiana grazie al proprio canale you tube.
La collezione del MIC di Faenza è inoltre visitabile virtualmente grazie a Google Cultural Institute a questo link.
Nel frattempo il Mic ha posticipato la chiusura della mostra “Picasso. La sfida della ceramica”, per gentile concessione del Museo Picasso di Parigi, al 13 maggio.
La nota del coordinamento regionale: «In casa ci sono più rischi. E ora è più difficoltoso portare avanti il percorso di riconquista dell’economia»
«Se sottostare alle limitazioni imposte per prevenire la diffusione del Covid-19 è difficoltoso per tutti, lo è ancora di più per le donne che subiscono o hanno subito violenza. Durante questa reclusione forzata le donne sono esposte a un maggior controllo da parte dell’autore di maltrattamenti, innalzando il rischio per la loro incolumità. La chiusura delle scuole e dei centri diurni per anziani e persone non autosufficienti, da una parte aumenta il carico di lavoro di cura, e dall’altra rende maggiormente problematico l’allontanamento».
Lo scrive in una nota il coordinamento dei centri antiviolenza della regione, tra cui Linea Rosa di Ravenna, Demetra Donne in Aiuto di Faenza e Sos Donne di Lugo, che «vogliono far sapere a tutte le donne che possono uscire di casa per chiedere aiuto per motivi di violenza, portando con sé un’autocertificazione che compileranno solo nel momento dei controlli, dato che – anche nelle parole della ministra Elena Bonetti, si tratta di una situazione di necessità». I centri «auspicano pertanto la massima attenzione e collaborazione da parte delle Forze dell’ordine preposte ai controlli in questi giorni perché facilitino le donne costrette ad allontanarsi da casa per mortivi legati a violenza nelle relazioni di intimità».
«I centri antiviolenza ci sono e continuano a funzionare regolarmente – dice Angela Romanin, presidente del Coordinamento dei Centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna –, accogliendo e ospitando le donne, anche in emergenza, pur nel rispetto di tutte le norme igienico-sanitarie. Anche se stiamo registrando un drastico calo delle nuove richieste di aiuto, proseguono i colloqui con le donne già in percorso e con le ospiti nelle case rifugio, come pure tutti i contatti con la rete di supporto (servizi sociali, FFOO, Pronto soccorso, avvocate, ecc.) gestiti con nuove modalità dettate dalle misure di sicurezza, che prediligono il colloquio telefonico o la videochiamata, riservando i colloqui di persona alle sole emergenze». Grazie all’interlocuzione con la Regione Emilia-Romagna, i centri stanno affrontando il problema dei nuovi ingressi nelle Case rifugio che devono essere fatti tutelando già le donne e i bambini ospiti dal rischio di contagio.
«Un’altra difficoltà importante per le donne – si legge nella nota – è portare avanti il percorso di riconquista dell’autonomia. La sospensione delle udienze o dei tirocini lavorativi blocca le donne in un limbo difficile da sostenere. La separazione non va avanti, il lavoro non c’è. Per fortuna, le urgenze nei tribunali sono garantite, le udienze per gli ordini di protezione continuano regolarmente per dare alle donne quella necessaria protezione dai partner violenti attraverso un allontanamento o un divieto di avvicinamento dalla casa».
«Gli strumenti urgenti attualmente disponibili per la tutela delle donne vittime di violenza, e quindi allontanamenti civili e misure cautelari penali – dicono le avvocate della rete nazionale Dire-Donne in rete contro la violenza – rientrano tutti tra le procedure urgenti e indifferibili che possono/debbono essere attivate anche in questo momento di stretta sull’attività dei Tribunali tutti. Per tali procedure i termini non sono sospesi e le udienze si possono tenere. L’allontanare prioritariamente il violento lasciando la donna e i figli a casa dovrebbe essere la soluzione principale sempre, non solo in tempi di virus».
De Pascale: «Allo studio un piano di potenziamento dell’attività anche fra chi non ha sintomi, si comincerà dai dipendenti del Sistema sanitario»
La politica sui tamponi per individuare le persone positive al coronavirus che continua a mietere vittime anche nel nostro territorio è sempre più oggetto di dibattito tra gli studiosi, i sanitari e chi si sta occupando dell’emergenza.
Sempre più forti sono le voci di chi, a cominciare dall’Oms, dice che bisogna fare più tamponi possibili per poter individuare anche gli asintomatici contagiosi e anche per poter avere dati più vicini alla realtà. Ne abbiamo per questo parlato con il primo cittadino di Ravenna Michele De Pascale, che è anche presidente della Provincia e che sta seguendo in prima linea la battaglia contro il virus nel nostro territorio.
