giovedì
11 Settembre 2025

Furti in disco, un denunciato: un pugno alla vittima dopo la strappo della collana

Otto giorni di prognosi per un giovane colpito al volto e poi di nuovo mentre era terra. La polizia ha identificato in tutto 8 persone

Sceglievano la vittima, mettevano a segno il furto strappando la collana da dietro poi sgusciavano via tra la folla che riempiva la discoteca tirando un pugno in faccia a una delle vittime che era riuscita a individuare uno dei ladri. È stato un sabato notte di furti e violenze in un noto locale notturno sulla riviera ravennate. L’intervento della polizia con la squadra volanti si è concluso con l’identificazione di otto giovani italiani e stranieri e la denuncia di un 20enne del Ghana per lesioni personali aggravate.

All’arrivo dei poliziotti diversi clienti del locale si sono avvicinati. I racconti delle vittime per molti versi presentavano una dinamica simile: aggrediti alle spalle per strappare la collana con violenza. Oppure avevano subito il furto di portafogli e cellulari. Uno dei ladri, scoperto da un giovane che si è voltato in tempo per individuarlo, ha reagito con un violento pugno al volto: il ragazzo colpito ha poi raccontato che mentre si trovava a terra per il pugno è stato colpito da altre persone. Al pronto soccorso i medici lo hanno giudicato guaribile in 8 giorni.

Grazie all’aiuto di due agenti delle volanti che si trovavano liberi dal servizio, la polizia ha identificato otto persone di varia nazionalità (ghanese, indiana, marocchina e italiana): tutti sono stati fotosegnalati e dagli accertamenti nella banca dati sono risultati precedenti per furto con destrezza, rissa, violazione delle norme sugli stupefacenti per tre degli otto. Sono tuttora in corso indagini volte ad identificare altri eventuali responsabili.

Caldo e «temperature estreme»: allerta della Protezione civile per trenta ore

I consigli dell’Ausl su cosa fare durante le ondate di calore

È stata diramata dall’Agenzia regionale di Protezione civile l’allerta numero 72 per “temperature estreme”, fase di attenzione di livello 1, in vigore per trenta ore, dalle 14 di oggi fino alle 20 di domani, martedì 12 luglio.

La presenza di un campo di alta pressione sul bacino del mediterraneo di origine africana apporta sull’Emilia Romagna, compreso il nostro territorio, temperature massime superiori a 35 gradi nella aree di pianura con punte che potranno raggiungere anche i 37. Domani la debole-moderata circolazione da sud ovest incrementerà la temperatura massima sul settore centro-orientale con valori che si attesteranno sui 36-37 gradi con locali punte di 38. Mercoledì l’avvicinamento di una perturbazione atlantica apporterà un abbassamento delle temperature di 3-4 gradi, più marcato sul settore occidentale.

«Le temperature elevate previste associate ad alti tassi di umidità e a scarsa ventilazione – si legge in una nota inviata dal Comune – potranno determinare condizioni diffuse di disagio bioclimatico, più persistente nei centri urbani. Le temperature elevate possono influire sulla condizione di salute delle persone più anziane e vulnerabili, e possono determinare spossatezza, in particolare colpi di calore e disidratazione a seguito di prolungata esposizione al sole e/o attività fisica».

Viene quindi raccomandato di adottare le norme di comportamento individuale diffuse dall’Ausl Romagna, che con gli enti locali attiva ogni anno il piano per il contrasto delle ondate di calore, consultabili a questo link (http://bit.ly/29Jfy6Y) e sotto riportate; «di evitare prolungate esposizioni al sole soprattutto nelle ore più calde della giornata; al personale impiegato in attività esposte direttamente al sole di cautelarsi con idonei mezzi di protezione; prima di mettersi in viaggio premunirsi di sufficienti scorte d’acqua».

