La macabra scoperta di un passante. Il personale del 118 ha constatato il decesso. Sembrano escluse cause violente
Trovato il corpo di una persona nella golena dei Fiumi Uniti a Lido Adriano
Il cadavere di un uomo è stato ritrovato da un passante sull’argine dei Fiumi Uniti a Lido Adriano nel primo pomeriggio di oggi, 8 maggio. Secondo quanto si apprende, il corpo era a terra a poca distanza da un’auto. Sul posto è intervenuto il personale del 118 e la squadra volante della polizia. Al momento sembra escluso si tratti di una morte violenta.
In sette casi su dieci l’attività è portata avanti da un’impresa famigliare e femminile. A Cervia e Milano Marittima affitti fino a 40mila euro all’anno. Concessioni “sold out” nelle zone più urbanizzate. Valentini (Cna): «Per i chioschi non è importante scrivere “piadina romagnola”, avevano già una loro identità senza la certificazione»
Foto Adriano Zanni
Sono oltre duecento i chioschi di piadina in provincia di Ravenna, di cui ben oltre la metà solo nei comuni del capoluogo e di Cervia. Per il 70 percento dei casi – secondo una stima Cna – si tratta di imprese famigliari (in genere composte da due persone) prettamente femminili. Ma con la recente possibilità di ampliare i chioschi anche oltre i 20 metri quadrati (i più piccoli e tradizionali non superavano i 10) non è raro che vi lavorino anche 4-5 persone.
Difficile stimare il giro d’affari, anche se alcuni dati possono rendere l’idea. A inizio aprile per esempio è stato pubblicato sui siti specializzati un annuncio di vendita di un chiosco lungo la statale Adriatica, nel Cervese, a 250mila euro. Stando a quanto ci hanno dichiarato alcuni addetti ai lavori, un chiosco in centro a Cervia o Milano Marittima può invece superare come valore stimato anche il mezzo milione di euro, con fatturati annui tra i 250 e i 300mila euro. E affitti che possono arrivare anche a 40mila euro all’anno.
A Ravenna, un chiosco di medie dimensioni è stato da poco trattato per cifre attorno ai 150mila euro, a fronte di fatturati che possono superare anche i 200mila euro, ma che in molti altri casi, nel capoluogo, non arrivano a 100mila euro. La differenza, oltre che la qualità della piadina, la fa la posizione. Che al momento però non è possibile scegliere, non essendoci concessioni disponibili su aree pubbliche, almeno nelle zone maggiormente urbanizzate o turistiche (i chioschi di piadina rientrano nella famigerata direttiva Bolkestein e recentemente tanti, tranne qualche raro caso, sono stati riassegnati tramite avviso pubblico).
Abbiamo chiesto a Jimmy Valentini, responsabile settore Alimentare della Cna della provincia di Ravenna, come sia finita la diatriba di qualche anno fa legata al marchio Igp, che aveva visto i chioschi schierarsi contro la certificazione che, di fatto, ha uniformato la loro piadina a quelle industriali. Anzi, a oggi, possono chiamare la loro “Piadina romagnola” solo i 4 chioschi sugli oltre 200 di tutta la provincia aderenti al consorzio che tutela l’Igp.
«Semplicemente – risponde Valentini – ci siamo resi conto che questo nella stragrande maggioranza dei chioschi non era un problema perché non utilizzavano la dicitura “piadina romagnola”: basta la parola “piadina” e magari neanche quella, qui in Romagna, dove i chioschi hanno già una loro identità. Che siano a strisce bianco-rosse (come a Cervia, ndr), bianco-verdi (come in particolare a Ravenna, ndr) o bianco-azzurre (in alcune zone del mare, ndr), poco cambia. Si sa che lì puoi trovare la piadina romagnola. Al momento, come Cna, abbiamo un rapporto positivo con il Consorzio Igp che prevede per quei chioschi che lo vogliano un percorso di certificazione a costi minori e con meno burocrazia. Anche per i chioschi, infatti, l’Igp potrebbe comunque essere un valore aggiunto alla propria attività».