De Pascale con il premier Conte in una foto di alcuni mesi fa
Sindaco, quanti tamponi stiamo facendo in provincia di Ravenna in media al giorno? Quanti ne sono stati fatti dall’inizio della crisi?
«Su Ravenna da inizio emergenza mi risulta siano stati fatti 1.580 tamponi, con una media nell’ultima settimana di 125 al giorno».
Ci sono persone che raccontano di avere sintomi al proprio medico, ma a cui il tampone non viene fatto. Perché? A chi viene riservato?
«Fino ad ora il tampone è stato effettuato se una persona ha avuto un contatto stretto con un caso positivo, cioè una permanenza prolungata con una prossimità inferiore al metro, e, contemporaneamente, ha sintomi specifici. Il solo contatto o i soli sintomi fino ad ora non hanno previsto il tampone».
Come funziona oggi il tampone? Quanto tempo serve per avere una risposta? E quanto costa?
«Per avere una risposta servono circa 24/48 ore. Il costo in via approssimativa è di circa 40 euro a tampone, ma il motivo per cui finora sono stati limitati non sono i costi, ma un principio di priorità visto che, come per i dispositivi di protezioni individuali, le mascherine e gli altri dispositivi di protezione, non ci sono reagenti e personale sufficiente per poterne fare di più».
L’Oms dice che bisogna fare tamponi a tutti, la strategia scelta dalla Corea, ma più vicino a casa anche dal Veneto, mentre l’Emilia-Romagna aveva fatto percentualmente molto meno tamponi andando quasi “a colpo sicuro”. Si sta cambiando strategia? La Regione sta quindi tornando sui propri passi? «Come ha detto qualche giorno fa il commissario regionale Sergio Venturi è allo studio un piano di potenziamento dell’attività dei tamponi che, per seguire le nuove indicazioni dell’Oms e per ricercare persone positive anche fra coloro che non hanno sintomi, partirà dall’effettuare tamponi a tutti i dipendenti del Sistema Sanitario Nazionale e poi speriamo di poterlo estendere il più possibile».
La vicenda di un’opera monumentale frutto di un lavoro di cinque anni che sarà esposto a Ravenna per il Settecentenario dantesco. FOTO/VIDEO
È in un pomeriggio buio e freddo dell’ottobre 2015, sotto una coltre di conifere profumate e circondato da una coperta di neve, che Enrico Mazzone viene pervaso da un’idea: solo, a Rauma, in una città finlandese per lo più a lui sconosciuta, immagina che gli alberi possano parlare e raccontargli delle storie e così, quasi di incanto come succede solo nelle fiabe, si trova nella selva dei suicidi del XIII canto dell’Inferno dantesco, tra i sussurri e i lamenti dei dannati deturpati senza sosta dalle Arpie. È’ un attimo, lungo quanto basta per capire come avrebbe utilizzato il rotolo di carta esteso 97 metri per 4 di altezza donatogli dalla cartiera locale Upm: sarebbe diventato il prezioso supporto su cui “incidere”, attraverso la tecnica del puntinismo, la sua Divina Commedia.
Sono passati 5 anni da quella corsa epifanica in mezzo al bosco, anni che Enrico ha trascorso – con un intervallo di vari mesi vissuti in Islanda – letteralmente sdraiato sul lungo lenzuolo di carta, dal lunedì al venerdì, per dieci o dodici ore al giorno, a tu per tu non solo con gli spettri e le visioni paradisiache del Sommo Poeta: l’opera che il trentasettenne torinese si è accinto a portare a termine è una vera e propria «impresa», in cui l’artista si è depurato, calandosi in una sorta di «percorso iniziatico» dove ha potuto scoprire e accettare i propri «limiti» – afferma Mazzone – «ed esprimerli in qualcosa che non riprende pedissequamente la Commedia o le note miniature di Doré, ma è una vera e propria miscellanea di emozioni, reinterpretazioni di situazioni vissute che incarnano ciò che è successo anche a Dante».
Il processo creativo dell’opera, ad ora unica al mondo (si tratta infatti della più grande rappresentazione della Commedia sinora realizzata), ricorda un viaggio, dove agli spazi di lavorazione – prima un’aula di liceo, poi un deposito autostradale, infine una piccola casetta di legno – si alternano stati d’animo e situazioni non sempre idilliache, che l’artista ha sapientemente trasmesso al disegno attraverso tanta tenacia, testardaggine, fermezza ma soprattutto – asserisce – «ripetizione e noncuranza, anche del mio aspetto esteriore». Oltre al disegno, a riprova dell’immane viaggio dantesco di Enrico, rimangono i mozziconi conservati delle ben 6.240 matite utilizzate sinora per 66 metri, che si stima all’“arrivo” diventeranno circa 10.000. La scelta del puntinismo non è casuale, bensì dettata da una vera e propria esigenza personale: «mi dà l’idea di un incisione» afferma l’autore «tecnica che non ho potuto imparare all’Accademia di Torino». Le litografie tardo medievali e gotiche, il loro compendio di esseri e bestiari «mi hanno sempre causato» continua «un grande impatto estatico, un fascino che aumenta non appena rifletto sulla pazienza, la meticolosità, la sintesi perfetta che si celano dietro l’opera».
