Mosaico: quando un’arte rischia di non far più scuola

Fausto PiazzaIn questo scorcio di primavera sembra risvegliarsi anche la multiforme arte del mosaico.
Recentemente Alberto Angela con la “La penisola dei tesori” ha incantato milioni di telespettatori italiani svelando le bellezza, più unica che rara, dell’iconografia bizantina di San Vitale, non a caso patrocinata dall’Unesco.
Intanto, questa settimana si inaugurano in città le mostre di due mosaicisti di “razza” – fra i tanti che ancora operano con tessere e martellina: Carlo Signorini e Felice Nittolo. Si tratta di personalità diverse sia per origine (il primo ravennate ma lussemburghese d’adozione, il secondo campano da tempo trapiantato a Ravenna), sia per esperienza e concezione artistica (restauratore e artista legato alla figurazione pittorica Signorini, fautore di una autonomia estetica e di un certo eclettismo formale Nittolo), tuttavia li accomuna analoga scuola e temperie creativa nella Ravenna degli ultimi 25 anni del secolo scorso.
Nel frattempo, a Praga, si sta cercando di salvaguardare una straordinario esempio europeo di mosaico moderno di matrice ravennate: una parete musiva di 9 metri per 4 metri, realizzato nella capitale Ceca nel 1979 dal faentino Sauro Ballardini, già allievo dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna.
Sembra che alcuni “frammenti” di questa opera possano arrivare a breve in Italia, e chissà, forse anche nella nostra città, che si sta preparando per la Biennale del Mosaico Contemporaneo 2019, in calendario a ottobre (il programma degli eventi dovrebbe essere rivelato a inizio estate).

Ho raccolto tutti questi accadimenti per evidenziare come la tradizione del mosaico ravennate, per la sua storia millenaria e nelle sue molteplici affermazioni e innovazioni creative più attuali – che toccano anche gli ambiti del design e dell’architettura – sia ancora viva e vivace e costituisca un patrimonio di esperienze e valori artistici da Capitale nazionale e internazionale di questa disciplina.

Ma non va sottovalutato il rischio che questa tradizione, cresciuta soprattutto nel Novecento con la riscoperta e i grandi restauri dei capolavori bizantini, vada dispersa con il progressivo disperdersi e il chiudersi a Ravenna di scuole, indirizzi didattici, botteghe, insegnamenti e insegnanti, che hanno avuto, fino a qualche decennio fa, il ruolo di trasmettere, in forma artiginale e con ampia autonomia formativa, l’arte musiva da maestro ad allievo.
Certe discutibili riforme della struttura scolastica a livello nazionale e la dismissione di alcuni centri professionali e di alto artigianato di impronta territoriale hanno compromesso quell’eredità del “saper fare” che non è un buon viatico per tenere saldo nelle sue radici e vitale nell’innovazione il capitale artistico del mosaico ravennate.

C’è da tempo chi denuncia questo rischio – certo molti mosaicisti allievi delle vecchie scuole ma anche ex insegnanti come Marcello Landi con l’associazione “DisOrdine” o l’esperto Saturno Carnoli – e sollecita le istituzioni a porvi rimedio.
Forse la prossima Biennale potrebbe essere la sede e un’occasione, oltre agli aspettivi espositivi e di vetrina, per riflettere e discutere su questo aspetto della didattica e più in generale dell’eredità formativa di quell’unicum che è il mosaico ravennate.

Ravvena&Dintorni: l'editoriale
MAR MOSTRA SALGADO BILLB 15 – 21 04 24
TOP RENT BILLBOARD FOTOVOLTAICO 04 – 18 04 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24