Notizia di questi giorni è anche la sentenza del tribunale europeo che ribadisce come “piadina romagnola Igp” debba essere prodotta (e confezionata) solo in Romagna. «La sentenza ha ribadito un’ovvietà – dice Valentini –, nel senso che il regolamento Igp europeo è una caratteristica di protezione territoriale, e se ci fosse stata una sentenza diversa sarebbe probabilmente crollato tutto il “castello” di tutte le protezioni europee: per questo credo che sia stato azzardato anche solo far arrivare a giudizio la vicenda. Piuttosto mi colpisce e mi dispiace che il ricorso sia arrivato dall’Italia (e in particolare un’azienda modenese), che con il marchio Igp invece può essere tutelata all’estero».
Una questione da sempre aperta è quella legata ai regolamenti, tra consumo sul posto e somministrazione. «Al momento con i Comuni di Ravenna e Cervia la situazione è abbastanza chiara e soddisfacente – continua Valentini –: oggi si è raggiunto un equilibrio tra la tradizione del chiosco, l’esigenza di mettere a sedere la gente e quella di non danneggiare bar o altri locali vietando la somministrazione di caffè o vino, per esempio, o vincolando Ravenna e Cervia a proporre solo piadine e crescioni, senza fare diventare i chioschi dei bazar (caso a parte è quello di Faenza, dove i chioschi sono di tutt’altro genere e vendono anche pizze e altri generi alimentari, ndr)».
Particolarmente soddisfatto per l’atteggiamento del Comune è il responsabile per Confartigianato di Cervia, Raffaele Biguzzi. «Negli ultimi anni l’Amministrazione ci è venuta incontro su suolo pubblico e ampliamento dei chioschi. D’altronde in questi anni la nostra attività (Biguzzi ha un chiosco a Pinarella, ndr) ha continuato ad espandersi, andando incontro alle esigenze dei turisti e delle famiglie che, con la crisi, potevano, e possono, consumare un pasto completo a 20 euro per due adulti e due bambini, all’aria aperta. La nostra clientela – termina Biguzzi – è di tutti i generi e negli ultimi anni ci siamo organizzati per intercettare anche i clienti musulmani, con piadine senza strutto, che per motivi religiosi non possono mangiare, ma con l’olio d’oliva…».
Rugby / Battendo con un netto 38-22 la rivale Fano i porpora oro chiudono in extremis al terzo posto superando i marchigiani e il Castel San Pietro
Foto di gruppo per i giocatori e lo staff del Ravenna Rugby
Battendo con un netto 38-22 il Fano nell’ultima partita dei playout di Serie C1, il Ravenna Rugby ha compiuto il salto triplo e ha centrato in extremis la salvezza, giungendo al terzo posto del girone. La gara contro i marchigiani è stata ben interpretata dai ragazzi di Mingolini e Cotignoli, bravi ad avere il sopravvento al termine di una sfida condotta con grande sicurezza e grinta. Il match è stato comunque combattuto e in alcune situazioni gli ospiti hanno messo in difficoltà la difesa ravennate, soprattutto in mischia chiusa, in particolare all’inizio della ripresa. Nonostante questo i porpora oro hanno retto molto bene, rilanciando il gioco con azioni offensive corali. Il Ravenna Rugby, finalmente in campo con la miglior formazione possibile e a ranghi completi, ha dimostrato che se avesse disposto sempre di tutto il proprio organico nel corso della stagione, avrebbe con ogni possibilità potuto disputare la poule promozione anziché quella per la salvezza.
Questo il tabellino di Ravenna-Rugby 38-22
RAVENNA RUGBY: Bassi, Fattori (30’ st Zinzani), Benelli (14’ st Benini), Xella, Gaudenzi, Loforte (1’ st Biagiotti), Gardini F. (1’ st Sangiorgi), De Zerbi (20’ st Tassinari), Marian, Cersosimo, Gardini M., Shehu (37’ st Deggiovanni), Bado, Cantatore (16’ st Collu), Trolio.
MARCATURE: 19’ pt c.p. realizzato dal Fano; 22’ pt meta Gardini M., non trasformata da Cersosimo; 31’ pt meta De Zerbi, non trasformata da Trolio; 35’ pt meta Cersosimo, trasformata da Trolio; 40’ pt meta Fano, trasformata; 15’ st meta Fano, non trasformata; 25’ st meta Xella, trasformata da Trolio; meta Collu, trasformata da Cersosimo; 39′ st meta Fano, trasformata; 40’ st meta Cersosimo, trasformata da Sangiorgi.