Sulla base del piano Ausl – enti locali, per segnalare situazioni di disagio e per ulteriori informazioni si possono chiamare, dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 13, i seguenti numeri: Ravenna 0544 287040 – 0544 286629, Lugo – 0545 213449 – 0545 2138283, Faenza – 0546 691852 – 0546 6918002. Oppure telefonare al numero verde del Servizio sanitario regionale 800 033 033 tutti i giorni feriali dalle 8.30 alle 17.30 e il sabato dalle 8.30 alle 13.30.

I consigli utili del piano Ausl
Cosa fare
Bere molto e spesso
Mangiare molta frutta e verdura
Vestire con abiti leggeri, di colore chiaro, non aderenti, di cotone, lino o comunque fibre naturali
Nelle ore più calde usare tende o chiudere le imposte
Fare bagni o docce con acqua tiepida
Stare il più possibile con altre persone
Passare più tempo possibile in ambienti con aria condizionata
Consultare il proprio medico prima di assumere integratori di sali minerali, se si assumono farmaci in maniera regolare
Regolare la temperatura dei condizionatori a 25-27 ºC, e comunque non troppo più bassa rispetto a quella esterna
Consultare il medico di famiglia per conoscere eventuali reazioni che possono essere provocate dalla combinazione caldo/farmaco o sole/farmaco.

Cosa non fare
Evitare bibite gassate e contenenti zuccheri
Evitare di bere alcolici e caffè
Evitare di consumare cibi troppo caldi
Limitare l’uso del forno e dei fornelli
Evitare di uscire tra le 12 e le 17
Evitare il flusso diretto di ventilatori o condizionatori e le correnti d’aria
Non lasciare mai nessuno, neanche per brevi periodi, in macchine parcheggiate al sole
Ridurre il più possibile l’utilizzo del pannolino per i bambini e gli anziani.

Furto di portafogli e telefonini in disco La polizia denuncia una persona

Intervento degli agenti delle volanti tra la movida sul litorale

Portafogli, telefonini e altri effetti personali rubati ai clienti di una discoteca sul litorale ravennate nella notte di sabato 9 luglio: le vittime dei furti hanno chiesto l’intervento della polizia che ha inviato sul posto una pattuglia della squadra volanti e al termine delle operazioni ha denunciato una persona coinvolta nella vicenda. Al momento non sono noti ulteriori dettagli di quanto accaduto tra la movida notturna.

Seguiranno informazioni.

Con Nagano risplendono Beethoven e Bruckner

Concerto l’11 luglio al Pala De André

Kent NaganoLunedì 11 luglio, alle 21, il Pala De André ospita l’ultimo dei grandi concerti sinfonici del cartellone del Ravenna Festival 2016. Protagonista la compagine orchestrale dell’Hamburg Philharmonic, diretta da Kent Nagano, che recentemente ne ha assunto la guida stabile. Il maestro statunitense di origini giapponesi, è noto  per L’intelligenza e la purezza delle sue interpretazioni così come per il gesto elegante e incisivo della sua direzione orchestrale.

Nagano – allievo di Bernstein e Boulez, prescelto da Messiaen che fu suo mentore – da anni è chiamato a dirigere i massimi complessi orchestrali in Europa e negli States (in particolare legato all’Orchestra sinfonica di Montreal e a quella di Göteborg, oltre che proprio alla Filarmonica di Amburgo). Peraltro il Ravenna Festival è uno dei suoi palcoscenici prediletti– questa è la quinta volta dal 1998 che sale sul podio della manifestazione – per cui ha scelto un programma tutto incentrato sul romanticismo tedesco con due memorabili partiture di Beeethoven e Bruckner.

Non mancherà in occasione del concerto anche l’esibizione di un solista d’eccezione: sarà infatti il giovanissimo ma assai talentuoso pianista Martin Helmchen a rompere il ghiaccio nella serata con il Concerto N.4 per pianoforte di Beethoven a cui seguirà la Sinfonia N.6 di Bruckner. A ben vedere questo programma, per quanto parto di due esponenti del titanismo ottocentesco, si stempera in quell’ingenua intimità, a tratti rilucente ma mai muscolare, che cesella e non scolpisce, che si nutre del suono dell’orchestra senza esasperarne gli accenti, ma evidenziando la grazia e l’eleganza.