Se a livello immaginifico l’approccio è più circolare, poiché, a detta di Mazzone, «interagisco in maniera, per così dire, naïf e non limitativa con la creazione della storia nella storia», lo stile non iperrealista e la poetica visionaria e iconografica risentono decisamente dell’influenza di artisti nordici quattro e cinquecenteschi, come Jan van Eyck, Hieronymus Bosch, Albrecht Dürer e Lucas Cranach. Un posto speciale lo occupa certamente Gustave Doré, perché è grazie al più noto illustratore litografico della Commedia se Enrico, tra i 5 e 6 anni di età, ha conosciuto l’opus magnum di Dante, ammaliato dal mondo di immagini chiaro-scure che si sono sedimentate in lui per ritornare oggi in parte nel linguaggio visivo della sua opera.
È quindi evidente come Mazzone abbia cercato e cerchi tutt’ora di creare una connessione personale ma allo stesso tempo universale con la Commedia, a partire dalla traduzione in un «alfabeto visuale» del corpus di centinaia di fogli su cui ha annotato i suoi quotidiani stati d’animo e dalla continua ricerca e riosservazione dell’aspetto iconografico del viaggio dantesco, «per ritrovarlo e ricrearlo in un mondo, quello contemporaneo, in cui le visioni possano ritornare a spiegare la realtà e, osservando il mio disegno, le persone possano ritrovare quelle stesse visioni in approcci di vita abbastanza quotidiani».
Ai momenti bui e difficili, in cui l’opera e l’operato dell’artista non sono stati presi nell’adeguata considerazione, sono subentrati tempi migliori: l’interesse per la Divina Avventura – così pensa di chiamare la sua creazione – aumenta di giorno in giorno, tra le crescenti interviste e la partecipazione a mostre in varie località finlandesi, come l’importante fiera d’arte al Messukeskus di Turku che si è tenuta a metà marzo, dove per la prima sono stati esposti gli oltre 60 metri già compiuti (vedi il video in fondo all’articolo).
Al pari di tanti suoi connazionali all’estero, Mazzone si sta organizzando per tornare in patria e approdare proprio a Ravenna; sulle orme del Sommo Poeta, che nella città polentana compose gli ultimi canti del Paradiso, entro la fine del 2020 intende disegnare la terza cantica proprio nell’“ultimo rifugio”, ponendo fine alla sua Divina Avventura. L’esposizione dell’opera è prevista per il 2021: l’evento costituirà una sorta di appendice straordinaria a “Dante Plus” – la mostra sui volti di Dante ideata e curata da Marco Miccoli, riferimento fondamentale per il sostegno concreto e morale dato a Mazzone – grazie a un progetto che vede anche la collaborazione di Alessandra Carini e Giovanni Gardini. Non solo sarà una sfida trasportare un rotolo cartaceo di 300 kg dalla Finlandia all’Italia, avventura che Miccoli vorrebbe documentare come viaggio nel viaggio, ma anche trovare il luogo adatto e la struttura per esporlo una volta concluso.
«Mi piacerebbe portare il disegno in giro per l’Italia e all’estero, ma sarei sicuramente più che onorato e felice di esporlo in modo fisso proprio a Ravenna, la mia Firenze, che mi ha colpito per l’aspetto più umano, sincero e autentico» afferma Enrico. Poter vantare tra le proprie meraviglie anche la più grande rappresentazione al mondo della Commedia non è certo un’occasione da lasciarsi sfuggire: l’onere finanziario per l’allestimento necessario verrebbe di certo ripagato dal numero di persone che accorrerebbero per ammirarla dal vivo.
Il presidente della repubblica Mattarella, nel suo discorso per il LXXXII Congresso Internazionale della Società Dante Alighieri del settembre 2015, sostiene che la sfida principale di oggi è quella di essere, nel mondo, «testimone e portavoce d’Italia per la nostra lingua, delle nostre bellezze e dei nostri prodotti».
Non sarebbe quindi giunto il momento, per le istituzioni italiane, di aiutare concretamente connazionali come Enrico Mazzone, che, nel suo caso specifico, da anni si fa promotore, attraverso il suo progetto, dell’opera per eccellenza simbolo dell’Italia nel mondo?