Risultati (decima e ultima giornata): Ravenna-Fano 38-22, San Benedetto V Regio Picena-Castel San Pietro 17-8. Riposo: Imola.
Classifica finale: San Benedetto V Regio Picena 38 punti; Imola 28; Ravenna 15; Fano 13; Castel San Pietro 11.
Volley femminile / Superando le forlivesi della Sammartinese la formazione allenata da Marone vince il campionato di Serie C femminile e sale nella categoria superiore
I festeggiamenti delle giocatrici della Liverani Castellari Lugo
Festa grande in casa Liverani Castellari Lugo per il ritorno in Serie B2 un anno dopo la rinuncia alla categoria nazionale. Le lughesi, che avevano bisogno di un punto per la certezza della promozione, hanno sconfitto 3-0 il già salvo Flamigni Kelematica Sammartinese e, alla presenza del sindaco di Lugo Davide Ranalli, hanno festeggiato la promozione al termine di una stagione impeccabile. Quella ottenuta contro le forlivesi è la tredicesima vittoria consecutiva della squadra di Biagio Marone che, dopo un girone di andata con qualche black out, non ha sbagliato più un colpo concedendo solo due punti alle rivali nel ritorno.
Paolo Pignocchi, vicepresidente dell’associazione in Italia, al circolo Arci Dock 61 in occasione della proiezione del documentario sulla scomparsa, tortura e uccisione del ricercatore italiano al Cairo nel 2016
Giulio Regeni nel ritratto del ravennate Gianluca Costantini, graphic journalist e attivista per i diritti umani tra i primi a occuparsi della vicenda che ha continuato a seguire nel tempo
Dopo lo striscione sul municipio, dopo le manifestazioni in piazza, il 10 maggio a Ravenna ricorre un’altra occasione per ricordare Giulio Regeni, una battaglia per “verità e giustizia” portata avanti dalla famiglia, da varie associazioni per la difesa dei diritti umani, in primis Amnesty International. E infatti sarà proprio Paolo Pignocchi, vicepresidente di Ammesty Italia a presenziare, alle 19, all’incontro al circolo Arci Dock 61 in via Magazzini Posteriori a Ravenna, prima della visione del documentario “Nove giorni al Cairo: tortura e omicidio di Giulio Regeni” di Carlo Bonini e Giuliano Foschini (La Repubblica). Un documentario in cui si ricostruiscono appunto gli ultimi giorni di vita del giovane ricercatore italiano che nel gennaio 2016 fu trovato privo di vita, dopo essere scomparso per una decina di giorni, morto dopo aver subito torture. Si trovava in Egitto per una ricerca per l’Università di Cambridge e la convinzione di chi si è occupato del caso è che siano coinvolti i servizi segreti egiziani. Da allora i movimenti per i diritti umani denunciano la scarsa collaborazione delle autorità egiziane nelle indagini e non solo.
Vicepresidente, perché continuare così ostinatamente questa battaglia? E con quale mezzi la state portando avanti?
«Perché sono stati violati dei diritti umani e chiediamo verità e giustizia per Giulio Regeni e per tutti i Giulio Regeni che ci sono in questo momento in Egitto, un Paese dove si pratica la tortura. Grazie anche all’impegno di Repubblica , di altre associazioni e naturalmente alla famiglia di Regeni che continua a chiedere giustizia per il figlio, intorno a questa storia è nato una sorta di popolo giallo in grado di mobilitarsi ogni mese in tre date: il 3, che è il giorno in cui è stato ritrovato il corpo brutalizzato, il 14, quando ad agosto 2017 il nostro governo ha rimandato l’ambasciatore a Il Cairo, il 25 per ricordare l’ultimo sms inviato da Giulio».
La scelta dell’Italia di far tornare l’ambasciatore in Egitto ha fatto molto discutere. Lo Stato italiano potrebbe fare di più per ottenere, appunto, “verità e giustizia”?