Chiama il 112 per un furto d’auto in corso ma è il proprietario che ha perso le chiavi

Un gruppo di ventenni in vacanza aveva sfondato il finestrino nel cuore della notte per recuperare le chiavi dell’appartamento

La chiamata al 112 nel cuore della notte segnalava un furto d’auto in corso in viale Forlì a Milano Marittima ma quando i carabinieri sono arrivati hanno trovato un gruppo di cinque ventenni lombardi in vacanza che avevano appena sfondato il finestrino dell’Opel Corsa di uno di loro per recuperare le chiavi di casa dopo aver perso quelle della vettura.

Il solerte vicino di casa aveva assistito a una scena che pareva lasciare pochi dubbi: un gruppo di ragazzi che circonda l’auto, uno di loro rompe il vetro e tutti assieme spingono l’auto in disparte cominciando a rovistare nell’abitacolo. Ironia della sorte, durante il controllo dei carabinieri sono anche spuntate fuori le chiavi dell’auto…

Vestiti di bianco in piazza con una candela per il migrante pestato a morte a Fermo

Il 12 alle 21 iniziativa di Ravenna in Comune in concomitanza con la manifestazione antirazzista in programma nella città marchigiana

In concomitanza con la manifestazione antirazzista che si terrà a Fermo domani 12 luglio alle 21, in memoria del migrante Emmanuel Chidi Namdi ucciso nella città marchigiana il 5 luglio al termine di una rissa scoppiata in strada a partire dagli insulti razzisti rivolti alla moglie da un passante, anche in piazza XX settembre a Ravenna si svolgerà una iniziativa per ricordare tutte le vittime del razzismo. L’evento è promosso da Ravenna in Comune, il soggetto politico che ha presentato la candidatura a sindaco di Raffaella Sutter alle ultime elezioni. A chi vuole partecipare gli organizzatori chiedono di portare un lumino e indossare almeno un indumento bianco.

«L’omicidio di Emmanuel ci ha profondamente scosso e ci sgomenta – scrivono da Ric –. Nella società della crisi, i divulgatori della cultura dell’odio che hanno sdoganato la violenza verbale e che minimizzano ogni episodio di razzismo, devono essere considerati corresponsabili dei sempre più frequenti atti di violenza e intolleranza che affliggono la nostra società. Per reagire a questa deriva e per testimoniare i valori dell’accoglienza, vogliamo stringerci in un grande abbraccio alla moglie Chimiary, ribadendo il nostro sostegno a chi accoglie e sta dalla parte dell’umanità sempre e comunque».

«Respinto dalla disco perché mulatto» «No, scambiato per un facinoroso»

Lo sfogo di un 21enne: «Ho pianto». La direzione del locale gli telefona, si scusa e lo invita per una serata con gli amici

Respinto all’entrata di una discoteca sul litorale ravennate perché mulatto. È l’episodio denunciato su Facebook da uno studente universitario di 21 anni all’indomani di un sabato sera con gli amici a Marina di Ravenna. Per la direzione del locale, il Touchè Santafè, invece il 9 luglio all’ingresso in viale delle Nazioni le cose sono andate diversamente e la sua spiegazione è in un comunicato diffuso a 24 ore dai fatti: «Purtroppo, come spesso accade, sono evidentemente stati scambiati con clienti facinorosi, e di questo errore, umano peraltro, ce ne dogliamo». La vicenda pare a questo punto destinata ad archiviarsi senza ulteriori strascichi dopo una telefonata tra la direzione e il diretto interessato: «Abbiamo porto le nostre più sentite scuse da parte di tutto lo staff, e li abbiamo invitati quanto prima a passare una serata, come ospiti, nel nostro locale».

