Alla riscoperta dell’attualità di Primo Levi: «La sua una produzione straordinaria»

Parlano Luigi De Angelis dei Fanny & Alexander e il giovane attore che impersona lo scrittore nella maratona teatrale della compagnia ravennate

Se Questi È Levi2

Andrea Argentieri

Spesso i nostri ricordi scolastici si fermano alla sua opera d’esordio. Ma Primo Levi non è stato solo uno dei testimoni più lucidi del disastro della Shoà; è stato un autore fondamentale per il nostro Novecento letterario, un chimico della parola che ha saputo elevare il suo stile disadorno a una vera e propria filosofia della scrittura.

Levi è al centro della maratona teatrale curata da Luigi De Angelis dei Fanny & Alexander, che andrà in scena in vari luoghi della città nell’ambito di Fèsta, dall’11 al 13 ottobre. A vestire i difficili panni di Levi, il giovane attore Andrea Argentieri, per la prima volta diretto dal regista ravennate.

I Fanny & Alexander non sono nuovi a maratone. Ricordo un progetto su David Foster Wallace, Incanto Dante…
De Angelis: «A noi piace stare sulle opere anche per anni, per scandagliarle nei visceri. Ci fu il progetto su Ada di Nabokov, alcuni anni fa, o quello sul Mago di Oz… L’idea è quella di illuminare allo spettatore varie prospettive di un’opera, accogliere la complessità di un autore e onorare le mille pieghe del suo mondo».
Avete scelto anche questa volta un autore dalla produzione molto complessa.
De Angelis:
«Un autore dalla produzione straordinaria, con anime diverse. Questo progetto è nato su commissione da parte del comune di Bologna lo scorso gennaio, per il Giorno della Memoria. Una funzionaria del comune, Ketty Corsini, ci chiese di ideare un progetto itinerante per via Zamboni. Con Andrea c’era il desiderio di affrontare un percorso originale sull’eterodirezione, e abbiamo scelto Levi».
Come mai proprio questo autore, così particolarmente anti-teatrale?
De Angelis:
«Te lo dico terra terra: tutto è partito per una somiglianza fisica fra Andrea e Primo. E questa cosa ha funzionato immediatamente. Quando si riconoscono delle somiglianze – non so spiegarti bene perché – si riconosce anche un’affinità del profondo. In questo progetto, che non a caso si chiama Se questo è Levi, non affrontiamo quasi mai le opere letterarie, partiamo invece dalle interviste alla televisione delle teche Rai, perché è fondamentale per noi lavorare sull’iperrealismo».
Mi può spiegare meglio?
«Levi diceva di essere ossessionato dal super-realismo, ovvero dalla ricerca della testimonianza più vicina possibile alla sua esperienza della realtà. Per questo dovevamo avvicinarci il più possibile a quel corpo e quell’anima. In un passaggio de I sommersi e i salvati, Levi racconta delle sue discussioni col traduttore tedesco. Levi voleva che il tedesco del libro – lingua che conosceva perfettamente – fosse la lingua usata nella realtà dei lager. Un tedesco da caserma che fosse “come un magnetofono” della sua esperienza diretta. Abbiamo voluto incarnare quel magnetofono».
Un lavoro di mimesi su Andrea, come in passato avete fatto con Marco Cavalcoli.
De Angelis:
«Esatto. Levi aveva la necessità urticante di dover comunicare a tutti. Esistono tantissime interviste, televisive e radiofoniche, su cui lavorare. Coi filmati, inoltre, si può studiare la gestualità. Insomma, si tratta di far diventare l’attore antenna di ricezione, un altoparlante vivente di qualcuno ormai lontano da noi».

