Come si vince il Festival di Sanremo?

Qualche consiglio dettato dall’esperienza pluridecennale di un telespettatore qualunque

Angelina Giorgia

A sinistra Angelina Mango, vincitrice del Festival di Sanremo 2024; a destra Giorgia, grande favorita di quest’anno

Credo di essere l’unico giornalista musicale italiano appassionato di Sanremo a non essere mai stato a Sanremo né ad un evento stampa dedicato a Sanremo. Sta di fatto che diverse persone di cui sono amico, o che seguo sui social, o di cui comunque leggo gli articoli, partecipano da anni a un evento che si svolge prima del festival. La stampa ha l’occasione, qualche settimana prima, di ascoltare le canzoni in gara: succede una mattina di gennaio in uno studio Rai di Milano (con collegamento in diretta a Roma); i partecipanti firmano una serie di fogli in cui vengono intimati di non registrare quello che ascoltano, e dal pomeriggio possono pubblicare le loro impressioni sui pezzi. Da qualche anno a questa parte, è il primo momento in cui possiamo leggere dei pareri su come saranno le canzoni di Sanremo. Una volta questi pareri non trapelavano fino all’inizio del festival, sostituiti a volte da voci di corridoio che davano per esempio sicurissima la vittoria di “Gli uomini non cambiano” di Mia Martini (che non vinse).

Non è detto che questi pareri siano autorevoli: la gente che li dà ha la stessa competenza musicale di qualunque ascoltatore di musica, e con la scusante che dare un giudizio a freddo, dopo un solo ascolto di trenta canzoni una dietro l’altra, può essere un terreno scivoloso, e spesso si prendono dei granchi. Nell’edizione del 2023 l’ondata generale dei pareri aveva indicato come possibile vincitore quello che poi ha vinto, ovvero Marco Mengoni; l’anno successivo chi sembrava avere più chance erano i Negramaro (che nella classifica finale sono arrivati diciannovesimi). Quest’anno, se siete interessati alla cosa, molte testate hanno previsto una vittoria di Giorgia. Non so come si classificherà, non sono davvero interessato a saperlo – mi guarderò il festival e deciderò quali sono le mie preferite, come ogni anno. È solo un modo per dire di quanto sia difficile fare pronostici su Sanremo, su chi abbia possibilità di vincerlo, su quale sia il valore musicale di un’edizione rispetto a un’altra e su cosa ci si debba aspettare.

Si può senz’altro dire che Sanremo è un rito collettivo e nazionalpopolare, tutti quelli che lo guardano ci tirano fuori qualcosa di diverso. A me non interessa niente che non sia la musica e quindi ho pensato di parlarvi di qualcosa che c’entri con la musica. Ho pensato di partire da una domanda semplice: come si vince Sanremo?

Risposta corta: nessuno lo sa, altrimenti sarebbe facile. E vincere a Sanremo, nel corso degli anni, è diventato sempre più arduo (anche solo per questioni di numeri: oggi il numero di concorrenti è doppio rispetto a quello di una dozzina d’anni fa). A volte il favorito della vigilia stravince, a volte non si classifica nemmeno in cinquina. La fiera dei luoghi comuni ci racconta che Sanremo è “un palco difficile”. Ha attraversato molte fasi, compresa una – lunghetta – in cui più che un festival di canzoni somigliava a un carrello di bolliti che andavano lì perché non avevano nessun altro posto dove andare. Questo è quasi sempre considerato un punto debole del festival, l’idea che possa permettersi di dare spazio a gente che non ha modo di prendersi altri spazi (Povia, Vallesi, Cristicchi, Irene Fornaciari, decidete voi). Leggendo la cosa in filigrana, in realtà è uno dei grandi punti di forza del festival: non ci sono dei veri e propri outsider. Una volta che sei entrato in gara, puoi giocartela a prescindere da tu chi sia e cosa faccia nella vita: a parità di canzoni, l’ultimo dei dinosauri se la gioca alla pari con il re della classifica dell’ultimo anno, e la differenza sta nel come si affronta la settimana; e quindi un pezzo ultra-retorico degli Stadio arrivati in gara fuori tempo massimo (2016) può stracciare tutti ed oscurare un ottimo tentativo di pop contemporaneo di Francesca Michielin. Come hanno fatto? Hanno dato tutto quello che avevano. La principale regola per arrivare alto al Festival, in fondo, è questa. Che in realtà è come dire che il trucco è non usare nessun trucco. Devi salire sul palco di Sanremo, onorarlo buttandoci quello che hai dentro, e sperare che sia abbastanza. Nessuno di quelli che sono saliti con un atteggiamento di sufficienza e/o da giro nei bassifondi, ad esempio, ha evitato figuracce. È una cosa che ha fatto vittime soprattutto nel giro alternative: i Bluvertigo de “L’assenzio” arrivarono ultimi, e peggior figura fecero gli Afterhours e i Marlene Kuntz negli anni successivi.

Questo per dire che avere una buona canzone è importante ma non basta. Si può arrivare alti senza rispettare la liturgia del festival, come nel caso del primo passaggio di Elio, ma il primo passaggio di Elio era condito di gag studiatissime (e divertentissime). Allo stesso modo, ci sono stati passaggi di cantanti che sottovalutano l’impegno, e sembrano pensare che avere un grosso nome da spendere sia sufficiente, e di solito finiscono tritati a metà classifica. Nell’ultimo quindicennio questa particolare categoria sembra comunque aver imparato la lezione, essersi posta dei limiti e aver partecipato solo quando c’era davvero qualcosa da proporre (Elisa nel 2022), o limitarsi a fare i superospiti. Usare i canali d’informazione per portare avanti la propria campagna può aiutare, ovviamente, sia blandendo la stampa che buttandocisi contro (o magari esultando per l’ultimo posto come fece Tananai, che al Festival successivo si consacrò). Una canzone, ma questo vale in generale per ogni contesto, non esiste mai in un reame di pura estetica: riuscire a comunicarne il potenziale aiuta. Ma senza la canzone puoi comunicare quel che vuoi, e ti andrà comunque male.

Serve una canzone, quindi. Dove la troviamo? Ultimamente la risposta non è delle più brillanti, e credo sia giusto lamentarsi della piega che sta prendendo un festival in cui lo stesso autore firma o cofirma sei o sette canzoni. Ma d’altra parte è evidente che l’andazzo funziona, Sanremo domina le radio per tutto l’anno (la canzone più ascoltata in Italia nel 2024 è “Tuta Gold” di Mahmood) e tutti sono contenti. Tutto il resto dipende da una serie di fattori sui quali i partecipanti non hanno il controllo: può vincere il pezzo che meglio interpreta la tendenza musicale che riempie il festival (l’anno scorso Angelina Mango, che ha fatto la miglior cosa da ballare in un’edizione piena di cose da ballare), o può vincere chi si differenzia di più dalla massa.

Aiuta molto scegliere la canzone giusta da cantare nella serata delle cover, e i compagni giusti in quella serata. Per il resto è una tonnara, e sarà bello vedere i concorrenti sbranarsi a colpi di acuti, polemiche e coreografie. Buon festival a tutti.

* Cesenate trapiantato a Ravenna, Francesco Farabegoli scrivo o ha scritto su riviste culturali come Vice, Rumore, Esquire, Prismo, Il tascabile, Not

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