Dopo il post su Fb del giovane il fatto è diventato presto un caso di pubblico dominio propagandosi a macchia d’olio sui canali del social network arrivando a interessare anche la politica: l’assessore comunale all’Immigrazione e alle Politiche giovanili, Valentina Morigi, ha telefonato al ragazzo e poi ha annunciato che avrebbe chiesto ai gestori di scusarsi pubblicamente.

Nei resoconti dei fatti forniti dalle parti coinvolte o riportati da fonti ufficiali, come l’assessore, c’è discordanza su quante persone siano effettivamente state respinte. Il giovane protagonista nel suo post non fa riferimenti espliciti ma sembra parlare solo per se stesso. Morigi scrive: «L’unico del suo gruppo di amici a cui non è stato permesso di entrare». La direzione della discoteca invece fa riferimento a quattro giovani di un gruppetto più numeroso. Quest’ultima versione poi sarebbe stata confermata anche dal 21enne nel corso della telefonata con un rappresentante della disco.

Ma l’aspetto più controverso, ovviamente, riguarda il motivo dell’esclusione. A generare nel 21enne l’interpretazione a sfondo razzista sarebbe stata la mancanza di una spiegazione da parte del buttafuori che li ha respinti senza aggiungere altro. E in effetti, secondo quanto si apprende dal locale, in casi in cui l’addetto alla sicurezza ritenga di riconoscere clienti protagonisti di episodi spiacevoli in passato l’indicazione è quella di non farli entrare senza avventurarsi nel merito di discussioni che potrebbero a loro volta creare caos. Il locale poi a riguardo del buttafuori sottolinea che è di origini marocchine, a dimostrazione di una totale apertura priva di discriminazioni: «Il nostro staff è composto da persone di differente nazionalità e provenienza, differenze che per noi non solo non hanno mai costituito un problema, ma non sono mai nemmeno state oggetto di discussioni estemporanee».

Nel suo sfogo il giovane si dice ferito dall’accaduto: «Evidentemente essere italiani, formalmente e sostanzialmente, non basta. Non basta essere uno studente modello, politicamente e civilmente attivo. Non basta essere nati in Romagna e parlare il suo dialetto meglio del 99% degli autoctoni. Non è sufficiente sforzarsi di dare il buon esempio, cercando nel proprio piccolo di sensibilizzare le persone con cui entri a contatto sul fatto che la responsabilità sia individuale: non esiste cittadinanza che possa sradicare il peccato originale di essere “straniero”. Sei mulatto? Non entri. Ironia della sorte? Guest star tunisina. Una ferita nell’orgoglio non indifferente. Ho pianto come da anni non piangevo. L’Italia è come una compagna che adori alla follia ma che non smette più di tradirti. Mai stato più contento di andare via. Arrivederci BelPaese, o forse addio, dipenderà da te».

Il Touchè Santafè invece si smarca: «La direzione, lo staff e tutti i componenti del locale Touche Santafè prendono decisamente le distanze dalle ventilate accuse secondo cui non si accorda l’accesso al locale ai ragazzi di origine straniera. Questa è una tesi del tutto incompatibile con i principi morali dei soci e di tutto lo staff. Tutti i ragazzi nel nostro locale sono i benvenuti, a prescindere da differenze di genere, età, provenienza, religione ed opinioni di qualsiasi tipo. L’unica differenza che percepiamo noi, è quella fra un cliente perbene e un cliente che accede al locale per infastidire in qualsiasi modo gli altri. Questa è l’unica differenza che conta». E qui infatti si innesterebbe lo scambio di persone. Per questo il locale assicura «triplicheremo gli sforzi atti ad annullare, o ridurre al minimo, gli errori/incomprensioni relativi a questo difficile compito».

