Le nutrie non parlano e fanno comodo per nascondere i fallimenti

È in partenza una crociata contro nutrie, istrici e alberi. Sono nel mirino dalle istituzioni locali che stanno provando a annoverarli tra i principali responsabili dell’alluvione: l’effetto diga della vegetazione negli alvei dei fiumi ha rallentato lo scorrere delle piene e le tane scavate negli argini ne hanno causato i crolli.

Il dito è puntato contro animalisti, ambientalisti e simpatizzanti della natura a vari livelli. Il presidente della Provincia, Michele de Pascale, ha cominciato a suonare la carica in una intervista al Corriere Romagna il 7 maggio: «Mai più potremo ascoltare le lamentele di chi non vuole che si abbattano alberi dentro agli alvei fluviali o voglia soprassedere al controllo delle specie alloctone come le nutrie, che vanno azzerate». Messaggio poi ribadito a ogni occasione buona e non solo dal primo cittadino (che nel 2019 imbracciava la vanga con l’assessore Gianandrea Baroncini di Coraggiosa per piantare alberelli con i Fridays For Future).

Il tono è quello di chi sapeva cosa c’era da fare, ma non ha potuto farlo. Quindi si potevano evitare sette miliardi di euro di danni e 17 morti in regione, 28mila famiglie alluvionate in provincia. Ma, di preciso, chi avrebbe avuto tutta questa potenza da impedire alla forza pubblica di accoppare nutrie e sradicare tronchi? Il sindaco ricorda le proteste in difesa delle nutrie arrivate alle minacce di morte nei suo confronti per cui l’azione del pubblico è stata costretta a fermarsi (così come si è fermata per i daini di Classe e i pavoni di Punta Marina). Insomma la lobby ambientalista come ostacolo insormontabile. Eppure non mancano esempi di decisioni prese da chi governa questo territorio fregandosene degli ambientalisti. Un esempio recente: il rigassificatore. Non era in cima ai sogni degli ecologisti ma in 120 giorni è stato autorizzato. Forse il miliardo di euro in ballo ha aiutato a non farsi intimorire dagli ambientalisti. E ora, esserci presi il rigassificatore viene messo sul tavolo come moneta di scambio nelle trattative con il governo. Allora non è stata proprio una manna…

La sensazione è che la minaccia dei verdi sia più usata come scusa preventiva per coprire il rischio di un fallimento. Sicuri che le autorità riuscirebbero a eradicare le nutrie se non ci fossero gli ambientalisti? Con i daini non ci sono riuscite. Non si vuole fare la difesa di nutrie e daini a tutti i costi, ma è palese che l’amministrazione pubblica non ha portato a termine una missione che si era data nell’interesse della collettività.

Forse il dito puntato contro le tane degli animali fossori evita anche di guardare altro. Possibile che nessun amministratore locale metta in discussione la gestione del territorio? Magari anche solo come spunto di riflessione. Possibile che si possa far finta di niente davanti al dato di Ispra secondo cui tra 2020 e 2021 il comune di Ravenna è stato il secondo in Italia per consumo di suolo? Possibile che solo nutrie e cambiamento climatico vengano citati?

Il sindaco ha attribuito una buona parte del merito per il salvataggio di Ravenna dall’alluvione alla deviazione del fiume Montone con la creazione, insieme al Ronco, dei Fiumi Uniti. Risale a metà del ‘700, quando il cambiamento climatico non c’era. Questo ci dice che in tre secoli – pur con tutto il progresso di ingegneria – non è stato fatto null’altro per la protezione idraulica del territorio.

Forse due storie recenti rendono meglio l’idea della vera consistenza dell’attenzione ambientalista di chi amministra Ravenna. Nell’autunno 2019 alcune migliaia di uccelli morirono nella valle Mandriole per un’epidemia di botulino che una gestione oculata avrebbe evitato. Nessuno si è preso responsabilità. A Marina Romea due mesi fa un’area verde di 700 mq in zona protetta è stata rasa al suolo e la giunta comunale si permette il lusso di dire che è successo a sua insaputa. Saranno state le nutrie.

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