«Ci avevano promesso che il cambio all’ambasciata avrebbe contribuito a chiarire la situazione, in realtà i risultati ottenuti sono molto insoddisfacenti. Non è arivato nulla di significativo. Noi dobbiamo sapere dallo Stato egiziano dove è morto, chi lo ha ucciso e il perché. Sappiamo che Giulio stava conducendo una ricerca sui sindacati egiziani. Sappiamo per certo che è stato torturato. Ora l’indagine si sposta anche su Cambridge: benissimo, ma noi continuiamo a dire che le risposte devono arrivare dall’Egitto, perché è lì che è morto Giulio».
Quanto il caso Regeni è riuscito a uscire dall’Italia?
«Non abbastanza, è una questione sicuramente italiana, ma anche europea e che dovrebbe riguardare l’Onu stessa perché il regime di Al-Sisi viola in modo costante i diritti umani. Sappiamo che centinaia di perdono la vita e la libertà in Egitto. Ma, a cominciare dall’Italia stessa, abbiamo spesso avuto l’impressione che prevalgano altre logiche».
E cosa si risponde alle critiche di chi, anche nella nostra città, in qualche modo dice che “se l’è andata a cercare”?
«Purtroppo si sente dire spesso, ma Giulio era andato a fare un dottorato di ricerca, come altri, con il patrocinio dell’Università di Cambridge, in un Paese che non era segnalato in una lista nera di pericolo. Tra l’altro, come si vede bene nel documentario, era un ragazzo molto attento».
Esiste un rischio di strumentalizzazione politica? Di recente la madre di Giulio ha chiesto che non si ripeta l’episodio di un politico che si fa fotografare sulla sua tomba, come Martina del Pd…
«Non so se sia stata strumentalizzazione, ma di certo è stato un incidente che si poteva evitare, peraltro da parte di chi appartiene a una forza politica che ha fatto parte di due governi che non sono stati particolarmente prodighi nella risoluzione del caso. Nessuno aveva mai visto prima la tomba di Giulio. Il punto è che Giulio non deve diventare di una parte e non di un’altra, dobbiamo tenerlo fuori dall’agone politico anche se i nostri interlocutori saranno comunque politici. Abbiamo apprezzato le parole della neovicepresidente del Senato che ha detto di volersi occupare del caso, indipendentemente dalla forza politica a cui appartiene, ossia il Movimento 5 Stelle. Alle nostre manifestazioni non ci sono mai simboli di partito».
Senza arrivare all’Egittto, abbiamo anche in Italia un problema di violazione dei diritti umani? Il pensiero corre agli accordi con Turchia e soprattutto Libia per bloccare i migranti.
«Abbiamo un problema molto importante sulla Libia. Sono calati gli sbarchi, ma non i flussi migratori: semplicemente queste persone si fermano prima di salpare in situazioni terribili dei centri di detenzione. A questo si aggiunge la demonizzazione delle Ong e di fatto la scelta e il tentativo di lasciare le acque internazionali del Mediterraneo in mano alla guardia costiera libica. Peraltro su quella motovedetta che va a recupare i profughi non sappiamo “quale Libia” ci sia. In realtà l’Italia sta facendo accordi e sta finanziando Stati che potrebbero trovarsi a rispondere di crimini di Guerra davanti a un tribunale internazionale».
Lo striscione riappeso nella mattina del 31 gennaio
Sempre per restare al tema della violazione dei diritti umani in Italia, la ferita di Genova 2001 non è stata mai sanata del tutto. Sono recenti nuove polemiche sui colpevoli. E però almeno è stata approvata una legge sulla tortura…
«Noi sui fatti di Genova siamo intervenuti subito e prima ancora intervenimmo per Napoli e poi ci sono stati tanti casi singoli che hanno avuto quella triste sembianza, penso a Cucchi e Aldrovandi, tutti avvenuti in caserme dove non c’è accesso e che sono emersi grazie al coraggio di qualche famigliare e di qualche avvocato. Ciò per cui abbiamo lottato e continueremo a lottare è una legge adeguata sulla tortura. Rispetto a quella approvata nella scorsa legislatura diciamo “per fortuna che c’è”, ma non è la legge che volevamo. Abbiamo lavorato insieme ad altri per questa legge e ora è da modificare. Purtroppo c’è chi, tra le forze politiche, vuole farla passare come una legge contro le forze di polizia, ma non è così, dovremmo uscire da questo tunnel. Chiedere gli identificativi sulle divise di chi opera nell’ordine pubblico è a garanzia anche delle stesse forze dell’ordine, quei singoli che agiscono in violazione dei diritti umani devono sapere che non resteranno impuniti e tutti dobbiamo sapere che quella non è la polizia».