Tra chi si è mobilitato manifestando solidarietà al giovane c’è lo scrittore ravennate Antonio Distefano: «Le singole persone non le cambi nemmeno con le leggi, forse solo con l’educazione di un padre o qualcuno che ti insegna che siamo persone e basta». Da Snapchat invece arriva un video di Ghali, il giovane rapper milanese nato da genitori tunisini che proprio sabato sera era ospite del locale: «Ho saputo che ci sono stati dei problemi e non facevano entrare ragazzi colorati. Non è possibile che mi chiami come guest, ti riempio tutto e non fai entrare la gente. Mi dispiace, non la sapevo altrimenti non sarei nemmeno salito sul palco. L’ignoranza c’è sempre e dobbiamo abituarci».

Troppe amiche su Facebook, lo lascia e lui la perseguita per mesi: denunciato

Stalking: insulti e minacce alla ex con sms e volantini sulla porta di casa. Ritirate le sue armi da caccia per precauzione

Ha scoperto che su Facebook aveva un giro di amiche di cui lei non sapeva niente e dopo un anno di convivenza ha deciso di lasciarlo ma lui, un 33enne ravennate, ha cominciato a perseguitarla fino a prendersi una denuncia per stalking dai carabinieri di Cervia che hanno raccolto un lungo elenco di episodi ammessi dalla ex.

La donna lo scorso gennaio ha scoperto le amicizie che il compagno intratteneva sui social network con altre ragazze. Dopo la rottura lui ha cominciato con messaggi telefonici minatori e offensivi, quando capitava di incontrarsi per strada di nuovo insulti e offese, più di una volta la vittima ha sul portone di casa volantini con insulti e l’uomo è anche appositamente andato davanti al luogo di lavoro della donna per insultarla.

L’uomo ha anche un regolare porto di armi da caccia e possiede alcuni fucili: i carabinieri hanno ritirato in via cautelare le armi, le munizioni e il documento.

Violenza sulle donne, l’avvocato: «È fondamentale chiedere aiuto»

Brighi ha collaborato molto con l’associazione Linea Rosa «Di solito sono molto sole perché non parla delle difficoltà» 

Spesso si legge sui giornali o si sente in televisione di donne uccise nonostante avessero denunciato il compagno più volte per violenze. Queste clamorose ingiustizie fanno crescere un senso di sfiducia nel sistema giuridico. Come possono accadere fatti del genere? Lo abbiamo chiesto all’avvocata Paola Brighi, che ha seguito molti casi del genere collaborando per anni con Linea Rosa Ravenna, associazione che tutela e assiste le donne vittime di violenze.

Perché non si riesce a evitare il peggio nonostante la denuncia?
«Il problema spesso è che la denuncia viene sporta sull’onda della disperazione e della paura, questo può comportare che nella frenesia del momento raccontino i fatti in maniera confusa e parziale. Anche se subiscono soprusi da anni si limitano a denunciare l’ultimo fatto avvenuto. Questo complica le cose perché può diventare difficile, per l’Autorità giudiziaria che legge la denuncia, distinguere tra fatti di violenza solo episodici e delitti più gravi e diventa difficile ottenere misure cautelari».

Come dovrebbero comportarsi le donne vittime di violenza?
«Se devo dare un consiglio dettato dalla mia esperienza personale direi che come regola generale sarebbe meglio che cercassero prima di tutto aiuto e appoggio. Spesso le condizioni in cui vivono le rendono poco lucide e molto confuse; di solito sono molto sole anche perché non parlano quasi mai a nessuno, a volte nemmeno ai parenti più stretti, delle loro difficoltà e paure. I Centri antiviolenza, sempre per mia esperienza personale, hanno un ruolo fondamentale. Devono “riprendere fiato”, di fermarsi e pensare».

