Keller, scrittrice e libraia per bimbi: «Lasciate che scelgano da soli cosa leggere»

Cesenate, ha aperto Momo a Ravenna. Il suo romanzo “Nella pancia della balena” è stato finalista al prestigioso premio Andersen. «È interessante vedere come i bambini danno giudizi opposti a quelli degli adulti»

Alice Keller

Alice Keller

Si chiama Alice Keller. Il suo non è un nome d’arte e non è nemmeno straniera. «Sembra un nome affascinante, ma in realtà keller in tedesco vuol dire cantina… Cosa che spegne un po’ il fascino esotico». È nata a Bologna nel 1988, il papà è di Bolzano (il motivo del cognome di origini austriache), vive a Cesena e ha aperto a Ravenna la libreria Momo assieme alle amiche Veronica Truttero e Sara Panzavolta.

Ha fatto teatro, andando fino in Danimarca per lavorare con il mitico Odin Teatret, ha collaborato con Fanny & Alexander, Teatro Valdoca, Teatrino Clandestino, ha suonato il violoncello, ma alla fine ha trovato la sua strada nella letteratura per ragazzi. Ha già pubblicato otto libri tradotti anche in francese, spagnolo e russo, con Nella pancia della balena (pubblicato da Camelozampa) è stata finalista al Premio Andersen 2018. A leggere solo i titoli, i romanzi di Alice Keller (La contessa sul tetto, Nella pancia della balena) sembrano favole o storie di pura fantasia, ambientate nel tempo del c’era una volta. Eppure ci raccontano storie che conosciamo bene: genitori che ci sono e non ci sono, incapaci di rispondere alle domande dei loro figli, emozioni che non si riescono bene a inquadrare, periferie, condomini di città. Per fortuna c’è sempre qualche imprevisto a cambiare le carte in tavola e a fare uscire la vita, ed è lì che la scrittura interviene, ora con l’invenzione più gioiosa, ora con una puntualità più introspettiva.

Alice Keller spiega come la letteratura ci porti sempre a ondeggiare tra realtà e finzione. Ha i capelli cortissimi, anche se in tutte le foto li ha ancora lunghi. «Non ho avuto modo di fare foto nuove – mi dice – li ho tagliati da poco». Fa una pausa, «beh veramente è passato un anno». La incontro nella sua libreria Momo, in via Mazzini a Ravenna, è in compagnia di un assistente sui generis, Michele, sette mesi, che sta facendo esercizi per imparare a stare in equilibro. Di qui a poco inizierà a gattonare e mangiare i libri di Momo. Michele è il secondogenito di Alice, dopo Enrico di due anni, ma la sua passione nel raccontare storie ai bambini nasce molto prima di loro.

Da dove nascono le tue storie?
«Nascono sempre da qualcosa di vero. Non sono capace di inventare una storia dal nulla, c’è uno spunto nella realtà che poi fa nascere un’idea. Quando finisco un libro non mi ricordo più bene da dove era partito, e questo vuole dire che ha preso una sua dimensione».
Come è nata la tua passione?
«Dopo il teatro ho deciso di frequentare l’Accademia Drosselmeier, la Scuola per librai e Centro studi letteratura per ragazzi di Bologna, lì ho conosciuto Veronica Truttero con cui sono nate le prime storie, poi Sara ci ha lanciato l’idea della libreria e tutto il resto è venuto da sé».
Hai scritto romanzi per ragazzi, albi illustrati e fumetti, che rapporto hai con le immagini?
«Le immagini per me sono fondamentali, anche se possono essere anche un limite. Parto sempre da immagini per scrivere, ma quando devo fare un albo illustrato mi risulta sempre difficile far dialogare immagini e testo, proprio perché i miei testi sono pieni di immagini. A casa dell’ape è stato il primo lavoro in cui sono partita da immagini che già erano state disegnate, a cui dovevo aggiungere le parole. Mi è tornata in mente una frase che avevo in testa da un po’ che giocava con la prospettiva “vicino/lontano” e ho trovato che con quei disegni fosse perfetta. Da poco ho iniziato ad usare Pinterest per trovare suggestioni visive da cui passare per scrivere e lo trovo molto stimolante».
A cosa stai lavorando adesso?
«A un fumetto assieme a Veronica Truttero, che riprende un personaggio nato per la rivista Spunk, si chiama il barone Von Trutt ed è un bassotto».
Cosa ti piace leggere?
«Io scrivo perché leggo. Per ragazzi e bambini leggo tutto quello che esce, grazie alla fortuna di avere una libreria. Leggo molto anche per adulti, ma finisco solo i libri che mi piacciono, gli altri li abbandono. I tre libri che mi sono piaciuti molto questa estate sono stati Resto qui (Einaudi) di Marco Balzano, Salvare le ossa (NN) di Jesmyn Ward e Cattiva (Einaudi) di Rossella Milone. Per ragazzi invece mi piacciono moltissimo i libri di Silvia Vecchini, che è anche una cara amica, e di David Almond. Non scrivo mai mentre leggo però. Quando scrivo non devo leggere, altrimenti ho la tentazione di imitare stili di scrittura che mi rimangono in mente».
Che rapporto hai con i tuoi giovani lettori?
«Si gira moltissimo per presentare i libri e si conoscono tanti lettori. È un’esperienza che mi piace moltissimo e mi dà l’energia per continuare a scrivere. È interessante vedere come i bambini danno giudizi sul comportamento dei personaggi completamente opposti a quelli degli adulti».
Per esempio?
«Nella pancia della balena parla di un bambino che viene abbandonato dalla mamma, che va a vivere per strada. Gli adulti pensano che la madre non sia adatta a crescere un figlio e ritengono sia più giusto trovargli una nuova famiglia di adozione, mentre i bambini vorrebbero che andasse a vivere con lei in strada».
Invece il lavoro di libraia com’è?
«È parecchio faticoso, ma molto divertente. La parte più bella è scegliere quali libri proporre alle persone, e fare con loro il nostro catalogo. Inoltre facciamo moltissimi laboratori: gruppi di lettura, gruppi di scrittura per ragazzi delle medie, laboratori di pittura, e il lunedì mattina per bambini da zero a diciotto mesi, la libreria è aperta per il gioco libero».
Che consiglio dai a un adulto che vuol far leggere un bambino?
«Fate scegliere a loro i libri! Non decideteli voi per loro. È il libro giusto che crea il lettore. Ci saranno libri solo iniziati, libri abbandonati a metà, e libri finiti. Ma devono essere liberi di scoprire questo mondo secondo la propria esperienza e il proprio gusto».

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