In manette un 40enne. Doveva essere un alloggio temporaneo e invece aveva preso in casa anche un’altra persona
Ha prestato la casa popolare di Faenza di cui era assegnatario a un amico bisognoso di un alloggio temporaneo e poi si è ritrovato vittima di un’estorsione: l’ospite pretendeva denaro per non raccontare che aveva ottenuto l’appartamento in subaffitto, circostanza che avrebbe causato la revoca dell’assegnazione ma mai verificatasi. La vittima dell’estorsione, un 54enne di Solarolo, si è rivolto ai carabinieri della stazione locale e il taglieggiatore è finito in manette: è stato arrestato Mhamed Benchaoui, 40enne originario del Marocco già noto alle forze dell’ordine. Il giudice ha applicato al magrebino la misura del divieto di avvicinamento alla vittima nonché l’obbligo di presentazione dai carabinieri per due volte a settimana. Le indagini condotte dai militari al comando del luogotenente Bruno Vivaldo proseguono perché rimangono alcuni aspetti da chiarire.
La vicenda prende le mosse all’inizio di febbraio. Il marocchino aveva incontrato un vecchio conoscente chiedendo un posto dove poter dormire per qualche giorno. Il 54enne si è informato con Acer che gestisce gli appartamenti popolari e poi ha consegnato le chiavi di casa allo straniero, raccomandandosi di mantenere tutto in ordine e di non procurare danni alle strutture. Il faentino gli avrebbe prestato anche qualche decina di euro per mangiare e, secondo il racconto della vittima, lo straniero per sdebitarsi gli avrebbe offerto della cocaina che l’altro ha rifiutato.
Il rapporto fra i due ha incominciato a incrinarsi nel momento in cui il 54enne ha voluto verificare le condizioni dell’appartamento ed ha trovato il suo ospite in compagnia di un connazionale che, a sua volta, si era accasato in quell’alloggio. E il disordine regnava in tutte le stanze: i due stranieri erano stati invitati ad andare via entro il giorno successivo.
La storia si è trascinata fino a marzo. Quando il 54enne è tornato nell’appartamento e ha trovato la situazione peggiorata ha alzato la voce e il 40enne ha impugnato un coltello da cucina e puntandoglielo contro lo ha minacciato di morte costringendolo ad uscire dall’appartamento a gambe levate. Il magrebino ha cominciato a minacciare l’italiano paventando che avrebbe raccontato all’Acer di aver pagato 150 euro al mese come subaffitto.
A metà aprile, a seguito di un intervento dei carabinieri chiamati dal 54enne, il magrebino si è impegnato a lasciare l’appartamento il giorno successivo e questa volta ha mantenuto la parola. Quando il faentino ha rimesso piede in casa ha trovato danni alla caldaia, agli arredi del bagno e agli infissi. Dopo aver lasciato l’appartamento, il 40enne ha cominciato a perseguitare il 54enne con telefonate minatorie, accusandolo di aver fatto intervenire i carabinieri e ricordandogli più volte l’episodio del coltello di qualche settimana prima, rincarando la dose con la minaccia di rivelare la storia del sub-affitto. La prima volta l’uomo ha ceduto ai ricatti pagando 170 euro. Poi si è rivolto ai carabinieri.
Dopo aver fotocopiato le banconote ed essersi nascosti in borghese nei paraggi del luogo dove era stato fissato l’appuntamento, i militari hanno assistito allo scambio del denaro e appena la vittima si è allontanata sono saltati addosso al suo estorsore, che si era presentato all’appuntamento a bordo di un auto guidata da un connazionale a cui aveva chiesto un passaggio. Appena i carabinieri gli hanno trovato in tasca i 180 euro consegnati dalla vittima, per il 40enne magrebino sono scattate le manette con l’accusa di estorsione continuata.
Prime reazioni locali all’ipotesi di tornare alle urne in estate
Il sindaco di Rimini e presidente della Destinazione Romagna Andrea Gnassi (a sinistra) con l’assessore regionale al Turismo, il ravennate Andrea Corsini
A livello nazionale sembrano avvicinarsi a grandi passi nuove elezioni, ma dalla Riviera romagnola si alza già la protesta contro l’eventualità di tornare al voto in luglio, come auspicato per esempio dal Movimento 5 Stelle.