Come è necessario procedere per “salvarle da loro stesse”?
«È necessario un percorso di rafforzamento dell’autostima, che le porti a comprendere che la loro vita può essere diversa e che sono in grado di farsi carico della loro serenità e della loro “salvezza” anche da sole. Facendosi aiutare, ma da sole. La violenza subita genera una specie di blocco in queste donne, che diventa più forte se la violenza è durata molto tempo e anche se hanno una certa età. È ancora maggiore nelle donne straniere se abituate culturalmente a un ruolo passivo della donna, per le quali la scelta di separarsi implica spesso anche una rottura con la loro stessa famiglia».

I giudici come si comportano con queste complicazioni psicologiche che interferiscono nei casi di violenza domestica?
«Non è facile. Spesso si riscontrano grandissime contraddizioni in queste donne, nei loro racconti e nelle loro scelte, che “sballano” le normali categorie di giudizio. Da una parte c’è una situazione di violenza divenuta insopportabile e l’intenzione di farla terminare, ma dall’altra ci sono i figli e il senso del legame familiare verso il loro padre. In casi di violenza domestica denunciati dalla donna, è avvenuta che lei stessa abbia dato il consenso ad accoglierlo in casa in regime di arresti domiciliari».

Sembra assurdo: chi si prenderebbe in casa la persona che lo ha rapinato?
«In questi casi le normali valutazioni non tornano. Non si può vivere a cuor leggero che il padre dei tuoi figli, con cui hai vissuto, che hai amato, che è in fin dei conti parte di te, finisca in carcere per causa tua».

Non è però solo un fattore psicologico a inibire le denunce delle donne, c’è anche una questione economica.
«È innegabile che l’autonomia economica è il primo presupposto per l’indipendenza. Una donna che dipende economicamente dal marito, che vive in casa sua, che non ha risorse proprie, sa che se lo denuncia e decide di lasciarlo potrebbe non trovare le risorse necessarie a mantenere se stessa e i suoi figli e che anche in sede di separazione, dipenderà dal mantenimento versato dal compagno».

Come vengono tutelati i bambini in questi casi?
«C’è un intreccio di competenze che rende piuttosto complesso l’intervento a tutela dei minori che vivono in una famiglia in cui uno dei genitori è violento. C’è il giudice civile, il giudice minorile, il giudice penale (nel caso di denuncia), l’avvocato della madre, l’avvocato del padre, i servizi sociali, a volte anche consulenti psicologi nominati dal giudice per fare la cosidetta “valutazione di genitorialità”. La nuova normativa, di inizio 2014, che ha ricondotto alla competenza del giudice civile ordinario la quasi totalità di questi casi avrebbe potuto migliorare la situazione, ma ancora non è stata metabolizzata da tutti gli attori e al momento ha creato anche della confusione».

Cosa consiglia a una donna che non ha il coraggio di denunciare le violenze che subisce?
«Le direi che la violenza è responsabilità di chi la pone in essere e non di chi la subisce. Ma anche che loro sono forti abbastanza, sia per se stesse, sia per i loro bambini, da assumersi la piena responsabilità di farla cessare, utilizzando tutto quello che può aiutarle a questo fine».

Due bimbi di 5 anni scomparsi in spiaggia Ritrovati dai carabinieri in macelleria

Intervento dell’Arma richiesto anche da una famiglia che aveva perso il figlio di 7 anni sceso dalla nave da crociera

I genitori li cercavano in spiaggia e loro erano alla macelleria del paese. Si è conclusa con un lieto fine la ricerca di due amichetti di cinque anni scomparsi all’improvviso dalla vista delle rispettive famiglie a Casalborsetti. Sono stati i carabinieri a ritrovare i due bambini, sereni e ignari della preoccupazione dei genitori, nei pressi di un negozio in paese.

La segnalazione al 112 è arrivata verso 13 di ieri: i due bambini stavano giocando in un bagno e si sono allontanati dai genitori, residenti nel ravennate, che non riuscivano più a individuarli tra la folla al mare. I carabinieri si sono orientati anche sul tratto di strada che va verso il centro abitato notando da lontano due piccoli che sembravano corrispondere in tutto e per tutto alla descrizione. E così si sono avvicinati con serenità e dopo le primissime domande su come si chiamassero e dove fossero i loro genitori, si sono resi conto di aver trovato i due ricercati. Tanta commozione e gratitudine dei familiari.

