Montescudo, dove allenare la memoria per il futuro

Il museo della Linea Gotica orientale, per ricordare la Battaglia di Rimini, senza fingere un’asettica rappresentazione

Trarivi 02

Chiesa della Pace, Montescudo

Allenare la memoria: come se fosse un muscolo, come se fosse una parte di corpo facilmente individuabile. Facile a dirsi, ma complesso come processo, pieno di sgambetti, vuoti, cadute. Può aiutare camminare, andare nei luoghi, rendere presente uno dei due cardini della narrazione storica, lo spazio, visto che il tempo ci sfugge.
Si può tentare con la piccola Montescudo e il suo Museo della Linea Gotica orientale. Un luogo che è relitto di memoria, non si pone quindi solo come conservatore, ma è anche rituale, esperienza di uno spazio che è stato come svelato dal conflitto che si fermò come in uno stallo da giocatore di scacchi su un ipotetico confine che attraversava la Romagna. Per 35 giorni, dal 25 agosto al 30 settembre 1944 (ma in realtà fino al 6 gennaio 1945) da una parte tedeschi e fascisti italiani, dall’altra alleati e antifascisti italiani si contesero il futuro in questa parte di Terra. Nella 2a battaglia di Coriano dal 12 al 16 settembre 1944 si confrontano i cacciatori di montagna del 100° reggimento della V divisione di Ernst e gli Hampshire della 128a Brigata della 46a divisione di fanteria britannica: in mezzo i civili, le case, le strade, le chiese. Tra cui anche l’antica chiesa di Trarivi che oggi ospita questo particolare museo, rinnovato nel 2012, che racconta in tre lingue (italiano, inglese, tedesco) questa storia, in cui si incontrarono molti popoli e sicuramente moltissime ipotesi di mondo. Nella canonica di questa chiesa, che si chiama dal 1991 Chiesa della pace e della riconciliazione, Don Mario Molari ha provato a creare una riduzione a uno di questa molteplicità, che andava in direzione della divisione, dello scontro, e ha tentato di riportare questo bivio della storia al comune desiderio, umano e universale, della pace.

È quindi un museo che non nasconde la propria vocazione, non finge un asettica rappresentazione di quello che c’è stato, mentendo allo spettatore, che non c’è narrazione storica asettica: la campana della pace, un oggetto simbolico donato dai veterani inglesi, canadesi, italiani e tedeschi, riporta queste parole: “La guerra mai più – War never again – Nie Wieder Krieg. I veterani dei due esercti alla chiesa della pace e della riconciliazione”. Un programma che va oltre la ricostruzione memoriale, guarda sfrontatamente al futuro.

La Chiesa, che era dedicata a San Pietro e che era stata costruita su un antico luogo di culto, riporta nel suo sfondamento, nel suo essere rimasta fossilizzata nella forma mutilata seguita ai bombardamenti, la sua funzione di fossile della memoria. Diversamente dalla Biblioteca di Sarajevo, che è stata totalmente rinnovata grazie all’impegno del governo turco, ma come accade ad esempio con la Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche a Berlino, la mancata ricostruzione è un monumento che mette il visitatore nello spazio della memoria, congelata e non restituita in forma rinnovata.
Il museo ospita una parte espositiva, puntuale, precisa, e soprattutto senza censure sulle vittime, che furono da entrambe le parti. La raccolta fotografica esposta, che è costituita sostanzialmente da scatti di soldati – fotografi delle linee britanniche, ricostruisce nel dettaglio i giorni del conflitto sul territorio, ma si estende anche negli avvenimenti successivi. L’intento riconciliatore è evidente nella selezione: si vedono i corpi dei camerati uccisi, dei tedeschi, uno dei pochi casi nei musei di memoria. Difatti, spesso tendono a guardare quel conflitto con la preoccupazione di deumanizzare l’altro.

Come scrisse il generale Leese, la battaglia di Rimini «fu una delle più dure battaglie della 8a Armata. La lotta si può paragonare a quelle di El Alamein, di Mareth e della Linea Gustav (Cassino)». E i segni di questa furia si leggono chiaramente nella ricomposizione visiva e narrativa dei fatti.
Forse, riguardando questi straordinari scatti, straordinari perché fotografano qualcosa che è fuori dall’ordinario come lo è la guerra, ci possiamo rendere conto di quanto le immagini di Montescudo, diventata maceria dal passaggio del fronte, ricordi Aleppo. Di quanto la foto “Italiani senza casa che mangiano” ripeta la scena che purtroppo ancora rivediamo sui confini di un’Europa fortezza, dove uomini, donne e bambini cercano temporaneo rifugio all’aperto, con quello sguardo. È quindi una memoria attiva, con lo sguardo rivolto al domani quella che viene attivata da questa visita.

Guardando la meravigliosa vista che si apre ai piedi di questo paese del riminese, che abbraccia nei giorni in cui la Romagna diventa trasparente, dal pesarese al ravennate e giunge anche a cogliere la virgola dei monti dell’Istria, si può veramente immaginare che cosa fu la tenaglia che frenò l’ascesa degli alleati sullo stivale. L’impegno americano a occidente abbandonò il fronte italiano, rendendo vana l’aspettativa di Churchill di arrivare prima dell’Armata Rossa nei Balcani.

La camminata può proseguire, che questi sono luoghi speciali per il buon camminatore, sul sentiero dei musei, che porta a Valliano, attraversando un paesaggio disegnato da un pittore del ‘400. Ci si ritrova al Santuario, dove è ospitato il Museo Etnografico, ma dove soprattutto vale la pena di visitare la Chiesa.

Se ancora i piedi e il fiato sono dalla vostra parte, potete concludere l’esperienza al bosco di Albereto, un bosco “relitto” come viene definito, perchè anch’esso come un sopravvissuto memoriale, racconta l’archeologia della macchia boschiva di queste zone un tempo: querce, robinie, frassini, prugnolo, ma anche l’albero del paradiso, introdotto da un missionario di ritorno dalla Cina in Inghilterra a metà ‘700, sono presenti in questo piccolo bosco di 25 ettari.

A questo punto stanchi, ma ritemprati nel muscolo della memoria, potete concedervi il ristorante all’interno del Castello di Albereto, che vi regalerà anch’esso una vista indimenticabile.

Info: http://comune-montescudo-montecolombo.rn.it/

Chiesa della Pace Museo della Linea Gotica Orientale
via Ca’ Bartolino – Montescudo
tel 0541 984366
info@comune-montescudo-montecolombo.rn.it
Orari di apertura al pubblico:
Il museo storico è aperto il sabato e la domenica, dalle 14 alle 18
Sono consentite aperture su richiesta per scolaresche e gruppi telefonando al numero: 0541 864014

Museo Etnografico
Ingresso: gratuito
Mercoledì dalle 9 alle 12, venerdì dalle 9 alle 12, domenica dalle 15 alle 18.30, festivi dalle 15 alle 18.30

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