Andrea, come si è sentito nei panni di Levi?
Argentieri: «Domanda difficile, perché sono diverse e tante le emozioni che passano prima dopo e durante questa performance. In maniera alchemica scattano delle risonanze, e sarebbe difficile spiegarti cosa succede».
Verrà eterodiretto sia per la voce che per i gesti?
Argentieri:
«Solo alcune azioni mi vengono comunicate. Tutto il resto, mimica, grana della voce e movimenti, è spontaneo. Ho guardato a lungo le interviste e i filmati per cercare di capire cosa Levi potesse fare in un momento specifico: come muoveva le mani, la sua gestualità. Anche se non vengono detti in cuffia, i movimenti non avvengono mai a caso. È come una sorta di possessione: dalla voce si trasmette un movimento al corpo».
Che tipo di rapporto aveva con Primo Levi, prima di questo spettacolo?
Argentieri:
«Purtroppo abbastanza scolastico. La volontà di sperimentare per la prima volta l’eterodirezione mi ha portato a studiarlo meglio. Da lì si è aperto un varco».
Siamo abituati a studiare Levi come testimone della Shoà, ma c’è molto di più. Pensiamo a Il sistema periodico.
Argentieri: «Una delle missioni di questo progetto, oltre all’esperienza attoriale fortissima, è quella di far provare agli altri le stesse emozioni provate da me, far capire che c’è un mondo dietro questo personaggio. Quando sento in cuffia la sua voce esaltata parlare di chimica sento il desiderio di far passare questo stesso entusiasmo al pubblico».
La maratona è divisa in tre parti. Qual è la logica che sta dietro alla suddivisione?
Argentieri:
«Nella prima parte, intitolata Se questo è un uomo, abbiamo usato come fonte un’intervista televisiva completa fra Levi e Sandro Gozzi».
De Angelis: «Questa parte abbiamo deciso di ambientarla in una casa privata perché l’intervista si concentra sul rapporto fra Levi e la famiglia, sull’eredità dell’ebraismo e sul suo rapporto coi libri».
Argentieri: «È la parte dedicata all’intimità dello scrittore. La seconda parte, Il sistema periodico, usa invece diverse interviste incentrate sul ruolo della chimica nella sua vita e nella sua scrittura».
Dove la farete?
Argentieri: «Per far passare la figura di chimico professionista abbiamo pensato a una sorta di conferenza pubblica di Levi, che si terrà nella sala Dantesca, alla Classense».
E l’ultima?
De Angelis: «S’intitola I sommersi e i salvati, ed è la parte che mi è più cara. La faremo nella sala del Consiglio comunale. Levi risponderà alle domande del pubblico come se fossimo durante un question time. Ci piaceva l’idea che il pubblico fosse un testimone attivo in questo lavoro. A Bologna l’emozione è stata molto forte».
Nella presentazione dello spettacolo vi chiedete, forse un po’ ingenuamente, se la testimonianza di Levi “sia ancora urticante”. Mi sembra ovvio. C’è chi lo mette in dubbio, secondo voi?
De Angelis:
«Primo Levi è considerato ancora un autore scolastico – e sappiamo come la scuola spesso affronta le cose. In questa Italia di oggi, forse sì: la domanda che ci facciamo purtroppo è ancora viva. Forse per noi, in questa stanza, è ovvia l’attualità di Levi; ma basta guardarsi attorno per capire che stanno succedendo cose pericolose».
Sono troppo ottimista?
De Angelis:
«Secondo me sì».
Argentieri: «Alcune sue risposte sono attualissime. Il pubblico si attiva ancora alle sue provocazioni, ad esempio sulla responsabilità italiana nella Shoà, o sulla possibilità sempre concreta della riapertura dei lager».
C’è un’altra sezione di questo progetto, che verrà presentata il 12 ottobre, intitolata Ad ora incerta. Di che cosa si tratta?
De Angelis:
«Questa è per noi una novità, curata da Chiara Lagani. La commissione è nata da Ravenna, grazie all’assessora Signorino e al direttore Tarantino. L’occasione è stata la mostra ?War is over, che parte proprio con una citazione di Levi: in questo caso il lavoro sarà dedicato alla sua produzione poetica».

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