Da Porto Corsini invece poco dopo è arrivata un’altra richiesta simile. Un altro bambino scappato alle attenzioni dei genitori: un norvese di sette anni che aveva fatto scalo con la famiglia durante una tappa della nave da crociera e si era allontanato facendo una passeggiata. Quando i carabinieri sono intervenuti nella zona hanno trovato il piccolo già in compagnia di un loro conoscente che aveva riconosciuto strada facendo. I militari hanno comunque accertato e verbalizzato che lo stesso fosse riaffidato ai genitori, prima di congedarsi anche questa volta con ringraziamenti e foto di rito.

Il contadino 2.0: vanga e Facebook «Dobbiamo inventarci di tutto»

In società con un’altra persona, il 39enne gestisce un’impresa biologica: «Passo ore in una serra, non userò mai prodotti chimici»  

Anche il contadino deve sapere usare Facebook. «È la forma moderna del passaparola, ti fa conoscere a nuovi clienti con il vantaggio che non sei solo in balia di chi parla di te ma vengono diffusi dei messaggi che tu hai pensato». Christian Grassi ha 39 anni ed è un contadino che usa i social network. La pagina Fb dell’azienda agricola biologica Mater Naturae di Borgo Montone ha un migliaio di fan: «Bisogna inventarsi di tutto per stare sul mercato».

Grassi è in agricoltura da una ventina d’anni: «Mia nonna aveva la terra e mi ha trasmesso la passione, dopo il diploma in agraria ho fatto il libero professionista fino a quando nel 2008 mi sono messo in proprio con una socia». Ed è nata Mater Natura: all’inizio faceva tre prodotti e oggi sessanta. L’azienda va avanti con la forza lavoro di due persone e mezzo e Grassi la definisce un insieme di avanguardia e ritorno al passato: «Facciamo ricerca e sperimentazione sulle nostre spalle, facciamo marketing inventandoci tutto noi ma al tempo stesso adottiamo un metodo biologico molto spinto che richiede anche l’adozione di pratiche antiche come la cenere e la birra per difendersi dalle lumache». Una scelta spontanea per i due imprenditori: «Non potremmo pensare di usare prodotti chimici. Io per primo sto dentro una serra per ore al giorno e tiro su i miei due figli con i nostri prodotti». Molto tradizionale anche il modello di business: «Gli investimenti si fanno solo se ci sono soldi per coprire la spesa, non facciamo mutui o chiediamo contributi. È il nostro modo di concepire l’impresa». A monte di tutto c’è tanta fatica. Basta un calcolo: «Quanto costa un caffè? Un euro o poco più. Per pagarmi un caffè al bar io devo vendere 3-4 kg di pesche che arrivano solo se tre anni prima hai messo le piante e le hai curate…».

La giornata tipo di Grassi comincia sulle 7 con la raccolta dei prodotti di stagione arrivati a maturazione, poi alle 12 vengono confezionate le cassettine da consegnare a domicilio e parte il giro con il furgone, nel pomeriggio i lavori di campagna necessari alla produttività e poi alle 18 il secondo giro di consegne casa per casa. In totale circa duecento famiglie che ricevono una consegna a settimana. Cosa? Lo decide madre natura: «Raccogliamo quello che c’è di pronto e poi dividiamo per le famiglie del giorno. Io cerco di ruotare tenendo conto di eventuali intolleranze o di particolari esigenze se qualcuno ha una cena o la curiosità di riavere un certo prodotto». Perché anche qui sta il modo di concepire l’impresa agricola in chiave moderna: «La consegna a domicilio crea un rapporto umano, i clienti mi chiamano per un consiglio su come consumare un ortaggio o magari per avere una piantina di melone da mettere in giardino».