Il primo ad alzare la voce è stato (su Facebook) il sindaco di Rimini Andrea Gnassi che ha ricordato come l’8 luglio (la prima data ipotizzata, poi praticamente già scavalcata a favore del 22) cada nel weekend della Notte Rosa, seguito, sempre sui social, dall’assessore al Turismo della Regione, il ravennate Andrea Corsini. «Voto a luglio? – ha scritto su Facebook – Un attacco diretto al diritto di voto e un danno incalcolabile al turismo italiano. Ditelo a Salvini e a Di Maio».
Interpellato dal Carlino, il sindaco di Ravenna Michele de Pascale ha invece sottolineato come il Governo sia di certo più importante della Notte Rosa, ma come i tempi siano troppo stretti per tornare a votare già in estate.
I carabinieri hanno sequestrato due animali vivi e tre carcasse trovate nel congelatore. Palazzo Merlato spiega i dettagli delle cinque bestie: «La struttura ospita circa 70 ed è a norma». A fine agosto scade la convenzione per la gestione
«Alcune delle foto circolate in questi giorni, su presunti casi di malnutrizione al canile di Ravenna, sono false: non sono del periodo attuale o addirittura non sono state scattate nella struttura di via Romea». Il Comune di Ravenna interviene per fare chiarezza sul canile municipale interessato il 2 maggio da un’ispezione dei carabinieri del Nas. «Si attende il termine delle verifiche in corso per comprendere se vi siano delle azioni da intraprendere nei confronti dei gestori, alla luce di quanto previsto dai contratti in corso», comunica l’ufficio comunale Diritti degli animali con una nota inviata alla stampa oggi, 7 maggio. Palazzo Merlato fa sapere che l’attuale affidamento scade il 31 agosto e di essere già al lavoro per l’avvio di una nuova gara, «fermo restando che l’ultima gara effettuata, sempre perseguendo la maggiore trasparenza, era stata aperta anche alle associazioni zoofile».
Il Comune sottolinea che nella struttura – «Già a norma ma in cui si stanno eseguendo ulteriori migliorie» – sono presenti 70 cani «in buona salute e sui quali non è stato disposto alcun accertamento». Come già riportato nelle prime ore dopo l’intervento dei militari, sono stati sequestrati due cani vivi e tre carcasse.
Le carcasse di animali «erano regolarmente conservate in apposito congelatore, ai sensi della normativa, in attesa di essere smaltite o inviate all’Istituto zooprofilattico per eventuale esame necroscopico». Gli animali identificati nel congelatore sono: «Un segugio meticcio di età presunta 14 anni entrato al canile nel dicembre 2016 perché vagante e senza microchip deceduto da circa 10 giorni; un pastore tedesco di 15 anni proveniente dal Comune di Russi entrata già in condizioni piuttosto critiche data l’età; un cane di 15 anni, proveniente da Russi, affetta da tumore che, partito da un dito (asportato lo scorso anno), aveva originato metastasi diffuse a tutti gli organi che hanno reso le condizioni tali da praticare l’eutanasia, effettuata la scorsa settimana, per evitare inutili sofferenze». Le due bestiole vive invece sono «un meticcio pittbull/bulldog francese, di 8 anni, entrato come rinuncia di proprietà da Russi, in quanto morsicatore, affetto da sindrome da malassorbimento e reduce da infezione gastrointestinale nel mese scorso, le cui condizioni sono migliorate; un pittbull di 16 anni entrato per rinuncia di proprietà, mordace e poco trattabile, che presenta una magrezza compatibile con l’età». Sia le carcasse, ancora in congelatore, sia i due cani vivi, sono custoditi al canile, questi ultimi in due box all’interno del locale infermeria. Il sequestro dei due cani vivi potrà consentire ulteriori approfondimenti per comprendere la genesi delle loro condizioni.
