Le istituzioni e il rimpiattino sulle questioni ambientali

Piantare alberi e scendere in piazza per la tutela dell’ambiente va benissimo a sedici anni. Ogni generazione ha avuto le sue crociate politiche. Ci sia consentito dire però che le istituzioni, anche locali, hanno qualche strumento in più rispetto alla vanga e ad un virgulto per incidere sulla tutela ambientale.

Così, mentre nel mondo va in scena la battaglia che ha in Greta Thunberg un simbolo planetario, alle più modeste latitudini ravennati sull’ambiente la congiuntura appare piuttosto negativa e le cattive notizie arrivano sempre dallo stesso posto: la procura della Repubblica. La quale prima ha aperto un’inchiesta sul disastro della Berkan B nel Piomboni, decapitando di fatto i vertici portuali, e ora sta accertando – per adesso senza indagati – le responsabilità della strage di uccelli nella valle della Canna (vedi i servizi pubblicati su questo sito).

Il tutto mentre si assiste ad un teatrino di dichiarazioni incrociate il cui primo obiettivo pare essere quello di uscire in fretta dal cerchio delle eventuali responsabilità. Comprensibile: di fronte ad equilibri ambientali difficili da mantenere con il clima – appunto – che cambia, la gestione delle zone umide non deve essere uno scherzo, così come la realizzazione di un bando ad hoc e della ricerca di un soggetto terzo a cui intestare questa responsabilità.
Per le istituzioni – qui intese in generale come “potere pubblico”, senza voler puntare il dito contro l’una o l’altra – non un grande spot, specie in un momento in cui di fronte alle nuove esigenze dei giovani, alcune imprese si sono già adeguate e pare ormai passato il concetto che la sostenibilità ambientale sia anche una leva di marketing.

Gli enti, anziché giocare a rimpiattino, salvo poi sostenere a parole il neonato movimento ambientalista, dovrebbero fare lo stesso.
Perché la prossima potrebbe essere una generazione che non si volterà dall’altra parte nel momento in cui gli ambienti naturali vengono mangiati dall’avanzamento portuale (come successo per decenni nella pialassa del Piomboni) o dalle industrie (vedi alla voce Baiona). Sviluppo che è all’origine di situazioni non facili, anche se a molti piace parlare di “convivenza” tra industria e ambienti naturali.

Qualche giovane, insomma, dopo aver fatto le battaglie per la riduzione della plastica e altre emergenze planetarie potrebbe cominciare ad interessarsi di quanto succede a casa sua e a domandarsi se sia giusto consumare il suolo, nella sua accezione più ampia del termine, e scegliere sempre e comunque l’industria rispetto all’ambiente.
O forse avranno ragione i cinici che sostengono che prima o poi i ragazzi prenderanno la patente e allora, quando lasceranno un cerchione su una radice che spunta dall’asfalto chiederanno l’abbattimento del pino. L’avessero anche piantato loro, qualche anno prima.

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