Insomma, il leti motiv è sempre e comunque inventarsi qualcosa di nuovo o diverso: «Non hai alternative. O sei un’azienda di grandi dimensioni e quindi accedi a contributi e puoi sfruttare economie di scala riuscendo a fare margine anche in crisi oppure sei un’azienda medio-piccola e per stare sul mercato oggi servono soluzioni alternative». Ecco perché la produzione punta anche su prodotti esclusivi: dalla patata magenta alla vecchia varietà di aglio più digeribile di quello classico. La parolina magica a cui si aggrapparsi è bio: «C’è una componente di moda ma una grossa fetta di chi lo approccia lo fa per una sensibilità, per una propria coscienza, per motivi ambientali o salutistici».

Anche il biologico però non se la passa troppo bene: «Oggi sta soffrendo di iper burocratizzazione e disincentiva le aziende piccole. Poi ci sono le pressioni di patologie e insetti di provenienza estera, prevalentemente orientale». Che possono far saltare tutto. Gli esempi non mancano: «Combatto da un mese contro la Suzuki, una larva di una mosca cinese: non c’è alcuna difesa. Stessa cosa con una cimice orientale di cui pare abbiamo catturato un esemplare a Lugo. Le teorie del bio prevedono di non eliminare una malattia ma conviverci ma puoi farlo solo se hai un ambiente che può produrre antagonisti, altrimenti non ci sono riequilibri. Oggi il problema è la frequenza con cui arrivano le incursioni di nuovi nemici. In passato capitava ogni due-tre anni, oggi capita anche più volte all’anno».

Cocaina spacciata e sniffata a scuola Arrestati due minori che gestivano il giro

Un 17enne e un 16enne avevano a disposizione anche Lsd e speed con un tariffario preciso. Sette mesi di indagini setacciando Whatsapp

Per un spinello già pronto da fumare bastavano 5-10 euro, per un francobollo di Lsd da leccare bisognava spenderne 25. Ma avevano a disposizione anche cocaina e speed. La vendevano sull’autobus per andare a scuola o direttamente in classe. E chi la comprava la consumava anche subito, in bagno o nei corridoi. È lo spaccato di un istituto superiore che emerge da un’indagine condotta dai carabinieri del nucleo operativo di Faenza per sette mesi e conclusa a fine giugno: arrestati per spaccio due minorenni (17 e 16 anni) che tenevano in mano il giro e una quindicina segnalati alla prefettura come consumatori.

Secondo quando ricostruisce l’Arma, l’indagine è cominciata a novembre 2015 con la segnalazione di due genitori di una 15enne frequentante una scuola fuori provincia. Padre e madre avevano ficcato il naso nel telefonino della ragazzina trovando le chat di Whatsapp dove si capiva che aveva iniziato a fare uso di droghe. Decine e decine di messaggini e fotografie sul cellulare dove insieme ad altri inneggiavano all’uso degli stupefacenti anche come fonte di guadagno.

Da quelle chat i militari sono riusciti a identificare i due pusher ricostruendo i rapporti di una comitiva di amici, tutti del Faentino, che frequentavano diversi istituti e che nelle loro trasferte in treno o autobus per raggiungere le scuole, consumavano e vendevano stupefacenti. Della cosa ne avevano avuto sentore anche i dirigenti scolastici, sentiti a verbale dai carabinieri insieme ad una sfilza di studenti minorenni residenti non solo nel Faentino ma anche fuori provincia, che sono stati convocati ed interrogati in caserma.

Sui telefoni dei giovani i carabinieri hanno trovato anche una sorta di vademecum digitale con le fotografie di alcuni stratagemmi per nascondere gli stupefacenti come ad esempio un libro a cui erano state tagliate parte delle pagine per creare uno spazio dove collocare la droga.

La procura per i minorenni di Bologna ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare a carico dei due giovanissimi ora collocati in una comunità minorile, come disposto dal giudice.

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