Il 5 maggiola la partenza di Caravita dal suo paese di residenza: lo attendono 11mila km tra andata e ritorno. La prima parte del viaggio in compagnia dell’assessore allo Sport
Da Fusignano a Capo Nord e ritorno in bicicletta. È la sfida del fusignanese Mirko Caravita, partito sabato 5 maggio. Il programma di viaggio prevede 11mila km attraverso Germania, Danimarca, Svezia e Lapponia, fino ad arrivare a Capo Nord. Il territorio norvegese sarà per lui un giro di boa, prima del ritorno verso l’Italia.
«Ho una grandissima passione per la bicicletta, che è diventata per me anche uno stile di vita, avendola adottata come unico mezzo per la mia mobilità – ha spiegato Caravita –. Tutto ciò mi ha stimolato a progettare un giro in solitario in bicicletta. Il viaggio mi consentirà di attraversare Paesi dove la bicicletta ha un ruolo importante nella vita quotidiana degli abitanti. Il mio obiettivo è infatti portare la testimonianza di come, in certi Paesi, nonostante il clima sia meno favorevole del nostro, la bicicletta venga utilizzata nella vita di tutti i giorni, con infrastrutture adatte e all’avanguardia».
Ad augurare in bocca al lupo al ciclista fusignanese erano presenti il sindaco Nicola Pasi e l’assessore allo Sport Andrea Minguzzi, che percorrerà i primi chilometri del tragitto insieme a Caravita. «Vedere un nostro concittadino intraprendere un’impresa del genere ci riempie di orgoglio – ha dichiarato Pasi –. Mirko nei prossimi mesi porterà Fusignano nel resto d’Europa e noi siamo convinti che l’avventura che inizia in questi giorni non possa che essere straordinaria».
Sofia Ceccarello ha chiuso a Rimini con 400 punti sui 400 disponibili
La quindicenne ravennate Sofia Ceccarello ha stabilito nel weekend il nuovo record italiano nella categoria Juniores Donne della specialità “Carabina ad aria compressa a 10 metri” con il punteggio di 400 punti sui 400 disponibili, colpendo in pratica il centro del bersaglio (di 0,5 mm e a 10 metri di distanza), in tutti i 40 colpi di gara.
Sofia – della sezione ravennate del Tiro a Segno Nazionale – si è avvicinata a questo sport da quattro anni e lo scorso ottobre ha vinto la finale nazionale nella categoria Ragazzi, sempre nella Carabina a metri 10.
«Questo non è un arrivo – sono state le parole di Sofia – bensì un punto di partenza per continuare a lottare e raggiungere ben altri obiettivi in campo nazionale e internazionale», con la compagine italiana Juniores, di cui fa già parte.
È stato pubblicato il rapporto della Fondazione educazione per l’ambiente che prende in considerazione molti fattori: dalla depurazione delle acque alla presenza dei bagnini di salvataggio
I sette lidi ravennati e quelli cervesi confermano le loro bandiere blu. Da Casal Borsetti a Pinarella di Cervia: tutte le spiagge hanno avuto il riconoscimento della Fondazione educazione per l’ambiente (Fee) che prende in considerazione diversi fattori: depurazione delle acque reflue alla raccolta differenziata passando per la presenza di vaste aree pedonali, zone verdi, piste ciclabili, arredo urbano curato, spiagge dotate di servizi e personale di salvamento, accessibilità e assenza di barriere architettoniche. E ancora spazio educazione ambientale, strutture alberghiere e segnaletica aggiornata, presenza di attività di pesca ben inserita nel contesto locale. Sono 368 in totale le spiagge italiane premiate, divise in 175 comuni.
Interrogazione della consigliera Veronica Verlicchi secondo la quale molti cittadini si lamentano della manutenzione del verde
Erba alta in rotonde, giardini e in generale nelle aree di pertinenza comunale. Secondo quanto scrive la capogruppo de La Pigna in un question time, «molti cittadini» hanno segnalato alla lista civica carenze sul fronte della manutenzione. «Solo in alcuni siti è stata avviato lo sfalcio d’erba» e spesso «i residui non vengono rimossi per molto tempo».
Verlicchi chiede nel question time un aggiornamento della situazione, in particolare «in quali aree è stato portato a termine fino ad oggi lo sfalcio d’erba» e in quali aree «sono stati rimossi i residui». Inoltre Verlicchi chiede al Comune se non sia il caso di valutare una diversa pianificazione della manutenzione del verde.